Camillo di Christian RoccaRedazionalmente Corretto del 24 dicembre 2003

La
prima pagina del quotidiano di Largo Fochetti, cioè La
Repubblica (Rep.), ieri 23 dicembre si apriva con "Autobus,
scioperi selvaggi in mezza Italia". In prima pagina c’è
un documentato articolo di Guido Rampoldi, da tempo tornato da
Baghdad. Ramp! scrive che per l’Italia la decisione libica di
rigettare i progetti nucleari è una buona notizia ma anche
cattiva, perché "una vicenda cruciale" come
questa "non è passata per Roma". Ora, a parte
che il Cav. sostiene il contrario e che il vertice si farà
innanzi a lui, il ragionamento non sta in piedi. Scrive Ramp!
che quanto più l’Italia "si appiattisce su Bush e
Sharon, tanto meno conta". Eppure, quando si appiattiva
su Francia e Arafat non è che i risultati fossero eccezionali,
tanto che solo ora Gheddafi compie la svolta.
Michele Serra, per la prima volta dai tempi del liceo, ha scritto
un’intervista. A un sindacalista. Bella, davvero. Peccato che
l’abbia rovinata con le solite lagne anticonsumistiche: "La
tangenziale, verso Casalecchio, è ingolfata di macchine
che tornano cariche dall’ipermercato di Berlusconi e dall’Ikea,
un ingorgo consueto, da pancia piena, che non ha parentela alcuna
con la paralisi da sciopero selvaggio", che per l’umoralista
è da preferire al caos creato da chi compra i surgelati
chez Cav.
A giudizio di Red. Corr. l’articolo più interessante del
giorno è un’opinione di Giorgio Ruffolo. Secondo il republicones
che fu ministro socialista, in Italia esiste "il falso mito
della locomotiva Usa". E passi. Ma nel finale del suo articolo
c’è codificato il pensiero republicones sull’America.
Gli Stati Uniti che loro amano non sono quelli "del presidente
tutto scatti e saltelli marziali, ma del presidente semiparalizzato,
che dalla sua sedia a rotelle guidava gli eserciti alla vittoria".
Cioè uguale a Bush. Eppure l’America che piace a Ruffolo
è "quella di Hollywood, del jazz e del Piano Marshall.
Quella che dava una nuova patria agli ebrei perseguitati e apriva
le sue grandi Università agli scienziati agli artisti
agli intellettuali della vecchia Europa". Cioè uguale
all’America di oggi. Eppure a Ruff! piace l’America "che
abbiamo atteso pur sotto i bombardamenti dei Liberators, tremendi
angeli d’argento, con quel rombo intermittente che scandiva le
nostre speranze". Sembra Chalabi, ma è sempre Ruff!.
Eppure conclude: "Cari filobush di casa nostra, quella è
la nostra America". E’ solo nostra, gli iracheni non se
la meritano, che si fottano, arabi del bip. (continua)

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