Camillo di Christian RoccaRedazionalmente Corretto del 2 gennaio 2004

La
prima pagina del quotidiano di Largo Fochetti, cioè La
Repubblica (Rep.), il 31 dicembre si apriva con "Tanzi mente,
resti in carcere". Rep. continua la sua battaglia double-face,
giustizialista nei confronti di Parmalat e garantista nei confronti
degli organi preposti al controllo e alla verifica delle operazioni
finanziarie di Parmalat. L’editoriale di apertura, invece, era
di Massimo Giannini, l’addetto alle questioni delicate, delicatissime.
Giannini ha scritto del caso Sofri e del potere di Grazia scrivendo
cose parecchio imprecise, spacciandole per verità inoppugnabili.
Secondo Giannini, Ciampi non può dare la Grazia a Sofri
di sua sponte nonostante l’articolo 87 dica il contrario. La
Costituzione ­ scrive Giannini ­ "prevede genericamente
che il Capo dello Stato ‘può concedere grazia e commutare
pene’". Ma, aggiunge il republicones, "il codice penale
integra questa norma primaria, disponendo che la grazia è
un atto proposto e controfirmato dal ministro della Giustizia".
Conclude Giannini, che non cita quale sia l’articolo in questione:
"Se questa è l’attuale cornice giuridica, per la
grazia a Sofri occorre una duplice iniziativa del ministro Castelli.
E’ lui che, in prima istanza, deve sottoporre la richiesta al
Quirinale, ed è lui che in un secondo momento deve controfirmarla".
Solo che non è "questa l’attuale cornice giuridica".
Né l’attuale, né quella passata. Giannini evidentemente
non sa che nel 1989 il codice di procedura penale è stato
modificato. Ora la materia è regolata dall’articolo 681,
comma IV, che recita: "La grazia può essere concessa
anche in assenza di domanda o proposta". Che Giannini non
sapesse di cosa stesse parlando si evince da quest’altro passaggio:
"Non è un caso che la definizione amministrativa
e funzionale del Guardasigilli sia sempre stata quella di ‘ministro
di Grazia e Giustizia’". E’ così? No, non è
così. Da quando è cambiato il codice, cioè
quando è stato inserito quel comma IV di cui Giannini
non sa niente, il Ministero non si chiama più di Grazia
e Giustizia. Ma solo di Giustizia. Senza Grazia. Non è
un caso, direbbe Giannini.
Va aggiunto, peraltro, che anche quando vigeva il codice fascista
invocato oggi da Giannini, la Grazia poteva essere concessa senza
la proposta del Ministro, come scrive Costantino Mortati, il
più grande giurista costituzionale della storia repubblicana,
nella sua opera "Istituzioni di diritto pubblico".
Ecco il passaggio: "In ordine ai provvedimenti di grazia
si è indotti a ritenere che essi appartengano alla competenza
propria del capo dello stato, nella sua veste di organo dell’unità
nazionale, tale da offrire garanzia che il suo esercizio si svolga
all’infuori dell’influenza di interessi di parte, e che pertanto
la controfirma apposta al decreto dal ministro guardasigilli
abbia soltanto carattere formale. A questa interpretazione non
fa ostacolo la procedura prevista dall’articolo 595 c.p.p. perché
questa non esclude che l’iniziativa parta dallo stesso presidente
della repubblica, salvo a seguire successivamente la procedura
medesima". Tanto che già nel 1965 il presidente Saragat,
con il d.p.r. del 26/3/1965 in favore di un cittadino jugoslavo
condannato all’ergastolo, concesse la grazia motu proprio senza
aspettare alcuna proposta del ministro che, come ha spiegato
Manzella proprio su Rep. il 28 dicembre, non può essere
competente per mille motivi. Uno tra tanti: l’esecutivo non può
avere il potere di sovvertire o modificare sentenze dell’ordine
giudiziario. Viceversa, il Cav. non avrebbe trasformato Cirami
in una legge, ma in ministro di Giustizia. (continua)

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