Camillo di Christian RoccaRedazionalmente Corretto del 13 dicembre 2003

La
prima pagina del quotidiano di origine indipendente ma ora in
corso di trasferimento in Largo Fochetti, quartiere della Garbatella,
cioè Repubblica (Rep.), l’unico giornale del mondo occidentale
che si premura di definire "di origine ebraica" l’autore
di un articolo comparso sulle sue pagine il 21 novembre, ieri
12 dicembre si apriva con "Passa la legge che frena la fecondazione".
Due gli editoriali, uno di Miriam Mafai e l’altro di Pietro Scoppola.
A pagina 3 c’è una bella intervista a Francesco Rutelli
scritta da Curzio Maltese, renitente per una volta alla lotta
partigiana. I temi del laicismo e della religione sono affrontati
anche da Bernardo Valli con un articolo sul divieto francese
al velo islamico.
Il titolo principale, però, è sull’Europa ma non
essendo ancora successo niente, gli articoli sono di routine.
Sul fronte iracheno anche ieri Rep. non ha dato notizia della
grande manifestazione contro il terrorismo svoltasi il 10 dicembre
a Baghdad e raccontata, oltre che dal Foglio, anche dai concorrenti
del Corriere e, ieri, anche dal Monde di Parigi. L’inviato in
Iraq, Renato Caprile, non se ne è accorto. Ieri ha scritto
un articolo per raccontare l’agguato a un celebre fotografo di
Time, ha dato conto di tre kamikaze arabi che si sono fatti esplodere,
ha spiegato che i fedayn quotidianamente tendono agguati, ha
ribadito che "la guerriglia irachena non si concede pause",
ha ridetto che i fedelissimi di Saddam "continuano a complicare
in ogni modo la vita non solo alle forze della Coalizione ma
soprattutto ai loro connazionali", ha ricordato che "è
stato sabotato un oleodotto tra Dora e Beiji" e che tutto
questo è opera della "resistenza filo Saddam".
Dei quindici-ventimila iracheni che, mostrando di voler resistere
all’invasione dei guerrasantieri, hanno sfilato contro il terrorismo
sotto i suoi occhi, quantomeno più sotto i suoi occhi
dell’oleodotto sabotato "tra Dora e Beiji", neanche
una riga. Complimenti vivissimi, un’informazione degna del giornale
che pubblicava i reportage di Marco Lupis Macedonio eccetera.
Giorgio Bocca, autore a denominazione di origine controllata,
scrive un violento editoriale, chissà perché confinato
nelle pagine interne accanto a Massimo Livi Bacci, indovinate
contro chi? Contro il Cav. Titolo: "Il deserto del Cavaliere".
Secondo Bocca, il Cav. "non è più il piccolo
Cesare, ma il piccolo Attila". Motivo? Ha detto che i giornali
non li legge più nessuno, una delle frasi più banali
e meno controverse del secolo. Si attende prossimo editoriale
contro il regime e la democrazia in pericolo quando il Cav. avrà
l’ardire di sostenere l’abominevole tesi che non ci sono più
le mezze stagioni. (continua)

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