La
prima pagina del quotidiano di Largo Fochetti, cioè La
Repubblica (Rep.), ieri 16 dicembre si apriva con "Ciampi
boccia la Gasparri". Nel sommario si legge: "L’ira
di Berlusconi". Secondo il Corriere della Sera, invece,
Berlusconi avrebbe detto che "non è una tragedia".
Rep. desume l’ira del Cav. da un articolo di Barbara Jerkov che
finge di essersi intrufolata nel salotto del Torrino del Quirinale.
Riporta, infatti, tra virgolette, come se fosse stata presente,
il colloquio tra il presidente Ciampi e il premier Berlusconi:
"Il colloquio che va in scena nel salotto del Torrino è
fra i più tempestosi che si ricordino fra i due presidenti.
‘Non posso credere a questa tua decisione’, dice chiaro e tondo
il Cavaliere, ‘sai bene che verrà interpretato come un
rinvio politico contro di me’. ‘Ma no, ma no’, risponde Ciampi,
‘si tratta di un rinvio tecnico, quando l’avrai letto vedrai
che non c’è nessuna personalizzazione del problema’. Berlusconi
insiste in ogni modo, ma il capo dello Stato è irremovibile".
Tra l’altro il colloquio, ammesso che sia andato così,
smentisce l’editoriale di Ezio Mauro, secondo il quale "la
legge dunque non è solo rinviata alle Camere, per un’obiezione
tecnica. E’ bocciata. Poiché introduceva tratti di regime,
abbassando la qualità della nostra democrazia, dobbiamo
dire che la decisione di Ciampi segnala una grave emergenza e
nello stesso tempo conferma che gli sfondamenti berlusconiani
possono trovare un argine nelle regole del nostro sistema".
Ma il Mauro di ieri va ricordato per una frase che sembra scritta
apposta per il suo giornale, il caso Lupis e Red. Corr.: "C’è
un limite al tentativo di deformare la Repubblica, le regole
esistono, i custodi vigilano". Red. Corr., effettivamente,
vigila. E si occupa di Renato Caprile, il cronista che non si
è ancora accorto che sotto il suo albergo di Baghdad,
il 10 dicembre c’è stato un corteo lungo 5 chilometri
con 15 mila persone che inneggiavano contro il terrorismo e contro
la tesi, tanto cara a Rep, che gli iracheni stiano resistendo
contro l’invasore americano. Ieri Caprile si è spostato
a Tikrit, nel covo dove è stato catturato Saddam, ed è
riuscito a elaborare la seguente tesi. Tenetevi forte. Secondo
Caprile gli americani pensano di aver arrestato Saddam, ma non
hanno capito un cacchio. Il rais "era finito, e qualcuno
tra quelli rimastigli vicino deve averne approfittato".
Bene. "Ma chi?", si chiede l’investigatore Caprile.
Già, chi? Ecco la risposta: "Un luogotenente qualsiasi,
uno che avrebbe fiutato la possibilità di tentare quello
che non era mai riuscito in trent’anni a nessuno: un golpe. Un
golpe bianco". Un genio, Caprile-uno-qualsiasi. Il quale
conclude minaccioso: avete catturato Saddam? non conta niente
perché "il golpista e la sua cricca sono ancora vivi
e pericolosi".
Ottimo, preciso e ineccepibile l’articolo di Alberto Flores D’Arcais
che spiega come grazie all’arresto di Saddam, alle sue prime
ammissioni e ai documenti che aveva con sé "nel giro
di 24 ore" si sia arrivati "alla cattura di due interessanti
personaggi che a loro volta stanno collaborando con buone informazioni
per stringere il cerchio attorno a Izzat Ibrahim". Non uno
qualsiasi.
Ieri Concita De Gregorio non ha scritto, ed è un peccato.
Per ovviare alla mancanza, Red. Corr. pubblica un’intervista-ritratto
a Conc. pubblicata su Trenta Giorni Livorno. Ecco l’incipit dell’articolo:
"Ha le dimensioni di Michelle Pfeiffer, le stesse gradevolissime
proporzioni: un volto attento, con due begli occhi sgranati sulle
cose che le consentono di vedere bene e che si guardano volentieri:
curiosi, vivi e ficcanti. Nel bell’ovale del viso, sono rispettate
le leggi canoniche della bellezza, con un’accentuazione del turgore
delle labbra che, senza bisogno di artifici cosmetici, o chirurgici
hanno un’evidenza che accentua l’interesse per le parole che
ne vengono fuori. Eleganti, misurate, e d’un timbro caldo e sensuale.
Concita De Gregorio è una grande giornalista ma è,
soprattutto, donna intelligente e colta che non può non
condividere le valutazioni del Foscolo". Dopo averla paragonata
a Michelle Pfeiffer e a Foscolo, l’intervistatore ("hai
scritto un magnifico reportage, a mio giudizio unilaterale e
provocatorio"), fa un paragone tra Conc. e "mi sono
permesso di dire Benedetto Croce". E poi: "Con ritmi
possenti, con una grinta da intifada Concita, hai dimostrato
che si può scrivere aggiungendo e non togliendo. In maniera
scultorea, secondo il vanto di Leon Battista Alberti e non come
ti ha suggerito Scalfari". (continua)
17 Dicembre 2003