Camillo di Christian RoccaBush fa flip flop (e dimentica FDR)

Nelle ultime settimane gli strateghi di George Bush hanno avuto gioco facile a ritrarre John Kerry come un flip-flopper, una specie di banderuola che per non scontentare nessuno tende a prendere tutte le posizioni possibili (sì-no-stiamo a vedere) su ogni questione al centro del dibattito politico. La campagna di spot sulle indecisioni di Kerry ha funzionato. Bush è tornato in testa nei sondaggi con l’azzeccato slogan: "Una leadership salda in un’epoca di grandi cambiamenti". Solo che ora i grandi cambiamenti riguardano, tutti i giorni, proprio le decisioni dell’Amministrazione, e sono così repentini e ripetuti che la leadership, improvvisamente, appare meno salda del solito. Bush è diventato un flip flopper nella gestione della Commissione di indagine sull’11 settembre. Avrebbe dovuto essere una passeggiata per Bush, invece sta accadendo il contrario. Degli autori dell’attacco, di bin Laden e soci, quasi non frega niente a nessuno, i giornali si appassionano alle eventuali responsabilità dell’Amministrazione che, per quanto possa aver sottovalutato il pericolo terrorista, era al posto di comando soltanto da sette mesi e mezzo, a differenza dei clintoniani che hanno avuto 8 anni per sconfiggere al Qaida.
Bush non sta reggendo il ricatto mediatico che gli impone di rendere pubblici documenti e informazioni che la campagna antiterrorismo vorrebbe tenere riservati. Non è riuscito a mantenere "saldo" il veto posto alla testimonianza di Condoleezza Rice. La stessa cosa è successa per i documenti di Clinton e la decisione di trattenere le pagine con informazioni "altamente sensibili" è stata ribaltata dopo 24 ore. Certo, non è facile gestire l’impero americano, specie in campagna elettorale. Ma Bush avrebbe fatto meglio a seguire l’esempio di Franklin D. Roosevelt, il quale fu a sua volta accusato di aver sottovalutato le minacce giapponesi. FDR evitò i guai di Bush rinviando l’inchiesta al dopoguerra e cacciando il capo della flotta del Pacifico, l’uomo che nella catena di comando era il responsabile di Pearl Harbor. "Decisioni spietate ma da statista", ha scritto John O’Sullivan. Messo da parte il teatrino di Washington, l’America si concentrò sulla guerra per sconfiggere il suo nemico.