Milano. Ciao ciao Guardian, ti lascio, vado dagli odiati concorrenti del Times, dove finalmente sarò libera di scrivere lettere d’amore a tipacci come Rupert Murdoch e George W. Bush. Scherza, Julie Burchill, editorialista di sinistra e politicamente scorretta del Guardian, scherza ma fino a un certo punto. Intanto è vero che lascia il quotidiano più letto nei salotti della sinistra britannica. Addio, ha scritto sabato accusando la sinistra inglese di antisemitismo. E’ vero anche il passaggio al Times di Murdoch e, in fondo, una quasi lettera d’amore a Bush, Julie Burchill l’ha già scritta due settimane fa quando George W. è sbarcato a Londra. In quell’occasione il Guardian chiese a intellettuali, scrittori, attori e giornalisti di dire qualcosa al presidente americano. La maggior parte degli interlocutori diede di fascista a Bush, mentre Burchill che da sinistra è una fiera sostenitrice della guerra all’oscurantismo fondamentalista, gli ha semplicemente scritto: ciao George, continua così che stai andando benissimo.
Lei si autodefinisce una marxista-thatcheriana, ed è una delle più odiate columnist d’Inghilterra per le sue polemiche iconoclaste. E’ cattiva, molto cattiva, e non le manda mai a dire. E’ stata sposata due volte, e a entrambi i mariti ha lasciato i figli in affidamento. Oggi vive con un ragazzo molto più giovane, e non ha mai nascosto di aver avuto una relazione omosessuale senza per questo considerarsi lesbica: "Essere stata con un donna non vuol dire essere lesbica, così come essere andati una volta a Bruges non significa essere belgi".
Lascia il Guardian perché l’offerta del Times è più favorevole ma aggiunge che nell’ultimo anno c’è stata una cosa che l’ha fatta sentire meno fedele al suo giornale: "Io, che non sono ebrea, mi accorgo di un impressionante pregiudizio contro lo Stato d’Israele. Il quale, con tutte le colpe che può avere, resta l’unico paese in quella povera regione dove tu, io, o qualsiasi femminista, ateo, omosessuale o sindacalista può vivere una vita sostenibile". L’attacco di Burchill è diretto contro la sinistra liberal: "Trovo questa cosa difficile da accettare perché non sopporto chi dice che l’antisionismo è una cosa completamente differente dall’antisemitismo, e che il primo va bene e l’altro va male". Gli ebrei, continua Julie Burchill, sono sempre stati accusati di qualsiasi nefandezza, "di qualsiasi cosa dovremmo disapprovare: possono essere rivoluzionari fanatici, responsabili della forza dell’impero sovietico, persone avide, gente che schiavizza il mondo a beneficio della grande finanza internazionale" eccetera eccetera: "Se si prende in considerazione la teoria che gli ebrei sono responsabili di tutte le cose sgradevoli della storia del mondo, e anche il recente sondaggio europeo ha scoperto che il 60 per cento degli europei crede che Israele sia la più grande minaccia della pace nel mondo di oggi (hmm, devo essermi persa tutti quei rabbini che dicono ai loro fedeli di uscire, attaccarsi le bombe ai propri corpi e farsi saltare in aria nella moschea più vicina) il passo è breve per arrivare a credere che l’idea dei nazisti di liberarsi di sei milioni di canaglie era ovviamente una cosa maledettamente giusta".
Barbara Amiel sul Telegraph
Secondo Julie Burchill, la vicenda israeliana ed ebraica non è una questione politica, viceversa "destra e sinistra, cioè il Ku Klux Klan e l’Olp, non potrebbero essere così unite unicamente dal loro odio". Burchill se la prende con un suo collega, Richard Ingrams, che sull’Observer, la versione domenicale del Guardian, ha scritto che rifiuta di leggere le lettere sul Medio Oriente scritte da ebrei e che crede che i giornalisti ebrei debbano dichiarare la propria origine razziale quando scrivono di queste cose". Un po’ come ha fatto il 21 novembre scorso La Repubblica, specificando sotto la firma di Mario Levi che "l’autore è di origine ebraica". Nessuno, ha scritto ancora Burchill, vuole sapere se questo o quell’autore che scrive su altri conflitti internazionali sia "musulmano, cristiano sikh o indù".
Barbara Amiel, editorialista del Daily Telegraph, ieri ha scritto che "alcuni antisionisti sono soltanto antisionisti", ma "Israele è la madrepatria esistente del popolo ebraico e non può essere giudicato isolando questo fatto. E’ possibile credere che la sua creazione sia stato un errore senza per questo essere antisemiti. Ma sostenere alcune politiche ben sapendo che porteranno alla sua distruzione vira in territorio antisemita". Sembra, ha scritto ancora Amiel, che si sia avverata la speranza di quell’aristocratico europeo che durante la Seconda guerra mondiale disse: "Non vedo l’ora che finisca questa guerra, così un gentiluomo potrà tornare a essere antisemita".