New York. "Ralph non farlo" è la supplica che in questi giorni la sinistra americana rivolge a uno dei suoi beniamini, con toni che ricordano il "Fausto, ripensaci" che Sabrina Ferilli rivolse dal Tg3 al segretario di Rifondazione comunista Bertinotti. C’è che Ralph Nader, guru del movimento dei consumatori americani, capo del partito dei Greens, cioè dei verdi, nonché icona degli antagonisti radical chic, sta per decidere se candidarsi o meno alle elezioni presidenziali del 2004.
La scelta è alle porte, "Ralph deciderà entro due settimane" si legge sul sito naderexplore04.com. Nader, infatti, sta esplorando, sonda il terreno, cerca di capire se ci siano le condizioni economiche per tentare la scalata alla Casa Bianca come fece quattro anni e otto milioni di dollari fa. Ovviamente non ha nessuna possibilità di arrivare alla sala ovale, ma se decidesse di scendere in campo diminuirebbero, e di molto, anche le chance di vittoria per John Kerry o per chi il partito democratico sceglierà come sfidante di George Bush.
Nel 2000 Nader prese il 3 per cento. Non ci fosse stato, Al Gore avrebbe vinto le elezioni. Solo in Florida, dove Bush prevalse per 537 voti, Nader ne raccolse 97 mila. In New Hampshire, Bush vinse con settemila voti di scarto, Nader ne prese oltre 22 mila. E così via. Il partito ha 300 mila registrati e 200 eletti in assemblee legislative locali. A giugno, a Milwaukee, ci sarà la convention ma tutto dipende dalla decisione che Nader prenderà in questi giorni.
Alla fine dello scorso anno, in concomitanza con la resistibile ascesa di Howard Dean, erano cominciate le richieste pubbliche di non candidarsi. Il candidato di sinistra c’era già, Dean appunto, e sembrava favorito; un altro avrebbe soltanto fatto confusione. I primi sono stati quelli di The Nation, prestigioso settimanale della sinistra newyorchese che per i detrattori altro non è che l’ultimo baluardo del bolscevismo mondiale. "Ralph, Don’t Run" era il titolo di un articolo scritto da un ex grande elettore di Nader: "Non possiamo permetterci un’altra divisione, aiuteremmo l’elezione di Bush anche nel 2004". Il caso sembrava chiuso, ma con il tonfo di Dean alle primarie e la probabile candidatura di John Kerry, che è uomo dell’establishment, per Nader si è riaperto uno spazio. I suoi sono entusiasti e organizzano già feste di bentornato per gli elettori che si erano presi una cotta per Dean. Improvvisamente Nader ha ripreso a comparire sui giornali e a propagandare il suo ambizioso programma che prevede il finanziamento pubblico delle elezioni, lotta ai crimini societari, nuovi diritti di cittadinanza, assistenza medica e bazzecole tipo "la fine della povertà". "Su molte cose Kerry non è lontano dalle posizioni dell’Amministrazione Bush", ha detto il portavoce dei Greens, anzi "è uno dei più grandi beneficiari di finanziamenti delle lobby". Kerry non piace ai naderiani, che lo accusano di aver votato per la guerra e il Patriot Act. Peter Camejo, che per i verdi si è candidato a governatore della California, ha detto al New York Sun che Kerry "si scusa dicendo di essere stato preso in giro da Bush. Ma noi crediamo che le persone prese in giro dal presidente non debbano candidarsi alle elezioni". Un altro supporter di Nader, David Cobb, definisce Kerry "parte del problema" perché "si oppone all’assistenza medica universale, sostiene la guerra alle droghe, è contro il matrimonio gay, ed è favorevole alla globalizzazione che piace alle multinazionali". Sul suo sito, intanto, Nader ha chiesto ai supporter un consiglio su che cosa fare, ma il sondaggio on line è andato in tilt a causa di un flusso di e-mail contrarie partite dal sito RalphDontRun.net. Nader, al New York Times, non è parso preoccupato dalle migliaia di no ricevuti via e-mail: "Non mi interessa Internet. Non ho abbastanza tempo per andare a farmi un giro nella realtà virtuale". Quella, cioè, in cui è nato ed è sprofondato Dean. A chi gli ha chiesto, almeno, di non candidarsi negli Stati in bilico, lui ha risposto di no, se scende in campo, lo fa ovunque, in tutti e 50 gli Stati.
Su The Nation della settimana scorsa è comparso l’ultimo appello, firmato questa volta dai direttori: Ralph siamo sempre stati con te, hai fatto cose fantastiche per i consumatori e per l’ambiente, sei il Cittadino Pubblico numero uno, il tuo programma è fantastico ma questo è l’anno sbagliato per candidarsi, "Ralph, per favore pensa al lungo periodo, non ti candidare". Bertinotti, nel 1998, nonostante l’accorata Ferilli, non ci ripensò, e il governo Prodi cadde.
17 Febbraio 2004