New York. Lo stupido uomo bianco, secondo la definizione di Michael Moore, li sta tirando scemi. Come diavolo è possibile che un cowboy, figlio di papà, ex alcolizzato, renitente alla leva, fondamentalista religioso, imbecille, dislessico, disarticolato, ignorante, guerrafondaio, petroliere, giacobino, volgare e texano ci abbia fregato e continui a fregarci tutti i giorni? Questo si chiede, con queste parole e con queste argomentazioni, la sinistra americana in preda alla rabbia e all’odio nei confronti di chi li ha sconfitti alle elezioni del 2000 e poi del 2002. La colpa di George W. Bush non è soltanto quella di aver battuto di misura il borioso figlio dell’establishment washingtoniano, cioè Al Gore. Ma anche quella di essere diventato un leader risoluto, con idee chiare e capace di prendere decisioni difficili.
L’idea, la sola idea, fa diventare matti i raffinati ed eleganti liberal americani, chiamati anche "Volvo-radicals" perché amano fare gli antagonisti a bordo delle loro Volvo verde metallizzato. Va bene perdere, pensano, ma essere fregati da uno come Bush è inconcepibile, un’onta da rimuovere. A New York e nelle grandi città delle due coste degli Stati Uniti ancora quasi non ci credono, non si capacitano del fatto che alla Casa Bianca sieda un "moron", un deficiente. Il risultato è devastante, perché va a finire che loro stessi incappano nel paradosso di Bush, la sindrome che coglie la chattering class, gli intellettuali, i giornalisti, le persone dello spettacolo, i fighi, i migliori: se un deficiente ci ha fregati, e continua a fregarci, noi che cosa siamo?
Su questo tema ha scritto un vivacissimo libro John Podhoretz, opinionista del New York Post e fondatore con Bill Kristol del Weekly Standard, libro che si intitola "Bush Country How Dubya Became a Great President While driving Liberals Insane" (Il paese di Bush Come Dubya è diventato un grande presidente facendo diventare matti i liberal). Podhoretz e Kristol sono i due cognomi di più alto lignaggio del mondo neoconservatore. I genitori di John e Bill sono Norman Podhoretz e Irving Kristol, i due padrini dei neocon, gli iniziatori del movimento, storico direttore di Commentary il primo e di Public Interest il secondo. La definizione "Bush country" ricorda uno degli slogan delle campagne di Ronald Reagan, per molti versi il punto di riferimento presidenziale di Bush. L’America degli anni Ottanta era, appunto, Reagan Country. Stanley Greenberg, guru elettorale della sinistra mondiale, sostiene che con Clinton e Bush gli Stati Uniti siano diventati invece un paese diviso perfettamente a metà. Eppure, nel 2000, quando i network tv colorarono di rosso o di blu gli Stati dell’Unione a seconda se avessero votato per Bush o per Gore, fece molta impressione vedere come il blu dei democratici fosse confinato nelle due coste, mentre tutto il resto dell’America, Nord, Sud e Midwest, fosse red-state, Bush Country.
Il libro di John Podhoretz
Il libro di Podhoretz ha ricevuto elogi e pessime critiche, non è piaciuto il suo passo divertente, il modo con cui si prende gioco degli intellettuali che si beano della loro intelligenza, dei loro costanti riferimenti alla cultura popolare, della loro conoscenza delle ultime mode così come dei più gustosi pettegolezzi. A costoro che vivono nel paese delle meraviglie, Podhoretz contrappone il paese del sempliciotto Bush, e spiega come per l’esercizio del potere non sia necessario aver visto l’ultimo film, mangiare sushi, avere la puzza sotto il naso e credersi antropologicamente superiori. Contano leadership, autostima e chiarezza morale. Requisiti che Bush ha in abbondanza. Lo stesso autore del libro, come quasi tutti i neoconservatori, non credeva in lui: "Pensavo che fosse più leggero di una piuma, la persona meno preparata a occupare l’Ufficio Ovale". Bush, invece, ha preso in mano il paese dopo le Torri, ha liberato due popoli da feroci dittature e con grande acume politico è riuscito a far approvare la sua agenda anche dai suoi avversari (la guerra, il Patriot Act e il progetto educativo sui bambini sono stati votati da un Congresso a maggioranza democratica e da Kerry, Edwards, Gephardt e Lieberman).
Le hanno tentate tutte, racconta capitolo dopo capitolo John Podhoretz. Prima era un pupazzo di papà, poi quando ha fatto il contrario di quanto sosteneva papà è diventato il pupazzo dei petrolieri, salvo poi esserlo dei neocon. Da un lato è un fascista che ha revocato i diritti civili, e non è vero, dall’altro è accusato di non fare abbastanza per proteggere gli americani. La più folle delle tesi è quella del Bush bancarottiere: dall’Aids, al Medicare, alla sicurezza nazionale, all’immigrazione, all’educazione per i bambini, Bush ha "rubato" idee ai democratici, facendo affluire a questi progetti un fiume di denaro mai visto. I liberal sostengono che Bush spenda così tanto al fine di portare il paese alla bancarotta e dimostrare che quei progetti sono irrealizzabili.