Camillo di Christian RoccaRumsfeld ad Abu Ghraib

Roma. "Se qualcuno pensa che io sia venuto qui per gettare acqua sul fuoco, si sbaglia". Questo ha detto Donald Rumsfeld, il segretario alla Difesa americano, appena entrato ad Abu Ghraib, il carcere di Baghdad dove sono state scattate le fotografie degli abusi americani sui detenuti iracheni. "A noi interessa che i prigionieri siano trattati bene e che i soldati americani si comportino in modo giusto". Rumsfeld ha promesso "al mondo" che vedrà la punizione di tutti i soldati colpevoli dei maltrattamenti: "Nei mesi scorsi ­ ha detto ­ qui dentro abbiamo visto abusi commessi sotto la nostra responsabilità. E’ stato un colpo durissimo per noi. Sono rimasto senza parole. I responsabili degli abusi affronteranno la giustizia. Il mondo vedrà come funziona e opera un sistema libero e democratico. In modo trasparente, senza insabbiamenti".

Chi pensava che Rummy si facesse piccolo piccolo a causa delle critiche della stampa internazionale, non conosceva l’uomo. Rumsfeld, secondo un sondaggio della rete Abc, gode della fiducia degli americani, il 69 per cento dei quali crede che debba restare al suo posto. Il suo posto è quello di capo del Pentagono, e da capo della struttura militare è andato, pare su suggerimento dei generali, sul campo a confortare i suoi uomini.
La mossa è stata doppia. Rumsfeld l’altro ieri ha chiesto al Congresso di stanziare altri 25 miliardi di dollari necessari a soddisfare le esigenze militari. Poi, a sorpresa, ieri è volato a Baghdad. Con lui c’era il generale Richard Myers. Insieme hanno detto ai soldati di essere "orgogliosi per il loro splendido lavoro". Quello che è successo nel carcere di Baghdad è stato un episodio che "non succederà mai più". Gli sforzi per liberare l’Iraq sono finiti in secondo piano e "la reputazione degli Stati Uniti è stata scossa". Secondo Rumsfeld, "è stato un colpo duro per la missione, ma non fatale", l’America è inorridita ma sa distinguere i buoni dai cattivi, i responsabili dai soldati integerrimi: "Voi sapete che quegli atti non sono rappresentativi dei valori della nostra nazione, lo sanno le vostre famiglie, lo sanno gli americani". Al Pentagono sono certi che "verranno fuori altre brutte cose, su questo non c’è dubbio. Solo col tempo capiremo quale effetto reale avrà avuto questa vicenda, ma è ovvio: non ci ha aiutato, ci ha danneggiato".
Ieri, a Washington, i senatori hanno visionato le immagini inedite, molte delle quali riguardano atti sessuali tra i soldati della coalizione compiuti dinanzi ai prigionieri. Una delle protagoniste è la soldatessa che teneva al guinzaglio il detenuto iracheno.

Le foto del Mirror non sono scattate in Iraq
Dopo aver visitato Abu Ghraib, Rumsfeld e Myers hanno parlato alle truppe americane nell’atrio di un palazzo saddamita. Secondo Rumsfeld, la missione americana di creare un Iraq stabile avrà successo, nonostante lo scandalo. "Ho smesso di leggere i giornali ­ ha detto Rumsfeld ai soldati ­ E’ un fatto: sono sopravvissuto". E’ stato questo il suo modo di rispondere, col sorrisino stampato sulle labbra, alle "critiche maliziose" ricevute dalla stampa e da chi chiede le sue dimissioni. Rumsfeld ha parlato proprio mentre, a Londra, il governo britannico diceva ufficialmente in Parlamento che le foto pubblicate dal tabloid Daily Mirror sulle torture dei soldati inglesi erano false e certamente "non scattate in Iraq". La stampa ha fatto quello che doveva fare, ha aggiunto Rumsfeld, ma l’accusa di aver insabbiato lo scandalo è "spazzatura".
Rumsfeld non se l’è presa soltanto con i media occidentali, ha attaccato anche le tv arabe, non solo sullo scandalo delle torture ma, in generale, sulla guerra in Iraq. Al Jazeera e al Arabiya "mentono continuamente su di noi. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, ormai è un anno che dicono soltanto bugie su di noi".

Meglio leggere le memorie di Grant
Rumsfeld, dunque, non legge i giornali ma, piuttosto, la storia della Guerra civile americana, le memorie dell’ex presidente Ulysses Grant: "Un libro sui sacrifici della guerra civile che fa riflettere sull’importanza di vincere questa guerra in Iraq".
Rumsfeld ha notato come il medesimo tipo di critiche che riceve oggi l’Amministrazione Bush, allora investì il presidente Abramo Lincoln. Chi fece quella guerra, che peraltro fu molto più violenta e sanguinaria dell’attuale, "sapeva che doveva essere combattuta". In Iraq ci sono stati e ci saranno errori e grandi difficoltà ma, secondo il segretario alla Difesa, i soldati americani "un giorno si guarderanno indietro e saranno orgogliosi di quello che hanno fatto e diranno che ne è valsa la pena".

X