Il terrorismo nucleare è la più grave minaccia che gli Stati Uniti stiano affrontando, ha detto ieri John Kerry nel secondo dei tre discorsi in undici giorni con cui il candidato democratico alla Casa Bianca ha deciso di spiegare le linee guida della sua politica estera e di sicurezza. "Il nemico è diverso e dobbiamo agire in modo nuovo ha detto a West Palm Beach, in Florida dobbiamo fare tutto quello che possiamo per evitare che un’arma nucleare raggiunga le nostre coste, e questa missione comincia molto lontano da qui". La minaccia più grande, ha detto il senatore del Massachusetts, è "la possibilità che al Qaida o altri terroristi mettano le loro mani su un’arma nucleare. Osama bin Laden ha detto che ottenere un’arma di distruzione di massa è un dovere sacro". Kerry ha assicurato che da presidente proteggerà i siti nucleari americani, oggi a rischio attentati; aumenterà i finanziamenti per evitare che le armi delle ex Repubbliche sovietiche finiscano nella mani dei terroristi; metterà fine ai programmi nucleari di Stati ostili come la Corea del Nord e l’Iran. La strategia di Kerry è molto aggressiva, dice il Los Angeles Times, e prevede l’uso preventivo di tutta "la forza non bellica" in modo tale che "l’uso della forza militare non divenga l’unica opzione possibile". Secondo Kerry, l’Amministrazione Bush sta facendo troppo poco e lo sta facendo troppo tardi. Sulla Corea, stranamente, Kerry suggerisce una buona dose di unilateralismo, cioè di aprire un negoziato diretto con il regime di Pyongyang, accanto ai negoziati a sei, insieme con Cina, Russia, Giappone e Corea del Sud, che attualmente sta conducendo la Casa Bianca di Bush. Il presidente Kerry nominerà un rappresentante speciale con compiti di accelerare l’individuazione e la distruzione delle armi, oltre che evitare la possibilità che i terroristi acquisiscano armi chimiche, batteriologiche e nucleari per minacciare gli Stati Uniti. In generale, ha scritto domenica un editoriale del Washington Post, "Kerry resiste alla tentazione di distinguersi da Bush con coraggiose ma irresponsabili proposte di abbandonare la missione in Iraq" e "non ha adottato la retorica quasi isterica di Al Gore". Al contrario, sull’Iraq, come sul terrorismo, come sulle armi, Kerry "ripropone le politiche di Bush". Il candidato, in una lunga intervista di venerdì, sempre al Post, ha detto però di preferire la più realistica stabilità alla democrazia. Diffondere quest’ultima in medio oriente non sarà obiettivo principale della sua eventuale presidenza.
2 Giugno 2004