Milano. Il peggiore incubo di George W. Bush, e del capo della sua campagna elettorale, cioè Karl Rove, si è materializzato: Howard Dean ha perso il caucus in Iowa, dov’era favorito, e rischia così di perdere il bottino finale, la candidatura presidenziale del partito democratico. Alla Casa Bianca stanno già preparando i piani B e C, molto più difficili da percorrere, perché una cosa è affrontare un candidato radicale e arrabbiato, feroce e ai limiti dell’antipatriottico, un’altra è vedersela con un ex veterano del Vietnam o con un telegenico centrista del Sud, entrambi favorevoli alla guerra a Saddam. E poi c’è sempre l’ex generale in odore di moderatismo clintoniano dietro l’angolo.
Insomma la débâcle di Howard Dean, che da favorito è arrivato terzo raccogliendo un misero 18 per cento, è anche una débâcle per Bush e per chi in queste settimane ha spiegato agli elettori che solo mettendo in discussione l’onestà e le motivazioni di tutti gli uomini del presidente si poteva sperare di vincere.
Odio e rabbia, pacifismo e antipolitica, invece non pagano, questo ha detto il voto di martedì secondo il commento del New York Times, giornale che ospita uno dei teorici della ferocia antibushiana, Paul Krugman (le cui analisi compaiono anche su Repubblica). L’altro è George Soros, entrambi geni in materie finanziarie ed economiche, meno, evidentemente, in scienza della politica. "Cattivi profeti", scrive il New York Times, sono stati "tutti quei teorici della politica che credevano che i democratici molto arrabbiati con Bush volessero il candidato presidenziale che meglio veicolasse la loro rabbia". In Iowa, invece, il risultato è stato opposto, chi odia Bush ha cercato un candidato in grado di batterlo, non uno che scaldasse il cuore. Insomma, il girotondismo american way ha preso una batosta mica male (Furio Colombo, sull’Unità, si era preso la libertà di tradurre e tradire caucus, che vuol dire riunione, con girotondo). "I democratici sono diventati saggi", ha commentato sulla National Review David Frum, ex speech writer di Bush.
"La gente dell’Iowa ha trovato Dean troppo arrabbiato e troppo di sinistra", ha titolato il Des Moines Register, il giornale della capitale dello Stato che ha appoggiato John Edwards. "Sono nei casini ha detto un pensionato della cittadina fin dall’inizio ho sostenuto Dean, ma vedo Kerry ed Edwards messi meglio per sconfiggere Bush. Lo odio così tanto che odierei me stesso per tutta la vita se scegliessi la persona sbagliata. Ecco perché voterò Kerry". Il dottor Dean e la sua retorica pacifista piacevano, entusiasmavano, come in un girotondo appunto, ma quando il gioco si è fatto serio non hanno convinto, nonostante la poderosa organizzazione, "la migliore mai vista in Iowa", l’arrivo di migliaia di militanti da altri Stati, l’appoggio del senatore locale, Tom Harkin, di Al Gore, di Bill Bradley, di Jimmy Carter, e dei sindacati degli impiegati pubblici e dei colletti bianchi.
Gli altri sconfitti
Gli altri sconfitti dell’Iowa sono i giornali e le televisioni, prevalentemente liberal e con pregiudizio anti Bush. Fino alla settimana scorsa raccontavano di una partita già chiusa in favore di Dean, e solo lunedì si sono fatti venire i primi dubbi. Molti editorialisti di destra, invece, da giorni scrivono il contrario e spiegano che i caucus in Iowa avrebbero scoperto il bluff di Dean. Ovviamente nulla ancora è deciso. In New Hampshire, martedì prossimo, il dottor Dean sembra, sia pur di poco, ancora in testa. Ma se non vincesse nemmeno lì, potrebbe essere davvero finita per lui. Lunedì notte, subito dopo la sconfitta, Dean ha preso un aereo, è volato in New Hampshire e si è rimesso al lavoro. Ce la farà, oppure i democratici continueranno a "date Dean, marry Kerry", cioè spassarsela con Dean e sistemarsi con Kerry?
I commentatori non si sbilanciano, dopo la figuraccia. Ma tutti hanno notato l’imbarazzante performance dell’ex governatore del Vermont all’annuncio del terzo posto. Al contrario di Dick Gephardt, altro favorito che però si è ritirato subito dopo essere stato travolto, Dean è andato in escandescenze e già circolano versioni audio-video del suo urlo belluino. "Yaaaaaaaarrrrrrhhhhh", ha gridato rosso in volto e gesticolando in modo scomposto, dopo un incendiario e poco presidenziale invito a continuare la lotta in South Carolina, Oklahoma, Nord Dakota, Oregon e Michigan: "E poi andremo a Washington, a riprenderci la Casa Bianca".
Ora Dean dovrà chiedersi se abbia sovrastimato l’appeal di una candidatura iperpacifista, scrive il Washington Post. Il suo stile combattivo e rancoroso ha fatto allontanare molti elettori da una piattaforma politica apparentemente condivisa. "Se Dean perde il voto pacifista è finito", ha scritto Andrew Sullivan. Comunque vada a finire, la sua candidatura è stata utile al partito: ha intercettato l’odio anti Bush e lo ha fatto sfogare.