La
prima pagina dell’organo dei Radical In, cioè la Repubblica
(Rep.) di ieri, 11 novembre, si apriva con "Biagi si poteva
salvare, il piano Br lo prova". L’editoriale, simile a quello
di un paio di giorni fa, è di Giorgio Bocca. Ma il colpo
è l’intervista all’ex ministro di polizia, Claudio Scajola,
allora criticato con severità e oggi beatificato come
se fosse uno di Libertà e Giustizia. Chissà come
mai.
Di spalla c’è un commento di Umberto Galimberti dal minaccioso
titolo "Dov’è finita l’etica nel mondo del dio mercato".
Galimba! parla di etica, ma ne parla così tanto che nel
testo dell’articolo la parolina viene ripetuta 24 volte, di cui
una scritta così: "Pat-etica". Il finale è
tumultuoso: "Io sinceramente per l’etica non vedo alcuno
spazio". E ce lo dice alla fine? Ma una speranza c’è,
perché se è vero che "non disponiamo di un’etica
all’altezza della tecnica e dell’economia globale", è
altrettanto vero che "qui bisogna incominciare a pensare".
Magari prima di scrivere.
In prima pagina c’è un’inchiesta sulle donne e il velo
islamico di Paolo Rumiz, cioè del più formidabile
inventore di metafore dopo l’inarrivabile Zuccopycat. Eccone
alcune contenute nell’articolo di ieri: "Il velo è
castigato, non fa vendere. Il mercato chiede tette e culi. Pelle
viva"; "lascia che quella cosa carica di simboli –
lo Hijab – reagisca con i succhi gastrici della massa";
"quattro modi diversi di leggere la gente nostra stando
nelle scarpe altrui"; "uno specchio dei mille volti
della società italiana"; "Batul Hanife, siriana
di 21 anni, provoca un jet lag in chi la incontra"; "occhi
azzurro cielo, accento trentino, foulard elegante e ramadan stretto";
"la ragazza bianca come un’austriaca"; "un foulard
grande, sigillato come un fiore a due petali soli"; "non
sanno che quel velo militante, forse, è solo l’alibi di
una rinuncia"; "teme che i figli si perdano tra svergognate
veline e braciole di maiale". Il maestro, cioè Vittorio-Gatto-Copione-Zucconi
(Zuccopycat) ha estratto dal cilindro (metafora) un suo pezzo
forte. Ecco il suo attacco sugli show religiosi americani: "In
quel grande shopping center della fede chiamato America, Dio
si vende all’ingrosso". Geniale. E, ancora, per dimostrare
a Rumiz che la classe non è acqua (metafora): "L’esperimento
della superchiesa data da una generazione, da quando la marcia
della suburbia e poi dell’ancora più lontana exurbia ha
divorato le praterie e la chiesetta rockwelliana con il campanile
bianco a guglia ritagliato contro i grandi cieli e gli oceani
di granoturco". Poesia. Il finale è altrettanto spettacolare:
"E celebrando, dietro le etichette e le denominazioni, il
solo e vero Dio nel quale il gregge della megachiese creda davvero,
il Dio America". Titoli di coda, fine.
Le pagine di politica sono divertenti grazie ad Antonello Caporale
e alla sua intervista nonsense a Ignazio La Russa, risultano
zuccherose nel commento di Giulio Anselmi al manifesto di Romano
Prodi per le Europee. Diciamo che ad Anselmi il testo prodiano
è piaciuto. Ma tanto tanto. Quel documento "non è
solo il manifesto per le elezioni europee" ma "è
qualcosa di molto più ambizioso". Intanto "il
testo interviene su tutti i temi dell’attualità politica
internazionale ed interna". Su tutti, mica ne salta uno
di tema. Né interni né internazionali: tutti. "Sarebbe
semplicistico dire che, da ieri, è cambiato il quadro
della nostra politica". Purtroppo soltanto della nostra,
dire che è cambiato anche il quadro politico internazionale
è più complicato.
Infine un linciaggio vergognoso nei confronti di Daniele Luttazzi,
il comico tornato in tv lunedì sera. Luttazzi, un tempo
un eroe rivoluzionario, è strapazzato da Sebastiano Messina
e Leandro Palestini perché su Raitre avrebbe fatto più
battute sulla sinistra che sul Cav. "Non ha più tanta
voglia di andare a testa bassa contro il muro d’acciaio del potere
berlusconiano"; "gli effetti di quella forza invisibile
che si chiama autocensura" e "si è limitato
a fare il solletico a Fini, Berlusconi e Bossi"; "Luttazzi
sta cercando di rientrare in Rai"; "anche lui tiene
famiglia". Anatema. Ottimo. Se ha ragione Anselmi, Prodi
vincerà le elezioni e la sinistra censurerà Luttazzi
per altri 5 anni. (continua)
12 Novembre 2003