Camillo di Christian RoccaSinceramente non tuo

Sinceramente non tuo
di EquiVoci

Prendete le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi, sapete cosa? buttatele nel mare nero o nell’acqua azzurra, acqua chiara o dove l’acqua è più blu o magari dai capelli verderame. Non importa. È chiaro e trasparente il mio punto: il Lucio Battisti migliore è quello misconosciuto, quello invenduto, quello non cantato in spiaggia, quello senza discese ardite né risalite. Quello dei cinque dischi scritti con Pasquale Panella. Quello con i testi comprensibilmente incomprensibili, o viceversa. E voi ve lo siete perso. Certo. Capisco. E’ più facile canticchiare <come può uno scoglio/arginare il mare> piuttosto che <assumi pose inesplose/e non ti pungi più/non fai più la raccolta/ di incanti ardenti ed arsi>. Ma se volete capire perché Battisti decise di abbandonare le scene, dovete rivolgervi a Panella: <Che ozio nella tournee/di mai più tornare/nell’intronata routine/del cantar leggero>. Chiaro, no? S’era rotto le scatole della musica leggera di cui era il campione. E così s’è affidato al genio di Panella, il quale è uno scrittore che si diverte con i tic e i modi di dire e i luoghi comuni, uno che frantuma le parole, anzi le sminuzza e poi le ricompone. E’ riuscito a far cantare Battisti al passato remoto: <In nessun luogo andai, per niente ti pensai, e nulla ti mandai, per mio ricordo/sul bordo m’affacciai/d’abissi belli assai/Su un dolce tedio a sdraio/amore ti ignorai/invece costeggiai/i lungomai>. Panella non scrive <orgoglio e dignità> come Mogol, ma <orgetta e leccornia>. E se Mogol verga <amarsi un po’>, Panella preferisce <e ci contrastavamo amabilmente>.
La musica è sempre quella di Battisti, ma invece che <a fari spenti nella notte> o <motocicletta 10 hp> ci sono geniali giochi di parole come <un affetto non si prova / si indossa direttamente> oppure <Ah! Come sono vivace/come uno che tace> o, ancora, <ha un nome molto bello/ che se me lo ricordo /lo chiamo quel bel nome>. Ogni verso del Battisti panelliano è una scoperta, una sorpresa, un fuoco d’artificio. Se Panella scrive <pieghi la schiena/cali il tuo sipario di capelli / sopra l’armamentario voluttuario / quindi ti sollevi in mulinelli/ dall’indaco e il blu di Prussia profondissimi> magari non sarà chiarissimo, ma certo non è necessario essere ex presidenti degli Stati Uniti per capire che cosa stia facendo la ragazza che prima piega la schiena e poi cala il suo sipario di capelli sopra l’armamentario voluttuario.
Provate ad ascoltare Don Giovanni, e il suo sublime inizio: <Non penso quindi tu sei/ questo mi conquista / l’artista non sono io /sono il suo fumista>. Sentitela bene questa che è una delle più belle canzoni italiane di sempre. Fate attenzione all’apparente semplicità del verso finale che dice molto più di quello che c’è scritto: "Sinceramente non tuo". Ecco, <Sinceramente non tuo> è un disco dedicato ai cinque album panelliani di Battisti. L’idea è stata di Franco Zanetti, e il risultato sarebbe piaciuto al più gentile e appassionato biografo di Battisti, Tullio Lauro, se solo Tullio non fosse andato anzitempo a trovare Lucio. Il disco ha arrangiamenti acustici, quartetto d’archi e atmosfera cameristica che esaltano le parole di Panella e le musiche di Battisti, queste un po’ sacrificate dall’elettronica delle versioni originali. Bello, davvero. Cantano tre ragazzi sconosciuti, precisi nella dizione e quasi timorosi di interpretare male sia Panella sia Battisti. In fondo, però, gli EquiVoci Amici interpretano fin troppo bene. Con una voce più sporca, meno accademica, insomma se avesse cantato Lou Reed, questo sarebbe stato il disco dell’anno.

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