Osama bin Laden e la sua cricca di fascisti islamici hanno vinto le elezioni spagnole, e ora per tutti noi le cose diventano delicate. La strage di Madrid non è stato il nostro 11 settembre, solo un idiota poteva pensare non fosse già suo l’11 settembre del 2001. C’è che la strage di giovedì più il voto di domenica, insieme, sono peggio ancora dell’11 settembre 2001, sono l’11 settembre senza l’united we stand, sono l’attacco a New York senza Rudy Giuliani, sono le Torri gemelle senza i pompieri, sono l’11 settembre di chi non è riuscito a trasformare la paura in collante della società e dei valori per i quali viviamo. La ferocia di chi ama la morte, di chi ci uccide e poi ci sfotte perché noi invece amiamo la vita, non ha fatto reagire gli spagnoli come fecero gli americani quel giorno di settembre. Le premesse c’erano, visto che finanche il Monde e Michele Serra avevano scoperto le battaglie per difendere i nostri ideali e la normalità della nostra vita messa in pericolo dai fascisti.
L’emozione dell’11 marzo, invece, ha convinto gli spagnoli a punire chi l’11 settembre non s’era voltato dall’altra parte di fronte ai fascisti-stragisti e ai regimi-nazisti che li sostenevano. Qui non c’entra il pacifismo e il preponderante sentimento anti guerra degli spagnoli, perché senza la carneficina sui treni i medesimi spagnoli avrebbero confermato il governo dei Popolari. Non c’entrano neanche i socialisti, ovviamente. Sono solo gli involontari beneficiari dell’aiutino di al Qaida.
Con la strage è stato posto agli spagnoli un ricatto, cui gli spagnoli in preda al panico hanno ceduto. I fascisti hanno così ottenuto un altro risultato, dopo la mattanza. Ora sanno che con il terrore non solo uccidono i nemici, ma hanno la conferma che riescono a mandare democraticamente a casa chi non gliela vuol dare vinta. Gli spagnoli che tra giovedì e domenica hanno cambiato idea pensano che i fascisti islamici abbiano fatto la strage per punire Aznar dell’aiuto dato a Bush in Iraq, ma contemporaneamente credono che l’Iraq non c’entri nulla con la lotta al terrorismo. Il ragionamento cui sono stati indotti dai fascisti islamici non sta in piedi. Se i fascisti avessero davvero ucciso 200 spagnoli per il contributo di Aznar alla caduta di Saddam, sarebbe la prova, la smoking gun, che aver liberato l’Iraq gli ha ha dato molto fastidio; dimostrerebbe che quella di Bush e Aznar era la strategia giusta, visto che i fascisti islamici si sono così incavolati da aver compiuto una strage proprio in un paese che ha partecipato a Iraqi Freedom, e non in un altro che vi si è opposto.
Chi dice che l’intenzione dei terroristi fosse quella di convincere la Spagna a desistere dall’impegno al fianco di Bush, e poi ne ha seguito l’indicazione di voto, l’ha data vinta a Osama. C’è chi dice che Aznar sia stato punito perché accusando Eta ha cercato di nascondere la responsabilità di al Qaida. E’ possibile, se fosse vero avrebbe sbagliato, ma se lo ha fatto è proprio perché temeva quello che poi è successo, sospettava che la dichiarazione di voto di Osama potesse cambiare il corso delle elezioni. In ogni caso ai fascisti non frega niente degli spagnoli né degli iracheni né degli ebrei. Uccidono per uccidere, ci odiano tutti, francesi e americani, cristiani e islamici. Uccidono ovunque e azionano il detonatore senza informarsi sull’ultima posizione del Triciclo. Hanno ucciso in Turchia, dove il governo aveva impedito il transito delle truppe americane verso l’Iraq. Hanno ucciso in Marocco, in Indonesia e in Arabia Saudita, paesi islamici che non hanno fatto e non volevano la guerra in Iraq. Ogni volta, tutte le volte, sono trenta, cinquanta, centocinquanta vittime colpevoli soltanto di amare la vita così come loro, i fascisti, amano la morte.
La lettera di Al Zarqawi (al Qaida) trovata in Iraq dimostra quanto i fascisti islamici fossero scoraggiati del fatto che, nonostante i 500 soldati uccisi, gli americani non cedevano e non si piegavano. I fascisti islamici speravano nella sindrome del Vietnam, evocavano il ritiro dal Libano, la fuga da Mogadiscio. Erano certi che gli americani alle prime bare avrebbero desistito, che sarebbero tornati a casa. Non è successo, e Zarqawi era davvero seccato. Ma l’Iraq ad Al Qaida serviva davvero, così ha programmato attacchi ai contingenti stranieri, anche ai nostri di Nassiriyah, ma nessuno si è ritirato. Allora ha iniziato a uccidere gli stessi iracheni, per ricattarli così come giovedì è stato fatto con gli spagnoli. Ma la normalità irachena è diversa da quella nostrana, gli iracheni non si sono consegnati all’invasore fascista islamico e sono riusciti a ottenere una Costituzione liberale, per quanto provvisoria.
Quanto è successo in Spagna è un evento peggiore dell’11 settembre, perché abbiamo dato ai terroristi la speranza che la risposta europea possa essere quella di girarsi dall’altra parte, di lavarsene le mani, di sperare di toglierci dall’impiccio e di pregare che così facendo i fascisti se la prendano con gli altri, con i nostri vicini, con quelli a cui dobbiamo la nostra cinquantennale normalità. Tutto questo, oltre che inutile, ci riporta a Monaco, al 1938, quando l’Europa dei "fascipisti", come li chiamò George Orwell, credette che con le buone maniere Hitler si sarebbe accontentato. Non si accontentò, e ci salvammo solo grazie all’arrivo della Cavalleria. Chissà se stavolta arriverebbe ancora.
16 Marzo 2004