La
prima pagina del quotidiano di Largo Fochetti, cioè La
Repubblica (Rep.), ieri 18 dicembre si apriva con "Scontro
sul decreto salva-Retequattro". Stanco e ripetitivo l’editoriale
di Giulio Anselmi. Merloso quello di Francesco Merlo in difesa
dei "faziosi da proteggere". Attacco dell’articolo:
"Almeno per una volta abbia fede solo in fede". Sul
tema Retequattro e legge Gasparri ci sono da recuperare le limpidissime
prime righe scritte l’altro ieri dal poco chiarissimo prof. Franco
Cordero. Eccole, nella loro cristallina evidenza: "Scherzi
del calendario. Domenica 2 dicembre 1804 Napoleone Bonaparte,
già console a vita, ora imperatore in forza del senatoconsulto
28 floreale anno XII e d’un plebiscito, riceve la corona dal
papa in Notre Dame, anzi se la posa sulla testa: è l’11
frimaio anno XII; 29 giorni dopo, 10 nevoso, l’empio calendario
repubblicano chiude i fogli. Nell’anno 1805 le sorti imperiali
pendono: l’armata d’Inghilterra aspetta l’imbarco a Boulogne
e attraversando la Manica conquisterebbe comodamente Londra (William
Pitt disegna una guerra partigiana dal Galles), ma lunedì
21 ottobre Nelson affonda i vascelli franco-spagnoli a Trafalgar;
su 33 usciti da Cadice, ne tornano 9; 4.398 morti contro i 449
inglesi; svanisce il ‘Leone marino’ (nome criptico dei piani
hitleriani d’uno sbarco, settembre 1940). Rischia l’abisso anche
la Francia, le cui casse piangono, e mentre la flotta va a picco,
muovono guerra i due Imperi continentali, Francesco II d’Absburgo
e lo zar Alessandro: se ci fosse anche la Prussia, l’avventura
napoleonica finirebbe lì; Federico Guglielmo tergiversa;
l’armata d’Inghilterra marcia verso est; a Ulm, l’imperatore
parvenu sgomina l’inetto barone Carl Mack. Lunedì 2 dicembre,
quando gli 87 mila austro-russi (contro 73 mila) attaccano scendendo
dall’altopiano, resiste sulle ali, contrattacca al centro, li
divide in due: hanno perso 26 mila uomini, il triplo delle perdite
francesi; lo zar se ne va, l’Austria capitola. Austerlitz, giornata
radiosa nel cui anniversario, 46 anni dopo, Napoleone Luigi Bonaparte,
presidente plebiscitario, decapita la Repubblica". Più
banale l’attacco, sempre mercoledì, dell’articolo di Carlo
Bonini: "Osama Bin Laden". Soggetto, no predicato verbale,
no complemento oggetto.
Ieri era buona la corrispondenza di Daniele Mastrogiacomo da
Gerusalemme su Sharon che "prepara il ritiro unilaterale"
dietro il Muro (in realtà "barriera": la parola,
infatti, è "fence", che vuol dire appunto "barriera".
Se avessero voluto dire "Muro", con la maiuscola, avrebbero
usato "The Wall" come i Pink Floyd).
Ieri è tornata d’attualità la Sars, "nuovo
contagio a Taipei". L’articolo non è firmato Lupis
Macedonio eccetera, per cui si può stare tranquilli.
Sempre fenomenale Renato Caprile, il corrispondente da Baghdad
che non si è ancora accorto come il 10 dicembre, sotto
le sue finestre, si sia svolto un corteo lungo 5 chilometri (fonte
Corriere) con 15 mila persone (fonte Al Jazeera) che protestavano
contro il terrorismo (fonte Le Monde) e contro la tesi cara a
Rep. secondo cui gli autori degli attentati siano dei resistenti
all’invasore angloamericano. Da un paio di giorni Caprile autoconferma
la sua tesi secondo cui Saddam non contava più nulla,
già prima della cattura. Ha scritto che c’è stato
"un golpe bianco", organizzato da un suo "luogotenente
qualsiasi" che ne avrebbe preso il posto. L’altro ieri ha
ribadito (sempre a se stesso) che "confermato, Saddam, non
è il grande capo". Ieri, ancora: "Non era lui
il capo, ormai è certo". Eppure non è certo.
Tanto che Caprile ha dovuto aggiungere che non lo era più
"in senso tecnico". Saddam, però, "pagava
la guerriglia", l’aveva "preparata con largo anticipo",
e con i suo uomini fidati "si limitava ad impartire ordini
senza partecipare ad azioni". Insomma non c’entrava un ciufolo,
come il Cav. con la Gasparri. (continua)
19 Dicembre 2003