Washington. Nossignore, non c’è stato nessun ordine dall’alto, ha detto l’uomo del giorno, il generale Antonio M. Taguba, l’autore del rapporto, già pubblicato dal Foglio il 4 maggio, sulle torture nel carcere di Abu Ghraib. Il generale Taguba, nato a Manila 54 anni fa, orgoglio della comunità filippino-americana e prossimo deputy assistant secretary al Pentagono, è stato il protagonista ieri davanti alla commissione del Senato che indaga sulle torture in Iraq. Ha raccontato di essere stato incaricato dal comandante generale delle truppe della coalizione, il generale David McKiernan, per condurre un’inchiesta sulle accuse di abusi nei confronti dei detenuti iracheni ad Abu Ghraib. L’incarico è del 24 gennaio del 2004, tre mesi prima che la rete televisiva Abc facesse vedere le fotografie dello scandalo. Non regge neanche l’altra accusa, quella di cover up, di aver insabbiato i maltrattamenti sui prigionieri. Alla domanda di un senatore repubblicano che gli aveva chiesto se avesse ricevuto indicazioni dai superiori di rimuovere o cancellare o ammorbidire qualcosa di quanto aveva scoperto durante l’inchiesta, Taguba ha risposto, due volte, "nossignore".
Nella dichiarazione iniziale davanti ai senatori, tra i quali c’erano Hillary Clinton, Ted Kennedy e John McCain, il generale Taguba ha spiegato come ha formato il team che lo ha aiutato nelle indagini e quale fosse l’obiettivo dell’inchiesta: "Avevamo specifiche istruzioni, ed erano le seguenti. Primo, indagare su tutti i fatti e le circostanze intorno alle recenti accuse di abusi sui detenuti, in particolar modo sulle accuse di maltrattamenti nella prigione di Abu Ghraib. Secondo, indagare sulle evasioni e sulle responsabilità. Terzo, indagare sull’addestramento, sugli standard, sulle assunzioni, sugli ordini, sulle procedure interne e sul clima nella 800esima brigata di polizia militare. E, da ultimo, cercare specifici riscontri di fatto su tutti gli aspetti di questa inchiesta ed esprimere le raccomandazioni per le appropriate azioni correttive". Nel corso dell’inchiesta, ha detto il generale che da buon militare inizia ogni frase con un "signore", sono state raccolte "prove che riguardano un coinvolgimento di personale dei servizi di intelligence militare e di agenti privati assegnati alla 205esima Brigata. Abbiamo raccomandato di iniziare un’inchiesta separata a proposito di possibili pratiche improprie di interrogatorio". Taguba ha parlato di "atti criminali di pochi in vistoso contrasto con l’alta professionalità, competenza e integrità morale di un numero infinito di guardie e di soldati". Il generale Taguba ha specificato che sono stati pochi i soldati e i civili che hanno violentemente abusato dei detenuti, mettendosi al di fuori della legge internazionale e della convenzione di Ginevra: "I loro atti incomprensibili, catturati da immagini e filmati che essi stessi hanno scattato e girato con le loro macchine digitali personali, hanno messo seriamente in dubbio e diffamato gli atti coraggiosi di migliaia di soldati della coalizione".
Alle domande dei senatori, Taguba ha risposto con affermazioni brevi e precise. La causa del disastro di Abu Ghraib, ha detto, è da attribuire alla mancanza di leadership, di negligenza, di addestramento e di disciplina dentro la prigione che si trova nella zona occidentale di Baghdad. Taguba ha escluso che ci fossero indicazioni dall’alto: "Non abbiamo trovato nessuna prova di una politica né di ordini diretti, scritti o dati in altro modo. Credo che questi soldati abbiano agito così per loro volontà".
Secondo Taguba, il militare responsabile degli abusi con il grado più alto è la generalessa Janis Karpinski, la donna che aveva la supervisione del carcere di Abu Ghraib. Lei nega, ma Taguba conferma.
Nell’audizione è intervenuto il senatore repubblicano dell’Oklahoma, James M. Inhofe, il quale dopo aver detto che i comportamenti di "pochi soldati malguidati e forse perversi" dovrà essere punito, ha avuto il coraggio di dire che molte delle critiche di questi giorni sono esagerate: "Questi prigionieri sono assassini, terroristi, insorgenti. Molti di loro, probabilmente hanno le mani sporche di sangue americano". Mentre Inhofe parlava, il repubblicano John McCain si è alzato ed è uscito dall’aula.
12 Maggio 2004