Caro Christian, vorrei proporti una riabilitazione. Trattandosi di un personaggio inviso alla sinistra, so di poter contare su di te (tu riabiliteresti Hannibal Lecter, per far dispetto a Michele Serra). Io penso che Carcarlo Pravettoni sia stato erroneamente malvisto. In realtà la lista “Asfalto che ride” aveva del buono. Ci ho riflettuto cercando di andare in bicicletta per Milano, in quelle istantanee pause tra una rotaia, una pietra sporgente, un pavé dissestato e una buca nei sampietrini. Asfaltare, che diamine! La ruota che scorre, dolce e sensuale, sul ruvidino dell’asfalto. È una sensazione rilassante e bituminosa. Asfaltare! Via tutte quelle pietrazze storte e insensate. Parlo di Milano, ma se vogliamo estendere il discorso ai diritti del ciclista romano, ho una seconda proposta: stendere i colli! Giù tutto, Monteverde, Oppio, Esquilino, Coinquilino, zac! E via, lievi come il vento.
Caro Luca, te ne propongo una io di riabilitazione: gli anni Settanta. Parafrasando Raf, che cosa resterà di questi anni Settanta? L’unica cosa decente, leggi sui diritti civili e mondiali d’Argentina a parte, prodotta in quegli anni è la musica rock progressive. No, c’era anche quel triangolino bianco ul basso del teleschermo di Raiuno che segnalava che stava cominciando un programma su Raidue. Te lo ricordi? Bei tempi quando non c’era il Berlusca, e Michele Serra seguiva il suo lungimirante leader Berlinguer che lanciava fatwe contro l’introduzione della tv a colori e delle autostrade. Ma non mi distrarre. Voglio parlarti degli Area, della Pfm, degli Acqua Fragile insomma di quelli lì che imitavano i Genesis, gli Yes e i King Crimsom. Un’anima pia alla Bmg ha deciso di ristampare una ventina di quei dischi. Geniale. Stai attento, però. Ascoltandoli ti verrà il magone, specie se guarderai fuori dalla finestra di casa tua a Milano. Quei dischi ti ricorderanno che lì sotto, un giorno, era tutta campagna.
Caro Christian: fatwe? È roba che si asfalta? Se no non mi interessa. Io sto rivalutando gli anni Trenta e Quaranta, grazie a un esilarante libro di fotografie del Duce pubblicato da poco. È una raccolta di foto censurate alla pubblicazione per un motivo o per l’altro, ma tutti riconducibili a imbarazzi vari in cui Mussolini sarebbe stato messo. Le mie preferite sono Mussolini-che-si-tiene-il-pacco, Mussolini-che-si-spatascia-in-una-siepe-col-cavallo, Mussolini-che-si-infracica-con-un’innaffiatrice-automatica e Mussolini-che-fa-la-mossa. La gioia dei bambini. Quell’omino era un grosso sfigato: sono i più pericolosi.
Caro Luca, mi sto facendo una cultura sui totalitarismi. Ho comprato questo libro che dici tu, come sai leggo e rileggo quello di Amis su Stalin e ora sto leggendo “La disfatta”, un racconto avvincente sugli ultimi giorni di Hitler rinchiuso nel bunker, ma anche “I piccoli martiri assassini di Allah” di Carlo Panella, purtroppo a casa mia non si prende Raitre ma, in compenso, ho acquistato in edicola con la Stampa la serie completa dei dvd della Juve.
Caro Christian, Michele Boroni – popolare blogger e mio socio radiofonico, nonché interista – ha un nome per la sua condizione, simmetrica alla tua: la chiama “interiorizzazione” del dolore. Io, fino a che non ricomincia il campionato di baseball, non mi interesso di sport. Anzi, ti ricordi di quando andammo allo Yankee Stadium, preferendolo di misura al concerto di Al Green? Adesso lui ha fatto un disco nuovo, col suo produttore storico, e il New Yorker ha svelato il segreto delle mirabilie della sua voce soul: il microfono numero 9. Il produttore lo teneva da parte da 25 anni, dal loro ultimo disco assieme. Tra 25 anni, io e te saremo condirettori di Max Anni Azzurri.
Caro Luca, di New York non vorrei più parlare, almeno fino a quando non ci torno. Ho una certa nostalgia. Sai, gli ultimi due scudetti li ho festeggiati lì, a Central Park. Non so se hai presente, è quel posto dove i due nostri maestri, Siimon & Garfunkel, i primi due renosubjectari della storia (cos’altro è The sound of silence?), una volta hanno fatto un concerto. Il Parco ora è stato disegnato dal di dentro da Matteo Pericoli, in un fantastico libro che si apre a fisarmonica (capisci a me) e che segue il suo precendente disegno dello skyline di Manhattan. Un’ultima cosa. Non parlo più dei Coldplay, da quando Chris Martin si è sposato con Gwynnie. Anzi per ripicca ti consiglio di ascoltare il nuovo disco di Bill Frisell, (tranquillo: stavolta non fa jazz), con la giovane cantante Petra Haden. Fanno una versione di Yellow fenomenale. E giallo è il colore della gelosia, no?