Camillo di Christian RoccaBush & Blair rinnovano l'Atlantic Charter contro il totalitarismo

Milano. Nel discorso tenuto a Londra davanti alla regina Elisabetta e al premier inglese Tony Blair, il presidente americano George Bush ha oculatamente citato due suoi predecessori alla Casa Bianca. Il democratico Woodrow Wilson, il presidente internazionalista che come Bush credeva che le democrazie avessero non solo il diritto di difendere se stesse ma anche l’obbligo di difendersi reciprocamente, e il repubblicano Ronald Reagan, il presidente che nel 1982 tenne un discorso storico nell’aula del Parlamento di Westminster che pose le basi della sconfitta dell’impero del male comunista. Reagan, scrive l’ex giornalista del New York Times Clifford May sulla National Review, criticò le élite intellettuali che insistevano sull’equivalenza morale tra il mondo libero e l’impero sovietico, mentre Wilson sosteneva che compito delle nazioni libere fosse quello di "rendere il mondo sicuro per la democrazia". Le idee visionarie di Wilson e la sfida di Reagan sembrarono campate in aria all’inizio, eppure dai loro sforzi nacquero le istituzioni internazionali e fu sconfitto il comunismo.
Anche i riferimenti allo spirito di Monaco e agli errori dell’Europa che portarono alla Seconda guerra mondiale non sono stati fatti a caso. Bush ha reso omaggio a Winston Churchill e, quindi, a Tony Blair. Sul Daily Telegraph di ieri, Daniel Johnson ha ricordato un altro precedente storico. Il 12 agosto del 1941, Churchill e Roosevelt firmarono un patto di alleanza angloamericana (Atlantic Charter), una dichiarazione comune con la quale, nonostante l’America non fosse ancora in guerra, aveva come obiettivo "la distruzione finale della tirannia nazista". I due leader raggiunsero un’intesa sui "principi comuni intorno ai quali costruire le proprie speranze per un futuro migliore del mondo". L’accordo prevedeva "il disarmo delle nazioni che minacciano o potrebbero minacciare un’aggressione". Questo punto è, ancora oggi, alla base della relazione speciale tra i due paesi, consolidata nell’intervento contro il regime di Saddam e nella lotta al terrorismo internazionale.
Secondo Johnson, però, è venuta l’ora di rinnovare questa alleanza. Quella originale ha portato alla creazione delle Nazioni Unite e della Nato. Oggi, all’indomani della nuova era politica iniziata l’11 settembre di due anni fa, quell’architettura istituzionale e militare non funziona più e se non sarà rinforzata rischia di crollare su se stessa. All’Onu, Francia e Germania hanno attivamente giocato su altri tavoli, preferendo allearsi tatticamente con i dittatori del Medio Oriente e del Sud-est asiatico piuttosto che onorare una strategia comune con i paesi democratici e con gli angloamericani. Sul piano militare, nessuno dei paesi europei della Nato, con l’eccezione britannica, è stato in grado di dare una mano all’America per cacciare i talebani e Saddam.
La minaccia terrorista è affrontata in due modi diversi, perché diversa è la percezione del pericolo, diverso è stato l’impatto dell’11 settembre. Bush, Blair e i loro alleati vedono il fondamentalismo come una minaccia urgente da affrontare subito, anzi più che una minaccia già una realtà, un pericolo in corso. Mentre Francia e Germania lo considerano un fenomeno con il quale si può e si deve cercare un accordo. E’ sempre la solita storia, scrive Daniel Johnson: "Da Churchill e Roosevelt a Thatcher e Reagan è stata l’alleanza angloamericana ad aver deciso la sorte del regime nazista e dell’impero sovietico". Ora sono Blair e Bush a sfidare il nuovo totalitarismo islamico.
Thomas Friedman ha scritto ieri sul New York Times che "l’Iraq è il più audace progetto di nation building in cui l’America sia mai stata impegnata. Ma per riuscirci ha bisogno di alleati ­ non solo per aiutare, ma per fornire legittimità". Questo progetto è anche inglese e italiano e di tutti gli altri paesi impegnati oggi in Iraq nella coalizione antiterrorismo. Quelli che non ci sono si trovano a Parigi, a Berlino, a Bruxelles e al Palazzo di Vetro.

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