Le bugie di Furio Colombo
Domenica
il direttore dell’Unità ha partecipato a un forum
su Radio Radicale con Marta Dassù ed Emma Bonino. Ne ha
dette di ogni, ed era poco informato. Ma quando, tra le tante
obiezioni, Marta Dassù, certo non una pericolsa estremista
di destra, gli ha detto che Bush era stato eletto su una piattaforma
di politica estera di disimpegno e isolazionista e che solo l’11
settembre lo convinse a impegnarsi in quel modo in Medio Oriente,
Furio Colombo ha preso la parola per urlare, indignato, che non
era vero. Secondo lui, e lo diceva con la passione di chi, diciamo,
procede a braccio, Bush voleva fare la guerra all’Iraq fin dal
giorno successivo all’elezione, e quindi molto, molto prima dell’11
settembre. (Non cito tra virgolette, ma le parole sono queste).
La prova, ha continuato Colombo, è il libro non smentito
di Dick Clarke, l’ex capo dell’anti terrorismo, che ha
detto Colombo racconta la scena di un Bush che si aggira
per la situation room, pochi giorni dopo le elezioni, chiedendo
a Clarke prove e indizi sul legame Iraq-Al Qaida al fine di attaccare
Saddam.
Ovviamente è falso, non la ricostruzione di Clarke, ma
quella di Colombo. Clarke racconta quella scena e la inquadra
nella notte tra il 12 e il 13 settembre del 2001, cioè
pochi giorni dopo l’11 settembre, non pochi giorni dopo l’elezione
di Bush come ha raccontato Colombo. Tra l’altro basta aver letto
il libro, Against all enemies, o ascoltato le audizioni di Clarke
al Senato, e non aver solo orecchiato o magari letto l’Unità
– chissà, per sapere che le modalità dell’episodio
ricostruito da Colombo erano impossibili. Una delle accuse di
Clarke al presidente, infatti, è quella di non avergli
mai concesso, prima dell’11 settembre, la possibilità
di parlargli direttamente, se non una volta ma su un argomento
diverso da Al Qaida.
Addirittura, continua Clarke nel libro, neanche Condi Rice lo
riceveva, ma delegava al suo vice il tema del terrorismo islamico.
Colombo ha imbrogliato, come quando scrisse che la risoluzione
1511 aveva tutti i verbi al futuro e al condizionale. Dico che
ha imbrogliato perché certo non lo si può accusare
di non conoscere l’inglese. Eventualmente, ora il libro è
uscito anche in italiano, da Longanesi, e l’episodio è
raccontato a pagina 48.
31 maggio
Victor Davis Hanson sul mancato uso della forza
30/31 maggio
Emma Bonino ha un sito (ed è bello)
30/31 maggio
I fascisti islamici sgozzano un italiano, i diessini accusano Frattini e il governo.
Che pena.
Si credono i Migliori, superiori antropologicamente, ma sono
il peggio di questo paese, peggiori degli incapaci al governo.
Sono sempre stati dalla parte sbagliata, hanno sostenuto i carri armati sovietici, gli sgozzatori vietcong, i genocidi Khmer rossi, le rivoluzioni culturali cinesi, le esecuzioni castriste, i terroristi palestinesi, i terzomondisti assassini, gli affamatori dei popoli.
Erano contrari alla Nato, all’Europa, all’America, finanche alle autostrade e alla tv a colori (non è uno scherzo: era la politica di Berlinguer), credevano che il divorzio fosse una sovrastruttura borghese. Sono stati il fattore di conservazione della società italiana, dalle loro idee è nato il partito armato rivoluzionario che ha insanguinato l’Italia negli anni Settanta e Ottanta e Novanta e fino a Biagi e D’Antona. Hanno creato, con la Dc, il debito pubblico italiano (l’80 per cento delle leggi di spesa italiane ha avuto il voto del Pci). Hanno sempre sostenuto le leggi speciali di polizia, i teoremi giudiziari, le manette e il carcere come strumenti di lotta politica, a Padova, come a Palermo, come a Milano.
Non ne hanno mai azzeccata una, non dicono”beh, forse in quell’occasione ci siamo sbagliati”, piuttosto cancellano, rimuovono e, contemporaneamente, rivendicano quella tradizione. (C’è un’eccezione: Fassino, di recente, ha riconosciuto, venti anni dopo, che Berlinguer aveva torto – ma allora non lo disse). La cosa grave è che c’è ancora qualcuno che li segue, che crede siano seri, che ci casca, che cade vittima della loro arrogante sicumera di essere, nonostante tutte le balle e gli orrori che hanno propagandato, i Migliori. Maddeche?
PS
Questo testo non contiene la parola Mitrokhin, quindi non è
attribuibile a Paolo Guzzanti.
31 maggio
La strategia di Kerry sull’Iraq
Secondo il Washignton Post, nel primo editoriale di oggi, è uguale a quella di Bush:
Mr. Kerry is resisting the temptation to distinguish himself from President Bush with bold but irresponsible proposals to abandon the mission (…)
Nor has he adopted the near-hysterical rhetoric of former vice president Al Gore, who has taken to describing Iraq as the greatest strategic catastrophe in American history (…)
Mr. Kerry is in the process of setting out what looks like a sober and substantial alternative to Mr. Bush’s foreign policy, one that correctly identifies the incumbent’s greatest failings while accepting the basic imperatives of the war that was forced on the country on Sept. 11, 2001.
Mr. Kerry reiterated one of the central tenets of Mr. Bush’s policy: Lawless states and terrorists armed with weapons of mass destruction present “the single greatest threat to our security.” He said that if an attack on the United States with unconventional weapons “appears imminent . . . I will do whatever is necessary to stop it” and “never cede our security to anyone” — formulations that take him close to Mr. Bush’s preemption doctrine. (…)
The emerging Kerry platform suggests that ultimately he would adopt many of the same goals as Mr. Bush (…)
Like Mr. Bush, embraced elections and the training of Iraqi security forces as the best way forward. His proposal for a U.N. high commissioner represents a slight upgrade on the deference already given by the White House to U.N. representative Lakhdar Brahimi; his call for a NATO-led military mission already has been aggressively pursued by the Bush administration, with poor results. (…)
Mr. Kerry’s argument is that he has a better chance of making it work. It’s not a bold offer to voters — but it’s probably the right one.
Camillo ne aveva già parlato qui. Lo avete trovato, per caso, da qualche altra parte?
30 /31 maggio
I disfattisti antiamericani (quelli che, per carità, noi non siamo antiamericani ma anti Bush)
Ora
lamentano che il nuovo, possibile, premier iracheno sia troppo vicino agli americani e sostenuto dalla Cia. Sono gli stessi che dicono peste e corna del leader liberale dell’Iraqi National Congress, Ahmed Chalabi, e hanno esultato quando la missione anti Chalabi è stata compiuta. Sono gli stessi che non sanno che Iyad Allawi, il premier designato, era l’avversario numero 1 di Chalabi. Insomma se uno è osteggiato dalla Cia non va bene, se il rivale è sostenuto dalla Cia non va bene lo stesso. E’ la solita storia: qualsiasi cosa facciano
gli americani non va bene. Si chiama antiamericanismo.
30 /31 maggio
Gran dibattito sulla guerra preventiva, anzi precauzionale
Il Los Angeles Times ospita due interventi, seri non le chiacchiere spinellesche o caracciolesche o piranesche o scalfaresche, che si leggono in Italia, uno di Gary Schmitt, e un altro di Daalder
e Lindsay (Un neocon e due liberal).
30 /31 maggio
Promuovere la democrazia non sarà il mio obiettivo principale
Lo
ha detto John Kerry al Washington Post:
“Sen. John F. Kerry indicated that as president he would play down the promotion of democracy as a leading goal in dealing with Pakistan, Saudi Arabia, Egypt, China and Russia, instead focusing on other objectives that he said are more central to the United States’ security”. Onore a Kerry per aver fatto capire bene quale sia la situazione. Oggi in America, sia destra sia sinistra vogliono combattere la guerra al terrorismo, ma Bush crede che la migliore strategia sia quella di liberare i paesi mediorientali dalla dittature, a Kerry invece non importa niente dei diritti dei popoli mediorientali sottomessi e propone una politica estera interventista simile a quella di Kissinger e diversa da quella clintoniana.
Ecco perché io non lo voterei, nonostante abbia anche detto che “The idea of America is, I think proudly and chauvinistically, the best idea that we’ve developed in this world”.
Se vince Bush sarò molto contento, perché per altri 4 anni ci sarà un presidente che ha come obiettivo principale la sconfitta del terrorismo attraverso l’esportarzione della libertà e della democrazia. Se vince Kerry, invece, sarò lo stesso contento, perché avrà pur sempre vinto
un americano.
30 /31 maggio
No desecreteran
Dopo la sconvolgente inchiesta del quotidiano El Mundo, ignorata dalla stampa internazionale, secondo cui nella gestione dell’11 marzo a imbrogliare non fu il governo di Aznar ma i servizi segreti spagnoli che avvertirono i socialisti di Zapatero, e solo dopo il governo, di aver trovato le prove della matrice islamica dell’attentato, ora è successo che il governo Zapatero, eletto grazie all’attentato e alla campagna verdad y paz, abbia deciso di mantenere il segreto di Stato e di non desecretare quei documenti. Scandalo? No, non
se ne è occupato nessuno, tranne Il Foglio di oggi.
29 maggio
Come salvare l’Iraq
Cinque soluzioni su New Republic. Le ultime tre le più convincenti: VDH, Michael Rubin, Hassan
Fattah.
29 maggio
I liberal della Brookings (clintoniani) non sanno che pesci pigliare
29 maggio
I falchi clintoniani, invece, consigliano Kerry e gli dicono di non inseguire i sondaggi “pacifisti”.
29 maggio
Il discorso integrale di Kerry sulla politica estera preventiva e multilaterale che farà se fosse eletto presidente
29 maggio
Quelle foto siamo noi
L’originale del (brutto) saggio di Susan Sontag pubblicato oggi dall’Espresso si intitolava “Quelle foto siamo noi” ed è uscito sul magazine del New York Times la settimana scorsa. L’Espresso delle bufale, ovviamente, ha usato un altro titolo, ché “quelle foto siamo noi” si sarebbe tirato dietro un bel “avete ragione, siete falsi”.
Il saggio è fatto a pezzi da Andrew Sullivan quasi riga
per riga.
29 maggio
“I will fight for the right to leave in freedom”. “Yesterday”, però.
Paul McCartney ricambia idea sulla guerra al terrorismo
29 maggio
E’ il 5 maggio
della Roma
28 maggio
Coalition of the able
Kerry copia conforme dei neocon: supremazia militare per prevenire
che Stati fuorilegge acquisiscano le armi di sterminio
Il Foglio, 28 maggio
Noi vorremmo anche poterla apprezzare, l’Opera
Editoriale del Foglio, 28 maggio
Capezzone,Mecacci e i radicali (ancora) sul Washington Times
28 maggio
Prodi go home
“La ‘performance’ offerta da Romano Prodi come presidente della Commissione europea è stata disastrosa. L’ex primo ministro italiano era l’uomo sbagliato per questo incarico. Non ha dato prova né dell’ampiezza di visione né della cura per i dettagli necessarie per uno dei ruoli esecutivi più impegnativi che esistano. Manager incapace, non ha nemmeno dimostrato capacità comunicative e è caduto in numerosissime gaffe [] Fa campagna elettorale contro lo spirtio e la lettera dei Trattati. Prodi dovrebbe ora fare un gesto onorevole e rassegnare le dimissioni”.
(Dal Financial Times, 27 maggio 2004)
28 maggio
Ridere dell’11 settembre
Y. B. scrive bene, ma è un grosso stronzo
Il Foglio, 27 maggio
La delusione dei democratizzatori
Ritirata strategica o solo tattica?
Il Foglio, 27 maggio
Ci vuole del genio
Carlo Rossella ha dedicato il suo nuovo libro, Grand Hotel,
“a Diego della Valle”.
27 maggio
Tornano le tragicomiche avventure di Mauro of Manhattan
No sex in the city di Mauro Suttora, sempre più international, sul New York Observer (giornale dove nacque l’epica di Sex and City): quando alle ragazze di New York dice che lavora
a Oggi, quelle capiscono “Orgy” e si spaventano.
27 maggio
Il cambio di rotta risale a otto mesi fa
Bush si affida a Onu e iracheni (e imbriglia Kerry)
Il Foglio, 26 maggio
Del think tank di Michele Boroni e di un regalo che Luca Sofri dovrebbe fare a David Byrne
Re: no subject
GQ, giugno 2004
Bravi riformisti
Il Riformista bacchetta D’Alema
26 maggio
Bravo Riotta
26 maggio
La forza, il caso Falluja, Brahimi e Chalabi
Il Foglio, 25 maggio
L’alleanza delle dittature contro i radicali (e l’asse delle democrazie)
Il Foglio, 25 maggio
Euroghost – Un fantasma si aggira per l’Europa: l’Europa
Il 5 giugno esce un bel libro di Daniele Capezzone. Sul Foglio di oggi un’anticipazione della risposta europea al saggio di
Robert Kagan.
25 maggio
Blix dixit
“Sbaglia chi pensa che l’Onu possa sostituire l’America e guidare il paese alla stabilità”.
Hans Blix
(intervista alla Stampa, 24 maggio)
25 maggio
Il testo della bozza di risoluzione Onu (preparata da americani e inglesi)
Notare che al punto 6, quello sulla forza militare che dovrà mantenere l’ordine e la sicurezza, dice: “Reaffirms the authorization for the multinational force under unified command established under resolution 1511”.
Riafferna l’autorizzazione alla forza multinazionale sotto il comando unificato stabilita dalla risoluzione 1511.
L’Onu c’era già e aveva già autorizzato i contingenti militari. Chi, da ottobre 2003, non rispetta l’Onu è chi non ha inviato truppe giustificandosi, e truffando la gente,
perché sarebbe mancata l’autorizzazione dell’Onu.
25 maggio
Io, Nicole Kidman e Mauro Suttora su Newsweek
24 maggio
La prova delle bugie di Eugenio Scalfari
L’editoriale di oggi è esemplare dello stile manipolatorio di Repubblica. Non ha mai dato peso al ruolo svolto dall’Onu in Iraq. L’ha quasi sempre nascosto. Ora che è palese, ora che Berlusconi lo ha ricordato in diretta tv e in Parlamento e ora che Brahimi sta scegliendo il nuovo governo, Scalfari e Repubblica sostengono improvvisamente che si sa da tempo che l’Onu è in Iraq (“In un certo senso l´Onu è già in Iraq”), e lo sostengono, ovviamente, per spiegare che quella annunciata da Berlusconi non è una svolta. (Questo lo sostengo anch’io, perché la svolta c’è stata con la risoluzione 1511, a ottobre dello scorso anno, come riconobbero, prima di dimenticarsene per motivi di bassa propaganda sia Fassino sia D’Alema). La bugia di Scalfari si concretizza quando scrive che “da oltre due mesi le date per l´insediamento del governo provvisorio e per le elezioni nel gennaio 2005 sono arcinote”. Balla. Quelle date sono state fissate il
15 novembre del 2003
Con un accordo, siglato per imposizione della risoluzione 1511 dell’Onu, da tutti i partiti iracheni e dagli alleati. Sulla base di quell’accordo che prevedeva, appunto, il passaggio dei poteri il 30 giugno e le elezioni entro marzo 2005, è stata approvata la costituzione provvisoria. A dicembre Al Sistani ha chiesto di anticipare il voto, e lo ha chiesto all’inviato dell’Onu Brahimi, il quale è andato in Iraq e ha detto che, secondo l’Onu, non si poteva votare prima del gennaio 2005 (data peraltro prevista dalla costituzione provvisoria). Questi fatti sono ancora del dicembre 2003 e il processo è iniziato a settembre, quando gli americani sono tornati all’Onu. Repubblica non ha raccontato queste cose, se non nascondendole o storpiandole. Scalfari prima le ha ignorate, ora che si arriva al dunque le posticipa di sette mesi. Delle due l’una: o imbroglia
oppure è vittima della disinformazione di Repubblica.
23 maggio
I falchi liberal: “Ci vuole un’alleanza delle democrazie”
Ivo Daalder e James Lindsay sul Washington Post
23 maggio
L’inglese Christopher Hitchens spiega agli americani perché gli europei adorano Michael Moore
“They think Americans are fat, vulgar, greedy, stupid, ambitious and ignorant and so on. And they’ve taken as their own, as their representative American, someone who actually embodies all of those qualities”.
PS
Michael Moore è un bugiardo. Stavolta non è Luca Sofri a dimostrarlo (a proposito di
Bowling for Columbine) ma è Fred Barnes del Weekly Standard.
23 maggio
SPECIALE CHALABI
Ledeen spiega la guerra della Cia e del Dipartimento di Stato a Chalabi
23 maggio
La guerra di Bremer a Chalabi
Naturalmente aveva ragione Chalabi.
23 maggio
Chalabi raccontato sine ira ac studio
Finalmente anche sul New York Times. E’ stato l’unico che per anni s’è battuto per la liberazione da Saddam. Poi gli americani gli hanno fatto la guerra, altro che favorito.
PS
L’ultima accusa, quella di aver passato informazioni di intelligence agli iraniani, è ridicola se parte da chi, fin qui, ha
spiegato che Chalabi fornisce solo notizie false.
23 maggio
Le foto delle torture
Sono
sempre più brutali, ma abbiamo tutti notato che gli aguzzini sono sempre gli stessi. Se fosse confermata l’ultima notizia, cioè che la gran parte di quelle foto siano state scattate in un unico giorno, l’8 novembre, lo scandalo sarebbe meno scandaloso di quanto appaia. Pare che quella fu una reazione di un giorno alla settimana più dura, in termini di vittime, per i militari americani. E che quella dell’8 novembre sia stata una rappresaglia di pochi. Non giustificabile, ovviamente. Ma, se fosse confermata, testimonia che sarebbe un caso isolato, non una pratica per far parlare i detenuti (cosa che peraltro non funziona). Speriamo che sia così, anche se per gli
antiamericani farà lo stesso.
23 maggio
Ottimo pezzo di New Republic (liberal) sui conservatori
Con
una divertente divisione tra i neocon, che non sono
una cosa sola come ho scritto centinaia di volte.
23 maggio
Foto corrotta, direttora inetta
L’Espresso, come previsto, non ha rettificato.
Il Foglio, 22 maggio
Chalabi raccontato sine ira ac studio
Finalmente anche sul New York Times. E’ stato l’unico che per anni s’è battuto per la liberazione da Saddam. Poi gli americani gli americani gli hanno fatto, altro che favorito.
PS
L’ultima accusa, quella di aver passato informazioni di intelligence agli iraniani, è ridicola se parte da chi, fin qui, ha
spiegato che Chalabi fornisce solo notizie false.
22 maggio
I refusi
Camillo è spesso pieno di refusi, se non fosse per Giovanni
ce ne sarebbero molti di più. Grazie
22 maggio
Pulizie di primavera
Rolli cambia per l’ennesima volta indirizzo, ora è qui. (Basta, please). Leibniz ha cambiato da poco. Rudy Belcastro ha cambiato pure lui. Capperi è nuovo, con Carduccio al comando. Luigi
Castaldi se n’è fatto uno tutto suo. Datevi una calmata.
22 maggio
Il migliore dei libri possibili, a eccezione di tutti gli altri
Il libro di Massimo Fini contro la democrazia
Il Foglio, 21 maggio
Kabul e Baghdad
Appunti su due foto
Vanity Fair, 21 maggio
Quando voleva fa’ l’amerikano
“Noi ci sentiamo, con l’Europa, a fianco degli Stati Uniti: non solo perché alleati in un’alleanza che si è cementata nel corso di una lunga storia durante la quale per ben due volte, nella prima e nella seconda guerra mondiale, gli americani hanno versato il loro sangue per la pace e la libertà del nostro continente, ma anche perché sentiamo minacciati ed offesi i valori comuni (…) Anche allora si disse che la forza non avrebbe aperto la strada alla pace, ma poi è venuta la pace e si è aperta la strada anche alla democrazia”.
Massimo D’Alema
(Camera dei deputati, 1999)
Il Foglio, 21 maggio
Capitale: asterisco
La capitale d’Israele è *, un asterisco. Secondo il sito ufficiale delle Olimpiadi di Atene, Gerusalemme non è la capitale dello Stato ebraico. L’asterisco rimanda a una nota a pie’ di pagina che invita “a consultare il sito internet delle Nazioni Unite per ulteriori informazioni riguardo alla capitale di Israele”. Gerusalemme risultava, invece, capitale della Palestina ma dopo le proteste israeliane è scomparsa
anche dalla pagina palestinese. Ed è spuntato l’asterisco.
Vanity Fair, 21 maggio
Il Foglio ha la bozza del nuovo piano sul Medio Oriente che Bush, dopo aver ascoltato i consigli di europei e paesi arabi, presenterà al G-8
Già il 7 maggio il Foglio anticipò
i contenuti, ora ne racconta i dettagli
Il Foglio, 20 maggio
Irruzione americana nella casa e nella sede di Ahmed Chalabi
Se gli americani usassero contro i fascisti di Saddam la stessa risolutezza che usano contro il leader liberale dell’Iraqi national congress, Ahmed Chalabi, forse oggi l’Iraq starebbe molto meglio.
20 maggio
“Most of us are biologically hard-wired for heterosexuality”
Max Boot, analista neocon, spiega alla destra perché perderà
la sua retrograda crociata contro i matrimoni gay. Sul Los Angeles
Times e sul Financial Times
20 maggio
Osservatorio quotidiano sul ritiro/3
Svolta: le sinistre ritirano le mozioni sul ritiro. Ora ce n’è una soltanto, non più sul ritiro ma sul “rientro”. Finalmente sono tutti d’accordo (ma alcuni deputati si sono, diciamo, ritirati) su una mozione di tre righe che consente di marciare uniti e, contemporaneamente, anche separati sul ritiro,
pardon sul rientro.
20 maggio
L’agonia di Darfur è una vergogna mondiale
Emma Bonino e il neocon inglese William Shawcross sul financial Times
20 maggio
Consigli a Silvio Berlusconi
Per il suo discorso di domani alla Camera.
19 maggio
Contro Saddam c’erano Onu e paesi arabi, ma il Pci diceva: “Ritiriamoci”
Rileggendo gli atti parlamentari del 1990/91
Il Foglio, 19 maggio
Partono gli spot in arabo sui vantaggi della democrazia
Era ora. Funzioneranno?
19 maggio
Osservatorio quotidiano sul ritiro/2
D’Alema ha detto che la loro posizione sul ritiro “è chiara da un anno”. E’ vero, da un anno è chiaro che non si capisce quale sia. Oggi è il giorno di un fantomatico “preambolo” unitario che invochi il ritiro e di “tre righe” che lo dicano chiaramente. Siccome la posizione è chiara da un anno, chiaramente lista unitaria e resto della sinistra, pur concordando sul ritiro, concordano di non poter firmare una chiara presa di posizione, foss’anche un preambolo, fossero anche tre righe, sul ritiro. Pare ritirata, invece, la richiesta a
Berlusconi di licenziare Rumsfeld, tanto quello non si ritira.
19 maggio
Sarin e i 5 no
William Safire sul New York Times
19 maggio
Bufale e i bugiardi mentitori che le spacciano
Il Foglio, 18 maggio
Osservatorio quotidiano sul ritiro/1
Oggi la sinistra italiana è unita per il ritiro, ma divisa da due mozioni che, pur diverse, dicono la stessa cosa: ritiro. I sostenitori delle due mozioni dicono che le due posizioni sono diverse, i sostenitori dell’unica mozione dicono che la posizione è la stessa. Questi ultimi, oltre al ritiro, auspicano che i sostenitori della seconda mozione, uguale ma differente, ritirino la loro mozione differente ma uguale. Per averne una sola che dica chiaramente: ritiro. I sostenitori della seconda mozione, rebus sic stantibus, non la ritirano manco per niente ma potrebbero ritirarla qualora dall’incontro tra Berlusconi e Bush non emergesse una svolta, una qualsiasi (tanto, in ogni caso, restano favorevoli al ritiro, salvo altra svolta da richiedere e poi ritirare). Se dall’incontro non emergesse niente di nuovo, i triciclisti non ritireranno la mozione. Ma poco importa: perché come quell’altra, anche questa mozione chiede il ritiro. Quanto all’Onu, invocato per mesi e finalmente all’opera per nominare il governo iracheno: che si fotta. E che si ritiri, ché qui dobbiamo ritirarci.
18 maggio
Armi
Camillo non si è mai appassionato al tema delle armi di distruzione di massa, se non dal punto di vista della violazione delle risoluzioni Onu (la battaglia è per la democrazia, stupid). Ma oggi – all’improvviso – si sono lette due cose. La prima: in Iraq è stata trovata una bomba con gas nervino. Pare che due soldati della coalizione siano in ospedale. La seconda: in un’intervista il re di Giordania conferma che Zarqawi, il terrorista giordano che guida il jihad in Iraq, aveva organizzato un attentato con cinque bombe cariche con venti tonnellate
di armi chimiche.
17 maggio
In Iraq i fascisti islamici hanno ucciso un soldato italiano e il capo del governo provvisorio iracheno.
Gli assassini non sono resistenti, sono fascisti. Sono membri della brigata Mahdi di Moqtada Al Sadr. Vogliono cacciare gli americani perché temono che arrivi la democrazia. Vogliono istituire una teocrazia islamica sul modello iraniano. Ovviamente queste cose sui giornali italiani non vengono scritte, oppure vengono nascoste. L’assassinio del capo del governo provvisorio, leader sciita al sud dell’Iraq, non è stato rivendicato. Potrebbero essere stati sia gli uomini di Moqtada, sia gli affiliati di Al Qaida, sia gli sgherri del dittatore. Hanno tutti lo stesso progetto politico: far fallire la democrazia in Iraq, voluta dagli americani, dalla maggioranza degli iracheni e dai leader
religiosi e politici sciiti.
17 maggio
L’unica posizione realista è la democrazia
Primo editoriale del Washington Post
17 maggio
Mi faccio due uova
Da Norma, sulla west 57esima di New York, una frittata costa 1.000 (mille) dollari. Nessuno l’ha ancora ordinata. Ma ce ne
è anche una versione economica da cento dollari.
17 maggio
The Kerry Springer show
Il fighettismo di sinistra ha sempre trattato e definito Jerry Springer come uno schifoso, viscido, orribile, mostruoso, simbolo dell’America per male eccetera. Bene. I Democratici dell’Ohio lo hanno scelto come delegato alla Convention del partito democratico che a Boston incoronerà John Kerry.
17 maggio, ore 0:04
Clamoroso
L’addetto stampa di Colin Powell ha spostato la telecamera di Meet the Press che stava inquadrando Powell mentre il conduttore Tim Russert stava facendo una domanda tostissima al Segretario di Stato. Secondo l’ufficio stampa era semplicemente scaduto il termine fissato con Meet the Press e Powell avrebbe dovuto fare subito una intervista con un’altra tv prima della fine del collegamento satellitare.
17 maggio, 0:03
“Un certo allarme”
“Mentre si discute tanto di questo famoso fattore K, si sta diffondendo in giro la sensazione che il 3 giugno uno dei fatti nuovi sarà un successo elettorale importante del partito radicale. I pannelliani nella precedente tornata del 1976 ebbero l’1,3% dei suffragi e quattro deputati. Fino a qualche giorno fa era convinzione comune degli esperti che questo pacchetto di voti dovesse raddoppiare e già l’ipotesi suscitava un certo allarme. Ma ora si comincia a parlare addirittura di un 5% se non di più e di un gruppo di deputati superiore ai 20. L’allarme cresce: una Camera con 20 deputati radicali potrà ancora funzionare?”.
Eugenio Scalfari, 1 maggio 1979
16 maggio
I neocon si portano ancora?
Assaliti dalla realtà della guerra in Iraq sono sotto
assedio ma la loro politica resta la carta in mano a Bush
Il Foglio, 15 maggio
Guru della sinistra e Nobel per la Pace spiega alla sinistra e ai pacifisti due o tre cosette
Il Foglio, 15 maggio
Radiate Michelangelo Merisi
Il Foglio oggi pubblica in ultima pagina una sequenza di dipinti
di Caravaggio. Su liberopensiero un assaggio.
Il Foglio, 15 maggio
Dell’inutilità dell’Ordine dei giornalisti
Ieri lo ha confermato aprendo un procedimento contro Il Foglio e Libero rei di aver pubblicato la foto di Nick Berg. Nessuno, ovviamente e giustamente, ha aperto procedimenti quando è stata pubblicata, ogni giorno e più volte, la foto dell’iracheno morto spappolato e messo sotto ghiaccio. Berg no, l’iracheno sì. Pearl e Quattrocchi no, le vittime della guerra americana sì. Non c’è altra spiegazione che l’antiamericanismo. Peccato che il referendum contro l’ordine non ebbe il quorum. L’ordine è uno dei residui del nostro passato fascista. E’ inutile, anzi dannoso. L’altro giorno le pagine di cultura di Repubblica per illustrare una pagina sull’Olocausto hanno scelto la foto del detenuto iracheno incappucciato.
14 maggio
Rumsfeld ad Abu Ghraib
Il Foglio, 14 maggio
Perché
Il Foglio è il miglior giornale italiano. Un articolo come questo sulla Russia è difficile trovarlo ovunque. Quest’altro, splendido, è tradotto e acquistato dal
Daily Telegraph.
Il Foglio, 13 maggio
Qui si sta con Mughini
Il Foglio, 13 maggio
Le nostre torture, storia di uno scandalo finito all’italiana
Il Foglio, 13 maggio
Il nuovo libro di Massimo Teodori
13 maggio
Non c’è stato nessun ordine
Dice il generale Taguba al Senato.
Ps
La ricostruzione dei giornali italiani fa ridere: fa intendere il contrario. L’unica cronaca perfetta, al solito, è quella di Alberto Flores D’Arcais su Repubblica, rovinata e nascosta,
al solito, dal titolo che gli ha fatto Repubblica.
12 maggio
Solo Il Giornale
Gian Micalessin è stato l’unico a dare la notizia della manifestazione sciita nella città santa di Najaf contro i fascisti islamici di Al Sadr. Questo episodio spiega tutto.
PS
Anche Avvenire ha dato la notizia.
12 maggio
Radio Radicale
12 maggio
I veri resistenti di Najaf
Hanno marciato ieri, nella città santa, contro il fascistello
islamico Al Sadr che non vuole un futuro democratico per l’Iraq.
Per Camillo è una notizia ovvia, ma come mai i siti italiani
che raccontano di una sollevazione popolare degli sciiti, addirittura
in alleanza con i sunniti, non ne scrivono una riga?
11 maggio
Bush oscilla
E Zogby predice la vittoria di Kerry
Il Foglio, 11 maggio
Al direttore
Massimo D’Alema a Otto e mezzo ha detto che Lilli Gruber sarà un’ottima parlamentare europea perché, tra l’altro, “sa le lingue”. E’ pronta per la merchant bank, diciamo.
Christian Rocca
Il Foglio, 11 maggio
La furia dei revisionisti
Editoriale del Foglio
11 maggio
Il 69 per cento degli americani sta con Rumsfeld
(e anche il 58 per cento dei Democratici)
11 maggio
“Noi siamo uomini, loro delle bestie feroci”
Finale dell’editoriale del comunista Sandro Curzi su Liberazione.
10 maggio
Il punto
Gli errori politici, le indecisioni militari, l’incapacità di fornire sicurezza a Baghdad e nel triangolo sunnita, e infine i vergognosi casi di tortura hanno creato le condizioni perché la maggioranza degli iracheni, quella che non si oppone armi in pugno alla democrazia, abbia perso fiducia nella coalizione. Contemporaneamente, i realisti di destra e di sinistra riprendono forza e spiegano che c’è da accontentarsi di un obiettivo meno ambizioso: non più la democrazia, ma la stabilità.
Le vittime, ovviamente, sarebbero gli iracheni.
10 maggio
Zuccopycat
Oggi scrive che secondo l’editorialista neocon del Washington Post, Charles Krauthammer, il comportamento delle soldatesse nel carcere è da attribuire “alla liberazione femminile”. Ovviamente non è vero, è falso. Krauthammer non ha scritto questo, ha scritto il contrario, ha scritto che per i fondamentalisti che non riconoscono i diritti delle donne quelle foto sono, per loro, la prova delle paure fondamentaliste sulle libertà occidentali.
Zuccopycat, nello stesso articolo, ne fa un’altra. Scrive che improvvisamente i neocon, “per non restare a reggere il cerino”, criticano l’Amministrazione e “invitano Bush a scaricare una politica sbagliata (Rumsfeld?)”. Zuccopycat fa finta di non sapere, ma forse – davvero – non lo sa, che il Kristol da lui stesso citato chiede le dimissioni di Rumsfeld
ogni settimana, da un anno (E senza punto interrogativo) .
10 maggio
Trovare un modo in Iraq
Dall’Editoriale del Washington Post: “E’ impossibile calcolare il danno alle prospettive americane in Medio Oriente in Iraq causate dal maltrattamento dei detenuti iracheni.
Ma l’obiettivo di un Iraq libero e pacifico resta vitale come sempre. E resta altrettanto vero che un fallimento in Iraq sarebbe una catastrofe per l’Iraq e i suoi interessi e, vittoria per
gli estremisti islamici e i terroristi.
10 maggio
“Strategicamente stiamo perdendo”dice il generale Usa Charles H. Swannack Jr.
Commander of the 82nd Airborne Division dice che a livello tattico gli Usa stanno vincendo, ma alla domanda del Washington Post se, invece, stessero perdendo, ha risposto: “I think strategically,
we are”.
10 maggio
Bush e Kerry concordano su molte cose
Titolo di un’inchiesta del Washington Post sulle posizioni, quasi sempre convergenti, dei due candidati alla Casa Bianca
10 maggio
David Brooks sul New York Times
“I wish the U.S could still go off, after Iraq, at the head of “coalitions of the willing” to spread democracy around the world. But the brutal fact is that the events of the past year have discredited that approach. Nor is the U.N. a viable alternative. A body dominated by dictatorships is never going to promote democratic values. For decades, the U.N. has failed as an effective world power.
We’ve got to reboot. We’ve got to come up with a global alliance of democracies to embody democratic ideals, harness U.S. military power and house a permanent nation-building apparatus, filled with people who actually possess expertise on how to do this job”.
9 maggio
Mi chiedo
Perché, dopo il 9 di aprile, gli americani non hanno raso
al suolo Abu Ghraib?
9 maggio
Per dire
Israele nomina un cittadino arabo come giudice della Corte Suprema
8 maggio
Pornografia per guardoni globali
Editoriale del Foglio
8 maggio
Fire Bill & Kill Rumsfeld
Sentita ieri a Rainews24 da una interprete che traduceva in diretta la contestazione dei pacifisti che urlavano FIRE RUMSFELD interrompendo l’audizione del segretario della difesa:
“Fire Rumsfeld, cioè colpite, uccidete Rumsfeld”
8 maggio
La difesa di Rumsfeld
Il Foglio, 8 maggio
Ecco il nuovo piano di Bush per il Medio Oriente
Il Foglio, 7 maggio
Crisis? What Crisis? (Supertramp)
La bistrattata economia di Bush ha fatto guadagnare seicentomila posti di lavoro in due mesi. Domani Paul Krugman ci spiegherà
che, in realtà, siamo al disastro.
7 maggio
Copioni
New Republic e National Review lanciano il sito opinion
duel, scambi di mail tra gli editorialisti delle due riviste.
Come renosubject.
7 maggio
“Chi minchia è Cattelan?”
Si
parla molto dell’ultimo colpo di Cattelan a Milano. Per sapere
chi è ecco un’intervista che gli feci tre anni fa su Max.
7 maggio
“Per ragioni di spazio”
Copertina dell’Espresso: “Le mille bugie di Berlusconi”. Nell’articolo di Gomez/Travaglio, “per ragioni di spazio”, ce ne sono soltanto 44.
7 maggio
La donna che comprò diecimila Mars
7 maggio
Fa rima con Lewinski
La generalessa Karpinski
Vanity Fair, 6 maggio
La campagna per sincronizzare gli orologi
In Ecuador
Vanity Fair, della scorsa settinmana
Ampi stralci del rapporto sulle torture americane
Che, va ricordato, sono state denunciate da un soldato
americano e sono diventate di dominio pubblico a inchiesta già
avviata da mesi
Il Foglio, 6 maggio
Divide et non impera
Il dopoguerra iracheno dimostra che i neoconservatori sono sempre
stati disuniti e, infatti, non comandano.
Il Foglio, 6 maggio
“Qualcosa di meno imbecille”
Massimo Fini a pagina 137 del suo libro “Sudditi – Manifesto contro la democrazia” (che già il tiolo basterebbe):
“Fuori d’occidente un fenomeno interessante, come tentativo di resistere all’omologazione planetaria, è stato il movimento talebano del mullah Omar”.
Fenomeno interessante?!?!
Continua Ma.Fi.: “è stato il movimento talebano del mullah Omar (una estremizzazione del khomeinismo) che proponeva, nell’era della modernità democratica trionfante, avanzante e conquistante, una sorta di Medioevo sostenibile (che è comunque qualcosa di meno imbecille dello Sviluppo sostenibile che, allo stato attuale, è già un impossibile ossimoro, un’illusione o, piuttosto, una volgare menzogna), cioè una società regolata sul piano del costume da leggi arcaiche, risalenti al VII secolo arabo, non del tutto aliena dal far proprie alcune limitate e mirate conquiste tecnologiche. In fondo il mullah Omar è stato l’unico, vero, No Global di questi anni ed è per questo che è stato spazzato via dalle bombe americane col pretesto di dare caccia al fantasma di Bin Laden”.
PS
L’opera in questione pare sia l’attuale livre de chevet di Sabelli-Medioevo-Sostenibile-Fioretti.
Camillo ne è compiaciuto.
6 maggio
Anche un liberal anti neocon
Come Nicholas Kristof, sul New York Times, spiega che l’Iran è pronto per la rivoluzione democratica. L’articolo comincia così: “Finally, I’ve found a pro-American country”.
Come dice Ledeen: “Faster, please”.
6 maggio
La missione di Molinari
Raccontare Bush senza pregiudizi
5 maggio
Ei fu siccome immobile
Vratislav Gresko remembered.
5 maggio 2002
Il rapporto completo dell’esercito americano sulle torture
Svela
35 casi tra Afghanistan (con i guerriglieri talebani) e
Iraq. Sarebbero due gli omicidi, uno commesso da un soldato americano
e un altro da un contractor della Cia. Questo all’una del mattino
risulta al NYT,
a Repubblica
risultano 25 morti.
Scuse
pubbliche sulle tv arabe
5 maggio
“Non ride più nessuno”
Il New York Times, con un editoriale, celebra la grandezza di Arnold Schwarzenegger.
PS
Chissà che ne pensa il noto giornalista che incontrai a un party dell’Upper West Side
qualche mese fa.
4 maggio
La sinistra di Michnik
Magari
ci fosse da noi:
“Bush ha un’ideologia utopica beh, forse non Bush, magari la sua cerchia. Forse sono ingenuo, ma non penso che sia utopico cercare di instaurare un governo democratico in Iraq. Se non sarà proprio la democrazia ideale, sarà comunque una democrazia imperfetta, ma almeno non sarà una dittatura
totalitaria”
Il Foglio, 4 maggio
I Caschi (e i Lupis) Blu
Rep, naturalmente.
4 maggio
I belong to PierJesus
Il
Milan ha vinto lo scudetto e Kakà ha mostrato al mondo
intero una strepitosa maglietta aziendalista: “I belong
to PierJesus”.
Christian Rocca
Il Foglio, 4 maggio
Stupidaggine del giorno
Titolo sul nuovo disco di Alanis Morissette:
“Nuovo look, rock neocon”
Nell’articolo (di Paolo Giordano): “Sono un’attivista spirituale,
dice lei e sogna l’arte nelle scuole, il rispetto dell’ambiente
e donne tenere o forti quando vogliono, mettendo insomma uno
dopo l’altro tre concetti progressisti per farne un manifesto
neoconservatore. Però”.
Il Giornale, 4 maggio
Credo per motivi politici
Un
notorio blog terzista mi ha cacciato dal suo server. Me
ne sono andato sbattendo la porta.
PS
Camillo potrebbe avere dei problemi in queste ore, ma risorgerà
più forte che pria.
4 maggio
L’errore è l’impazienza
Niall Ferguson sul WaPo
4 maggio
Kagan avverte Bush che la gran voglia di realismo gli farà perdere le elezioni
In
Iraq se si punta sulla stabilità, invece che sulla
democrazia, sarà un danno per tutti, per gli iracheni
e per gli americani. Il caso di Falluja lo sta dimostrando.
3 maggio
Mark Steyn prende in giro Ted Koppel e la sua conta dei morti a Nightline
PS
C’è chi è convinto (e lo scrive sui grandi
giornali italiani) che i morti americani non vengano resi noti
al pubblico americano. Non è vero. Fin dall’inizio della
guerra ogni giorno sul New York Times c’è un boxino con
una breve biografia dei morti in battaglia, sia in Iraq sia in
Afghanistan. Di più, basta lasciare la propria mail sul
sito del Dipartimento della Difesa e quelli ogni giorno ti aggiornano
la lista.
3 maggio
Editoriale del Washington Post
“A proposal by Mr. Bush’s Democratic opponent, Sen. John F. Kerry, to formally grant authority over the political process to a U.N. high commissioner after June 30 has some merit, though U.N. Secretary General Kofi Annan has been reluctant to allow the organization to return to Iraq in force. As a practical matter, Mr. Brahimi already is leading the political process. Mr. Bush, too, already has been seeking to involve NATO in Iraq and build up Iraqi security forces, as Mr. Kerry proposes, without much success. (…)
If more foreign troops cannot be found for Iraq, the administration must be prepared to send more Americans. (…)
In the end, too, if the political process fails, the United States still must do whatever is necessary to destroy the extremist militias and terrorist organizations. The militants in Fallujah, Najaf and elsewhere represent a threat to Iraq’s hoped-for political transition, but they also are a threat to U.S. security. They cannot be allowed to win the struggle over Iraq’s future.
Qui altro editoriale, ottimo, sulle foto delle torture
La generalessa a capo delle carceri in Iraq si difende accusando i servizi
segreti di aver dato indicazione di torturare i detenuti
2 maggio
Toto ministri in Iraq
2 maggio
Macché colpa di Rumsfeld
Incendiaria difesa, su National Review, dalle accuse che i neocon fanno a Rumsfeld per la situazione in Iraq: Rummy non voleva occupare, voleva liberare. La colpa, dice NRO, è di Powell e Bremer e con Brahimi sarà peggio.
Speriamo di no.
2 maggio
Esportare la democrazia alla beduina
Testuale, la proposta di Lucio Caracciolo sull’Espresso: “Non un governo da sogno, ma almeno un governo iracheno. Da legittimare al più presto con il voto alla beduina, cioè basato sul principio che a esprimere il suffragio è il capofamiglia”.
Ma tutto l’articolo va letto: si va dallo spot per far diventare Moqtada Al Sadr un leader del nuovo Iraq alla non menzione del piano Brahimi/Sistani/Bush/Blair. A Caracciolo non risulta, non ne sa niente, anzi scrive che il nuovo governo provvisoro sarà scelto dal “vicerè” John Negroponte. Caracciolo, considerato un grande esperto di politica internazionale, qualche settimana fa scrisse sulla prima pagina di Repubblica che Moqtada Al Sadr è un ayatollah (quando è l’equivalente di un pretuncolo illetterato).
1 maggio
L’Espresso, notizie prive di fondamento
Almeno
una va segnalata:
Andrea Visconti scrive: “Kerry, che si era opposto alla
guerra”. Ovviamente è falso. Kerry ha votato per
la guerra.
1 maggio