Camillo di Christian RoccaIl passaggio dei poteri a Baghdad

Milano. Alle 10 e 26 minuti di ieri mattina, ora di Baghdad, è nato il nuovo Iraq libero, indipendente e sovrano. Il passaggio dei poteri dall’Autorità anglo-americana guidata da Paul Bremer al governo provvisorio iracheno di Iyyad Allawi è avvenuto con due giorni di anticipo rispetto alla data prevista del 30 giugno. Pochissimi sapevano di questa improvvisa accelerazione dei tempi. La cerimonia si è tenuta al quartier generale della Coalizione. Bremer ha consegnato al presidente della Corte suprema irachena una cartelletta con la sua ultima decisione, l’ordine di trasferimento dei poteri. Poi s’è congratulato con il nuovo presidente Ghazi al Yawar e con il premier Allawi, i quali hanno ringraziato le forze della coalizione per aver "liberato l’Iraq". Dieci minuti dopo, al vertice Nato di Istanbul, George Bush ha guardato l’orologio e coprendosi la bocca con la mano destra si è avvicinato a Tony Blair per dirgli qualcosa. I due leader si sono guardati, hanno sorriso e si sono stretti la mano, con aria visibilmente soddisfatta.

A Baghdad, due ore dopo, il premier e i ministri del governo provvisorio hanno prima giurato solennemente e poi annunciato che le prime elezioni libere si terranno il 2 gennaio. Trenta minuti dopo mezzogiorno, Paul Bremer ha preso un aereo ed è tornato negli Stati Uniti, la sua missione in Iraq si è conclusa. Smantellata la Cpa, l’Autorità provvisoria, a Baghdad apre l’ambasciata con mille persone guidate da John Negroponte. Il diplomatico americano è arrivato ieri e oggi presenterà le sue credenziali al governo. Per la prima volta dal 1991 si ristabiliscono i rapporti diplomatici tra Stati Uniti e un governo iracheno sovrano.
"Abbiamo ridato agli iracheni il loro paese", ha detto Bush a Istanbul. "Oggi gli iracheni hanno un governo che rispetta lo stato di diritto", recita la dichiarazione congiunta Bush-Blair. Anche i paesi arabi hanno accolto con soddisfazione il passaggio dei poteri, con dichiarazioni dall’Egitto, dalla Giordania, dal Kuwait, dal Barhain, dal Qatar, dagli Emirati. L’Arcivescovo di Baghdad, Jean Benjamin Sleiman, ha detto che "la speranza è tornata" anche perché, con il passaggio dei poteri, "di fatto la gente ha la sensazione di essere tornata a prendere possesso del proprio paese. Prima ­ ha detto l’arcivescovo ­ non c’era tanto l’idea di essere soggiogati da una forza nemica, quanto piuttosto si sentiva con estrema sofferenza un vuoto di potere e di istituzioni, forse ancora più drammatico".
Le tv via cavo e i siti Internet dei giornali americani hanno salutato lo storico evento, sebbene sia stato celebrato in segreto e senza fanfare né manifestazioni popolari, come a Hong Kong quattro anni fa. Tutti gli analisti spiegano che si tratta soltanto del primo passo di un lungo processo democratico che continuerà a essere fortemente minacciato dai terroristi. Solo che ora sarà psicologicamente chiaro agli iracheni e al resto del mondo che gli attentati terroristici non sono diretti contro le forze occupanti, ma contro il nuovo governo iracheno scelto da tutte le forze politiche locali e legittimato dalle Nazioni Unite. Nessuno potrà più parlare di resistenza, perché da ieri mattina in Iraq c’è un governo rappresentativo, sovrano e legittimo che avrà il compito di organizzare le elezioni, insieme con l’Onu, e di garantire la sicurezza con l’aiuto della coalizione internazionale e, ora, anche con il coinvolgimento della Nato nell’addestramento dell’esercito iracheno. Dall’altra parte, invece, c’è la guerriglia dei nostalgici del dittatore e la guerra santa dei terroristi stranieri di al Qaida.

La decisione di anticipare i tempi
Giovedì scorso Bremer aveva passato a tutti i ministri iracheni la completa gestione ordinaria degli affari di loro competenza. Nel weekend è stata presa la decisione di anticipare i tempi del passaggio dei poteri, quando Allawi ha fatto sapere di essere pronto a prendere in mano il comando: "Questo ci aiuterà e ci farà migliorare la nostra capacità di affrontare la minaccia terroristica dei prossimi giorni e delle prossime settimane", ha detto ieri il premier.
"Il giorno di grande speranza per gli iracheni", nella definizione bushiana, è stato anticipato proprio perché si temeva che i terroristi volessero impedire a ogni costo il passaggio formale di sovranità. Fonti di intelligence annunciavano terribili attentati per il 30 giugno, tanto che la maggior parte dei negozianti di Baghdad aveva già deciso di chiudere bottega domani. "Questo è un giorno che i terroristi non avrebbero mai voluto vedere", ha detto Bush. Il quale, quando gli hanno chiesto di commentare l’idea di Allawi di introdurre la legge marziale per fronteggiare l’emergenza sicurezza, ha detto che ormai spetta al governo prendere le misure necessarie: "Il nostro compito è solo quello di aiutare gli iracheni". La giornata di ieri è stata un successo straordinario per Bush. Ma il pericolo è sempre dietro l’angolo: se il nuovo governo non sarà in grado di tenere testa ai terroristi, saranno guai non solo per gli iracheni ma anche per le sue speranze di rielezione.