Camillo di Christian Rocca"I nostri fratelli"

Milano. "I nostri fratelli italiani" è il titolo del primo editoriale del New York Sun, uscito all’indomani della strage di Nassiriyah. Il giornale newyorchese ha scritto che "i cuori degli americani stanno al fianco degli italiani che piangono i 18 loro connazionali. Sono nostri fratelli. E per gli americani, e senza dubbio per gli iracheni liberi, le parole del primo ministro Berlusconi resteranno per anni: "Nessuna intimidazione ci smuoverà dalla nostra volontà di aiutare quel paese a rialzarsi e a ricostruirsi con l’autogoverno, la sicurezza e la libertà". L’editoriale, che si apre con una citazione di Shakespeare e cita lunghi brani dell’intervento di Berlusconi al Senato, dice che "non c’è dubbio che queste parole saranno ascoltate e derise nelle capitali europee dell’appeasement, Parigi e Berlino. Non c’è dubbio che questi morti infiammeranno il sentimento antiguerra in Italia", ma è altrettanto vero che "gli europei che si sono ritirati da questa battaglia un giorno si sentiranno mediocri accanto agli italiani. Questo è quanto una spedizione di 2.300 uomini può ottenere. Berlusconi potrà guardare dall’alto in basso quando si troverà faccia a faccia con gli altri leader dell’Unione europea". Molto simili le parole del presidente americano, George Bush, confermate domenica in un’intervista alla Bbc: "Ho sentito Berlusconi fare una forte dichiarazione dopo l’assassinio dei carabinieri. Noi ovviamente abbiamo mandato agli italiani le nostre condoglianze e le nostre preghiere, e Berlusconi ha risposto: ‘Non riusciranno a cacciarci di lì’. Questo è quanto i terroristi devono sentire".
John Burns, il grande inviato di guerra del New York Times, ha pubblicato domenica un lungo reportage da Nassiriyah. Con il quartier generale italiano ancora in fiamme ha chiesto agli iracheni se auspicassero il ritiro delle truppe alleate dal paese. E’ un sondaggio non scientifico, ha premesso Burns, ma il senso comune gli è sembrato unanime: "No, no! ha detto un uomo. Se gli americani se ne vanno, sarà il caos ovunque. Un altro ha urlato: ‘Ci sarà una guerra civile. Se gli americani, i britannici o gli italiani lasciassero l’Iraq, ci troveremo di nuovo nelle mani dei tirapiedi di Saddam, dei baathisti e al Qaida prenderà le nostre città’, ha detto un altro". Anche il Washington Post ha ricordato il sacrificio dei carabinieri scrivendo che "dopo l’attentato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha detto che ‘nessuna intimidazione distoglierà le forze italiane dalla missione nel Sud dell’Iraq’. Il governo esclude il ritiro delle truppe".
"L’Italia è stata colpita direttamente", ha titolato il newsmagazine americano Time di questa settimana. "Le storie di dolore dei parenti delle vittime hanno letteralmente sopraffatto il paese", si legge all’inizio del reportage.
Un editoriale del New York Post del 13 novembre si chiedeva: "Dobbiamo ritirarci, scappare a gambe levate, come vorrebbero le fazioni più estreme della sinistra italiana?". La risposta è: "Neanche per sogno! L’Italia, in particolare con questo governo, ha agito e sta agendo con grande prudenza e grande saggezza". "E’ l’attacco più grave subito dalle truppe italiane dalla Seconda guerra mondiale", aveva scritto il Guardian che ha aggiunto: "Se gli autori dell’attentato di Nassiriyah volevano colpire i sentimenti profondi della nazione italiana, hanno scelto bene il loro obiettivo. Due delle vittime erano civili, quattro militari. Ma la maggior parte appartenevano ai carabinieri, un’arma che ha un posto particolare nel cuore degli italiani".

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