Camillo di Christian RoccaRedazionalmente Corretto del 2 dicembre 2003

La
prima pagina del quotidiano di origine indipendente ma ora in
corso di trasferimento in Largo Fochetti, quartiere della Garbatella,
cioè Repubblica (Rep.), l’unico giornale del mondo occidentale
che si premura di definire "di origine ebraica" l’autore
di un articolo comparso sulle sue pagine, ieri primo dicembre
si apriva con "Iraq, il massacro degli stranieri".
Gli editoriali sono tre. Uno di Massimo Giannini, autore di origine
quirinalizia, che spiega le mosse di Gianfranco Fini e gli fa
capire, strizzando l’occhio, che se farà come gli suggerisce
avrà un aiutino da Rep. Non segua, gli spiega Giannini,
i consigli dei corrierones Angelo Panebianco e Stefano Folli
(fusione con Forza Italia). No, molto meglio rompere le scatole
al Cav. fin da subito. Chiedendo il ministero degli Esteri. Il
Cav. non glielo darà? Poco male, dovrà concedere
il ministero della Difesa. A quel punto, Fini non sarà
più "un’inconsistente controfigura di Berlusconi,
ma il suo vero antagonista nella guida futura del centrosinistra".
Fini, sostiene Giannini, con "l’aiuto di Casini" e
l’appoggio esterno di Rep. "potrebbe avere buone probabilità
di farcela".
Gli altri due commenti sono di Bernardo Valli, autore di origine
parmigiana, e di Tahar Ben Jelloun, autore di origine islamica.
Entrambi intervengono sulla "intesa tra israeliani e palestinesi".
Valli, per quanto scettico sugli esiti, è entusiasta di
questa iniziativa, e il suo articolo fa credere che si tratti
di un "vero patto per la pace" e di "un’intesa
tra israeliani e palestinesi". Non è così.
Valli è un giornalista corretto e infatti, rischiando
di apparire contraddittorio, non nasconde ai lettori che i firmatari
non rappresentano nessuno, nemmeno la sinistra israeliana. Insomma,
per capirci, è come se il correntone siglasse intese in
nome e per conto degli italiani. Bella idea, ma più da
Auditorium della Musica che cosa seria.
Sabato è stato il giorno di Giorgio Bocca, autore a denominazione
di origine controllata, sul tema: "La memoria del fascismo".
Il grande giornalista di Cuneo racconta in un bell’articolo (dove
però confonde la kippah ebraica con la kefiah araba) la
visita del Duce in città. Era il 1938. "Nessuno voleva
fare la guerra, ma Mussolini credeva fosse già vinta",
scrive Bocca che vide il Duce tre giorni prima della dichiarazione
per ricevere il premio per la staffetta vinta con il Guf di Torino
ai littoriali di sci a Madonna di Campiglio. Nessuno la voleva?
E allora perché, come raccontò Panorama l’anno
scorso, il 14 agosto 1942, su La Provincia Grande, organo dei
fasci combattenti, Bocca scrisse che "sarà chiara
a tutti, anche se ormai i non convinti sono pochi, la necessità
ineluttabile di questa guerra, intesa come una ribellione dell’Europa
ariana al tentativo ebraico di porla in stato di schiavitù"?

Non è piacevole ricorrere a frasi scritte in altre epoche,
ma se l’autore scrive di memoria (personale), forse sarebbe stato
il caso raccontarla tutta per intero, o no?
Continua Bocca 2003: "Qui finì il nostro fascismo
di regime, pieno di statue di cartapesta, di gerarchi in sahariana
ma anche di entusiasmi nazionalistici e colonialistici perché
predare il resto del mondo piace a tutti. E si arrivò
all’8 settembre del ’43" eccetera. Un passaggio frettoloso,
diciamo. Bocca annata 1942 scriveva: "Questo odio degli
ebrei contro il fascismo è la causa prima della guerra
attuale. La vittoria degli avversari solo in apparenza, infatti,
sarebbe una vittoria degli anglosassoni e della Russia; in realtà
sarebbe una vittoria degli ebrei. A quale ariano, fascista o
non fascista, può sorridere l’idea di dovere, in un tempo
non lontano, essere schiavo degli ebrei?". L’articolo del
1942, peraltro, potrebbe essere perfettamente riciclato (o forse
è stato già fatto) come analisi della guerra in
Iraq. (continua)

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