Milano. "L’Iraq è soltanto una battaglia della più ampia guerra contro i signori del terrore", dice al Foglio Michael Ledeen, consigliere del Pentagono e uno dei principali analisti neoconservatori, mentre si trova a Tel Aviv per partecipare a una serie di incontri e dibattiti. Non è certo finita, insomma. Non che Ledeen voglia spegnere gli entusiasmi, tutt’altro: "E’ una notizia formidabile, l’ho appresa appena sceso dall’aereo. Mia moglie aveva appena ricevuto una telefonata da nostra figlia che lavora a Baghdad per il nuovo ministero delle Finanze iracheno. ‘We got him’, le ha urlato, l’abbiamo preso". Secondo Ledeen, autore di "The War Against the Terror Masters", la cattura di Saddam è decisiva per la campagna in Medio Oriente: "Innanzitutto è un messaggio per il popolo iracheno. Ora sanno che facciamo sul serio, aver preso Saddam li conforta, gli fa capire che siamo in grado di garantire la loro sicurezza. Ci sarà un effetto domino interno, la paura a poco a poco svanirà e tutti cominceranno a collaborare per ricostruire il paese: ricordatevi che cosa successe in Italia dopo la cattura di Mussolini. Questo non vuol dire che gli attacchi contro gli iracheni e le forze della coalizione cesserrano. Ce ne saranno altri, purtroppo. Saddam non era il nostro unico nemico, restano i regimi terroristi siriani e iraniani".
Ledeen crede che la cattura porti un messaggio anche per Siria e Iran: "Abbiamo sconfitto i talebani e arrestato il rais di Baghdad, ora tocca ai regimi confinanti i quali si renderanno conto che i dittatori fanno questa fine, vengono catturati e poi processati". Ledeen esclude un intervento militare a Teheran: "Non ce n’è bisogno. E’ sufficiente aiutare il popolo iraniano a liberarsi dagli ayatollah, finanziando le radio e le tv e l’opposizione, mostrando la nostra risolutezza ad andare fino in fondo in questa guerra. Lo scopo dell’intervento in Medio Oriente è quello di abbattere i regimi che finanziano il terrorismo, e di conseguenza liberare i popoli che lo subiscono. Saddam infatti sarà processato da un tribunale locale, i suoi reati sono contro il popolo iracheno".
Il Sunday Telegraph è venuto in possesso di un appunto del luglio 2001 scritto dal capo dei servizi segreti iracheni e indirizzato a Saddam, secondo cui Mohammed Atta, il capo dei kamikaze dell’11 settembre, poche settimane prima dell’attacco alle Torri ha partecipato a un "programma di lavoro di tre giorni nella base di Abu Nidal a Baghdad". Ledeen non è sorpreso: "Ho sempre pensato che il terrorista Abu Nidal, ospite d’onore del regime di Saddam, fosse il tramite di Al Qaida con il regime iracheno".
Ledeen dice di essere un "rivoluzionario" e crede che lo sia anche Bush, pur sapendo che Colin Powell ora cercherà di trattare, di trovare un accordo con gli altri regimi: "Farà il suo solito errore. Con la Siria ha già fallito, tanto che il Congresso, per reazione, è stato costretto a varare una serie di sanzioni economiche e diplomatiche contro Damasco, e Bush sabato ha controfirmato la decisione". Ledeen sostiene che con i regimi del terrore non si tratta, gli si fa prendere paura, piuttosto: "L’Amministrazione ha deciso di rimandare tutto al dopo elezioni, nessuno parla più di Iran e in questo momento si cerca semplicemente di gestire l’Iraq. Poi, dopo il 2 novembre, si vedrà". A chi nei giorni scorsi, qui in Italia, lo ha accusato di aver organizzato per conto del Pentagono uno strano incontro con un chiacchierato membro dell’opposizione iraniana, Ledeen replica: "Grazie a quei colloqui abbiamo ottenuto informazioni che hanno salvato molti soldati in Afghanistan".
15 Dicembre 2003