Camillo di Christian RoccaConsigli agli editorialisti, un sondaggio iracheno

Milano. La notizia, ovviamente, non si trova sui giornali internazionali ma sui blog iracheni, i siti Internet indipendenti che, nel nuovo Iraq liberato, si moltiplicano giorno dopo giorno, al pari dei quotidiani e delle riviste. La notizia è questa: gli iracheni sono entusiasti della cattura del loro ex torturatore Saddam Hussein. Il quotidiano di Baghdad, Azzaman, ha pubblicato un paio di giorni fa un lungo e dettagliato sondaggio condotto dal Centro iracheno per la ricerca e gli studi strategici (ICRSS). Il testo è in arabo ma sul sito "Healing Iraq", guarire l’Iraq, se ne può trovare una traduzione in inglese. Lo studio sull’impatto della cattura di Saddam è stato compiuto in otto città irachene (Baghdad, Arbil, Diyala, Bassora, Karbala, Mosul, Ramadi, Falluja) e vi hanno partecipato un migliaio di cittadini di diversa estrazione, educazione e cultura. Ebbene: il 59 per cento degli interpellati ha detto che la reazione alla cattura di Saddam è stata di "travolgente gioia". Il 20 per cento di "shock e confusione", mentre il 16 per cento ha provato "tristezza" e il 5% nessuno di questi sentimenti. Il risultato smonta le tesi care a molti editorialisti nostrani, come Barbara Spinelli o il cardinale Renato Martino, secondo i quali le immagini della cattura di Saddam sono state di una "violenza subdola e sconcertante". Repubblica, invece, ieri ha ospitato un’opinione di Khaled Fouad Allam più vicina al risultato del sondaggio iracheno.
L’86,9 per cento crede che l’uomo catturato sia davvero Saddam e quasi la stessa percentuale di iracheni (84 per cento) pensa che il dittatore meriti un processo equo e giusto (il 16 per cento ne farebbe a meno). Sessanta iracheni su cento vorrebbero un processo organizzato da una tribunale locale, altri quindici da un tribunale iracheno aiutato da esperti internazionali, mentre solo 25 su cento preferirebbero una corte di giustizia internazionale.
Quanto alla pena da comminare a Saddam, il 56 per cento degli iracheni vorrebbe condannarlo a morte, il 25 per cento al carcere, e il restante 19 per cento preferirebbe un provvedimento di clemenza. I ricercatori hanno chiesto l’opinione degli iracheni anche sugli effetti che un processo veloce potrebbe avere sul futuro del paese. Il 45 per cento crede che un processo veloce al dittatore eviterà "uno scisma o un conflitto civile", il 30 per cento sostiene che il processo migliorerà la sicurezza e la stabilità interna, il 14 per cento teme che possa aumentare il caos, mentre 10 iracheni su 100 credono che aiuterà a far terminare l’occupazione. Riguardo alla guerriglia condotta dai fedeli di Saddam, per il 53 per cento degli iracheni la cattura del dittatore "diminuirà le attività", per il 20 per cento "farà cessare la resistenza" (totale: 73 per cento), mentre solo per il 27 per cento contribuirà ad aumentare le attività terroristiche.
Al campione è stato chiesto quale fosse la cosa più importante in questo momento: il 54,9 per cento ha risposto "garantire la sicurezza", il 35,8 per cento "fornire la benzina", il 34,4 "la cattura di Saddam", il 28,8 "l’elettricità", il 5,3 "migliorare la situazione economica". Quanto ai crimini commessi da Saddam la risposta è articolata. Solo il 12 per cento degli iracheni ritiene che coloro che hanno sofferto sotto il regime debbano essere in qualche modo ricompensati. Il 77 per cento degli ex sudditi di Saddam crede che la guerra con l’Iran sia stata un crimine del rais (per il 23 per cento, invece, si è trattato di "un’azione giustificata"). Percentuali simili sull’invasione del Kuwait (79 per cento "crimine", 21 per cento "azione giustificata"), sulle fosse comuni (81/19 per cento), sull’uso dei gas contro i curdi (87/13), sulle deportazioni forzate (82/18), sugli omicidi di esponenti religiosi (83/17). Di segno opposto, invece, la valutazione dell’attacco iracheno a Israele nel 1991: secondo il 18 per cento del campione, il lancio dei missili Scud su Tel Aviv è stato un "crimine", mentre per l’82 per cento è stata un’azione giustificata. Ecco, finalmente, un dato che conferma le tesi di qualche editorialista occidentale.

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