"Non ho avuto alcun ruolo. Zero. Non ho scelto io né il presidente, né i ministri del nuovo governo provvisorio iracheno. Li ha scelti Lakhdar Brahimi. E’ stato lui il quarterback della partita, per usare un termine da football americano. Siamo un passo più vicini verso la democrazia e la realizzazione del sogno di milioni di iracheni: una nazione pienamente sovrana con un governo rappresentativo che protegga i loro diritti e soddisfi i loro bisogni". Dopo tanti giorni di cattive notizie sul fronte mediorientale, ieri al Giardino delle Rose della Casa Bianca, George Bush era finalmente sorridente, "è una bellissima giornata", ha detto ai giornalisti, dai quali ha raccolto parecchie domande, cosa che non capita spesso. La nomina del nuovo governo, ha detto Bush, non vuol dire che le violenze cesseranno, tutt’altro. Bush si aspetta addirittura che aumentino: "Vogliono uccidere vite innocenti per far vacillare la nostra volontà, ma non ci riusciranno. Questo è un giorno di speranza per iracheni e americani, i terroristi capiranno che non possono vincere".
Il passo successivo è quello della risoluzione Onu, per questo Bush ha parlato con diversi leader mondiali per assicurare che l’America è "disposta a lavorare insieme". Il presidente spera che i nuovi vertici iracheni vadano all’Onu "il più presto possibile" per sostenere la necessità della nuova risoluzione. Magari, ha detto Bush, potrebbero già venire al G8 di Sea Island, in Georgia, dove si discuterà del progetto di democratizzazione del Grande medio oriente.
Bush ha confermato che a partire dal primo luglio il governo provvisorio iracheno avrà "la piena sovranità". Paul Bremer tornerà a casa, e a Baghdad gli Stati Uniti apriranno un’ambasciata. L’America collaborerà con il nuovo governo, specie con il ministro della Difesa, per garantire la sicurezza dei cittadini e delle elezioni che si terranno "non oltre gennaio". Il nuovo premier, Iyyad Allawi, ha già detto che Baghdad ha bisogno dell’aiuto americano e delle altre forze multilaterali per sconfiggere "i nemici dell’Iraq". Bush non crede che la Nato voglia mandare truppe in Iraq e "non sa" se arriveranno altri soldati alleati, ma crede che ci sarà "un grande impegno per aiutare l’Iraq a diventare un paese libero".
2 Giugno 2004