Camillo di Christian RoccaRedazionalmente Corretto del 8 ottobre 2003

La
prima pagina dell’organo dei Radical In, cioè La Repubblica
(Rep.) di ieri, 7 ottobre, si è aperta con "Somalia,
il martirio della volontaria italiana". Di spalla una prestigiosa
intervista a Vladimir Putin, concessa però al New York
Times. Titolo: "Putin a Bush: ‘L’Iraq sarà come il
nostro Afghanistan’ ". Ha detto questo Putin? No, è
titolazione creativa, diciamo "In", dei republicones.
Infatti nel titolo interno il "sarà" diventa
un "può essere". Eppure nel testo del New York
Times, Putin non dice mai una cosa come questa, anzi la nega.
La domanda del cronista americano è: "Vede qualche
analogia tra la situazione americana in Iraq oggi e quella sovietica
in Afghanistan?". E Putin risponde: "Penso che instaurare
dei paralleli storici possa indurre in errore". Per Putin
può indurre in errore, e infatti i republicones nell’errore
sono stati indotti, tanto da aver titolato: "L’Iraq sarà
come il nostro Afghanistan". Continua Putin: "L’Unione
Sovietica cercò di migliorare la situazione in Afghanistan.
Non era così terribile, ma decise di migliorarla e lo
fece con una guerra che durò dieci anni. Gli Stati Uniti
hanno dato inizio ad una campagna militare contro un regime che
di fatto si era opposto alla comunità internazionale per
un lungo periodo. Questa è una differenza significativa".
Per Putin, "questa è una differenza significativa"
che, però, nel titolo di Repubblica In diventa "l’Iraq
sarà come il nostro Afghanistan". Il giornalista
americano, un po’ republicone anch’egli, insiste, non si convince,
e gli chiede se "secondo lei è plausibile che l’America
possa restare impantanata in Iraq dieci anni?". Risposta
di Putin: "Penso che attualmente l’amministrazione americana
stia cercando di internazionalizzare la situazione e che sia
giusto, perché esiste un rischio simile". Finalmente
Putin gli dà un contentino e ammette che ok, d’accordo,
purché non gli rompa più le scatole, "esiste
un rischio simile", ma sappiate che Bush si sta già
giustamente adoperando per prevenirlo. Il giornale dei Radical
In nostrani invece titola, in prima pagina, e attribuendo a Putin
la frase tra virgolette, come se gli fosse uscita dalla boccuccia
che "L’Iraq sarà come il nostro Afghanistan".
Neanche a Kabul, dove peraltro ci sono pashmime molto In, i giornali
vengono fatti così male.
Articoli di Alberto Flores D’Arcais a parte, la situazione dei
servizi esteri è da giornale tabloid. Enrico Franceschini,
per esempio, lo sleeper (dormiente) corrispondente da Londra:
dopo aver finito di tormentare i lettori con informazioni sballate
sul caso Kelly e Tony Blair, ieri s’è dedicato ai conservatori.
A modo suo, ovviamente. Non tanto perché, all’improvviso,
ha dato notizia ai suoi lettori che i tories "non batteranno
Blair" e che il premier "può stare tranquillo";
questo va nel conto di un giornale che stampa analisi profonde
come un cruciverbone di Domenica In. Sleeper però ha fatto
di più. S’è addormentato anche al congresso dei
conservatori. Ecco come ha iniziato l’articolo: "Riferiscono
le cronache londinesi che Margaret Thatcher, sempre più
malata e sempre più smemorata, non solo non ricorda più
di avere perso il marito un paio d’anni fa, ma" eccetera.
Maggie sarà "malata" e "smemorata"
e forse "non ricorda più di avere perso il marito
un paio d’anni fa", ma Sleeper non sta molto meglio, visto
che sir Denis Thatcher è morto tre mesi fa (il 26 giugno).
Smemorato, mr. Franceschini, o schiacciava un pisolo?
Per Sebastiano Messina, il Cav. vuole spedire "40 milioni
di lettere" al costo di "20 milioni di euro".
Di fianco Claudio Tito parla di "18.198.000 lettere"
per "7 milioni di euro". In entrambi i casi è
un’enormità, così come uno dei due articoli di
Rep. In.
Il nuovo padre nobile è Paolo Bonolis e Rep. una specie
di telepromozione di Domenica In che spaccia le telefonate anti
Cav. come la prova della Rai sia "normalizzatissima e controllatissima"
(Serra In) e "blindatissima" (ex autore Rai ai bei
tempi di Baldassarre). E’ finita l’era dei radical chic, è
l’ora dei Radical In. (continua)

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