L’uomo che voleva far scoppiare un nuovo caso Lewinsky si chiama Matt Drudge, ed è lo stesso che avvisò il mondo del primo sexgate, quello originale, l’inimitabile, l’irragiungibile, l’inestimabile scandalo sessuale che fece discutere le istituzioni americane di fellatio e mise in stato di accusa il presidente Bill-non-ho-fatto-sesso-con-quella-ragazza-Clinton. Con l’aiuto di sua moglie Hillary, Clinton ne uscì vincitore ma il suo onore rimase ammaccato. Era il 1998 e da un oscuro sito Internet, Matt Drudge diede con largo anticipo la notizia che il settimanale Newsweek stava indagando su una relazione tra una stagista e il presidente. Nessuno gli credette, ma nel preciso istante in cui il giornale uscì con i particolari della vicenda, Matt Drudge e il suo sito diventarono dei fenomeni. Da allora, niente è stato più come prima. Ogni giorno sette milioni di persone cliccano su drudgereport.com per conoscere gli ultimi pettegolezzi politici, veri, verosimili, spesso falsi. Ma è l’era di Internet, dell’informazione istantanea, senza padroni, senza controlli. E’ la velocità che conta, la prontezza di riflessi, il fiuto, la disinvoltura. Drudge è il numero uno. Anche in cialtroneria, sostiene chi lo disprezza, e sono tanti. Uno è l’ex consigliere di Bill Clinton, Sidney Blumenthal, di cui Drudge scrisse che picchiava la moglie. Non era vero, Blumenthal chiese 30 milioni di dollari di danni, ma non riuscì a provare il dolo.
Drudge dice di essere un libertario, con la elle minuscola, ma i detrattori lo considerano un uomo di destra, e della più becera, nonostante la femminista Camille Paglia, sua grande amica, sostenga invece che non è vero, che è solo una voce indipendente. L’anno scorso, forse per dare ragione all’amica, Drudge s’è occupato molto dei repubblicani, non risparmiando pettegolezzi sulla Casa Bianca e sui vizietti sessuali del giovane Arnold Schwarzenegger.
Il colpaccio, però, lo ha tentato ancora una volta sulla testa dei Democratici: John Kerry, il più probabile avversario di George Bush alle elezioni del 2 novembre, avrebbe la sua stagista, la sua amante, la sua storia di sesso fuori dal matrimonio, la sua Monica. Le prove? Poche, anzi nessuna. Solo voci, rumors. A Drudge risultava che tv e giornali stessero indagando su una stagista poco più che ventenne legata al senatore del Massachusets. I giornali europei si sono scatenati, con titoloni in prima pagina e caccia alla nuova Lewinsky.
I più compassati media americani invece sono rimasti zitti, in silenzio, neanche una riga. Censura? No, controllo e verifica delle notizie. E controllando e verificando si è scoperto che la notizia era falsa, inventata, diffusa ad arte chissà da chi. C’è chi dice che dietro ci sia lo zampino del clan Bush, altri credono che la manona sia dei Clinton preoccupati che un successo di Kerry metta la parola fine alle ambizioni presidenziali di Hillary. Pettegolezzi che circolano sulla rete, simili a quelli che diffonde Drudge, il quale, comunque sia andata, ha certamente toppato, senza se e senza ma. Ora sostiene che la ragazza abbia avuto una relazione non con Kerry ma con l’uomo che raccoglie i fondi per la campagna elettorale del senatore del Massachusets. Fatti privati, insomma.
Ma guai a dare Drudge per finito. Neanche per idea. E’ l’iniziatore di un nuovo genere di giornalismo gossiparo aggressivo, che si serve solo di una linea telefonica, di un computer e di un gran faccia tosta. A vederlo, però, Drudge non sembra un nerd, uno di quei ragazzini brufolosi e ipertecnologici a loro agio solo davanti a un computer. Tutto il contrario. Drudge guida una Corvette, vive in un condominio di Miami Beach, si fa aiutare dall’amico californiano Andrew Breitbart, e porta sempre un cappello che gli dà l’aria da cronista dei film americani anni Quaranta. Sembra, infatti, il tipico giornalista immortalato nella letteratura d’Oltreoceano: duro, cinico, spietato, quel tipaccio che non fa prigionieri e piuttosto che perdere una notizia passerebbe sopra il cadavere della madre. Uno che se deve far male non si fa scrupoli, salvo poi dire che è la stampa, anzi è Internet, bellezza, e che non puoi farci niente. Guai a chiamarlo giornalista, però. "Sono solo un edicolante", dice di sé il 37enne Drudge.
I giornalisti tradizionali, quando va bene lo sfottono, lo ridicolizzano, lo disprezzano, lo detestano; se va male lo ignorano, ma alla fine sono costretti ad ammettere che la diffusione in tempo reale che garantisce Internet ha cambiato le regole del gioco del giornalismo moderno. Drudge era in prima fila anche sul seno scoperto di Janet Jackson, censurato da tutti i giornali e le tv americane, ed è stato il primo a parlare di iniezioni di Botox cui sarebbe ricorso John Kerry per ringiovanire la sua faccia rugosa.
Drudgereport è il modello di Dagospia, il sito dal quale Roberto D’Agostino diffonde in Italia pettegolezzi sul demi-monde della politica e della finanza e del giornalismo. Drudge però fa un sacco di soldi, oltre un milione e duecentomila dollari l’anno, provenienti dalla pubblicità che compare sul sito e dai compensi per il talk show radiofonico domenicale. Soldi a palate per notizie non verificate. Per non cascarci, una via c’è: dopo aver letto drudge cliccate su "drudgeretort.com", (retort, con la t, vuol dire "replica" a drudge), è un sito che gli fa il verso, lo prende in giro, gli fa le pulci e controlla la veridicità delle notizie di Drudge.
1 Febbraio 2004