L’obiettivo dei democratici in questa convention è, secondo il New York Times, così sintetizzabile: far vedere all’America che Kerry sarà un presidente serio, forte e patriottico. Analizzando i discorsi di tutti gli oratori saliti sul palco del Fleet Center nei primi tre giorni risulta che le due parole più pronunciate sono state "assistenza sanitaria" (161 volte) e "forza" oppure "forte" (141 volte). Novantotto volte si è sentita la parola "speranza", otto delle quali da John Edwards (il suo nuovo slogan è "Hope is on the way", la speranza sta arrivando). I "valori" si sono sentiti 89 volte, "lavoro" 127, "economia" 45, "fede" 40. "L’Iraq" ha avuto soltanto 51 citazioni, dieci delle quali di Edwards. Solo 18 volte è stata pronunciata la parola "Bush", mai da Edwards e mai da Clinton. I big democratici pare si siano anche dimenticati dell’esistenza di un anziano signore coi baffi un tempo noto con il nome di Saddam Hussein.
Bernard Henry Levy si aggira in tribuna stampa con la sua camicia bianca sbottonata fin quasi all’ombelico. Lo scrittore francese con i capelli perfettamente spettinati fa più volte su e giù la scaletta che dal suo posto raggiunge la platea. Va giù e poi risale, apparentemente senza meta ma sempre con molta ma molta eleganza. Con portamento intellettuale tiene sbadatamente sotto il braccio carte e documenti, senza essersi mai tolto gli spessi occhiali da sole di marca Vogue. Gli americani, però, non se lo filano.
C’è una grande bandiera americana sopra il palco degli oratori, mentre lungo tutto il perimetro dell’Arena ci sono dei tabelloni luminosi che rimandano senza tregua gli slogan del congresso "A stronger America" e il nome del candidato. Molto visibili anche le gigantesche insegne colorate dei network che seguono i lavori congressuali attraverso studi televisivi collocati in box con vetrata panoramica sul palco e sui delegati. Una di queste insegne però è stata tolta. Era quella di al Jazeera. Lo staff di John Kerry ha pensato che per un candidato che vuole dimostrare di essere forte e tosto contro il terrorismo il logo di al Jazeera alle spalle non fosse esattamente il più consigliato.
Il reverendo Al Sharpton ha infiammato la platea, mercoledì sera. E’ stato l’unico degli oratori ad aver improvvisato, perché pochi minuti prima di salire sul palco gli è stato comunicato che il suo tempo sarebbe stato inferiore al previsto. Secondo i neoconservatori del Weekly Standard, quello di Sharpton è stato uno dei discorsi più eccitanti degli ultimi anni.
A Ralph Nader è stato negato l’accesso al Fleet Center, mentre al New York Times risulta che anche l’ex star del partito, il consulente elettorale di Howard Dean, Joe Trippi, non sia riuscito a ottenere le credenziali per seguire la convention nelle vesti di giornalista blogger.
L’audience televisiva della convention è stata pessima, ma sugli schermi di Fox News è andato in onda uno scontro epocale tra il regista antagonista Michael Moore e il più focoso tra i conduttori televisivi di destra, Bill O’Reilly. Ha vinto Moore, il quale ha incalzato più volte O’Reilly con un "Sei disposto a sacrificare tuo figlio per la guerra di Bush?". "Sacrificherei me stesso", ha risposto O’Reilly. "Ok, dov’è il recrutatore dell’esercito?", ha detto Moore.
I cinquemila poliziotti che hanno lavorato per mantenere l’ordine in città hanno avuto pochissimo da fare. Le manifestazioni e i cortei sono stati pacifici e, soprattutto, con scarsa partecipazione. La marcia contro la guerra ha avuto meno di duemila partecipanti, gli oppositori dell’aborto erano quattro gatti, qualche centinaio i militanti di Falun Gong. Totale degli arresti nei primi tre giorni di convention: uno.
Ieri è stato il giorno delle due figlie di John Kerry. Così come le gemelle Bush, le due ragazze Kerry saranno presto intervistate e fotografate per il numero di settembre di Vogue. Mercoledì notte, invece, ha debuttato sulla scena politica la figlia maggiore di Edwards, la ventiduenne Katie. Dopo le elezioni inizierà a lavorare per Vanity Fair.
Il più applaudito è stato Bill Clinton, seguito da un’accoglienza incredibilmente festosa ad Howard Dean. Il discorso dell’ex candidato non è stato trascinante, così l’entusiasmo iniziale è svanito. Trionfo per Barack Obama, il 42 enne che sembra un John Edwards nero o un Tony Blair americano. Grandi applausi anche per Hillary Clinton, sbadigli e delusione palpabile per il discorso lungo e legnoso di Ted Kennedy. Risate, ma anche qualche imbarazzo, per l’intervento di una dodicenne fondatrice di Kids for Kerry, bambini per Kerry. Teresa Heinz, moglie del candidato democratico, ha salutato i congressisti in cinque lingue diverse, anche in italiano ("saluti a tutti gli italiani"). Battute tra i giornalisti italiani: "Sembra il Papa". "Macché, sembra Lilli Gruber".
Affollatissimo lo stand che regala magliette azzurre con la scritta minimalista bianca e rossa: "Boston, Democratic Convention". Per ottenerla bisogna compilare un modulo con le generalità e il numero di Social Security. Agli stranieri che ne sono sprovvisti una gentile militante democratica dice che non può regalare la maglietta. Lo prevede, spiega, il Patriot Act. Poi, per non passare per una bushiana di ferro, sottobanco, passa allo straniero la maglietta incriminata.
Veltroniani a Boston. Due delegati indossavano magliette blu con la scritta "I care" sulle spalle.
Gli strateghi della campagna Kerry nei giorni scorsi hanno spiegato a ogni singolo oratore della convention di parlare lentamente e che la media consigliata di parole pronunciate al minuto è 140.
La delegazione della Georgia quest’anno ha un uomo in meno, il senatore Zell, detto Zig Zag, Miller, una delle star della convention del 1992 che incoronò Bill Clinton. Allora, su precisa richiesta di Clinton, Miller tenne uno dei keynote speech, il discorso chiave che in questa edizione è stato affidato alla nuova star Barack Obama. Zell Miller non c’è perché sarà uno degli oratori principali della convention avversaria, quella repubblicana che si terrà a New York tra la fine di agosto e i primi giorni di settembre. Un delegato della Georgia presente al Fleet Center ha detto al National Journal: "Deve esserci sotto un qualche tipo di problema fisico, un tumore celebrale o un mezzo colpo apoplettico non ancora individuato. Qualcosa che si è di colpo spezzata".
Clamorosa gaffe del Washington Post. Il quotidiano della capitale americana lunedì mattina ha dedicato un inserto di dodici pagine alla convention democratica, come aveva già fatto quattro anni fa per la stessa occasione, soltanto che si è dimenticato di cambiare la testata. Sulla prima pagina, infatti, sopra la foto del candidato John Kerry e del suo compagno di ticket John Edwards si è letto un titolo a caratteri di scatola che recitava: "Election 2000", invece che 2004. "Diventerà un numero da collezione, vado subito a prenderne un paio di copie", ha detto all’inviato del Foglio un giornalista americano.
Scritta letta su un tatuaggio: "John Ashcroft is a Spy-der-man".
Le convention costituiscono lo strumento di propaganda più efficace per i candidati alla presidenza, specie per gli sfidanti. Dal 1964 i candidati sfidanti sono sempre balzati in avanti nei sondaggi elettorali al termine dei canonici quattro giorni di congresso e per effetto dell’attenzione della stampa e delle televisioni. Nel 2000, alla fine della sua convention, George W. Bush passò a condurre la corsa con quattro punti di percentuale su Al Gore, il quale ripassò avanti di otto, per poi perdere di misura a novembre. Anche Bob Dole riuscì a superare Bill Clinton nel 1996 prima che la convention democratica riportasse il presidente in testa di cinque punti e poi alla rielezione. Mike Dukakis (1988), Walter Mondale (1984) e Barry Goldwater (1964), i quali passeranno alla storia della politica americana per le clamorose scoppole subite da George Bush padre, da Ronald Reagan e da Lyndon Johnson, credettero di avere una qualche chance dopo le loro convention. Dukakis era davanti di sette punti, Mondale di nove, Goldwater di cinque. Soltanto George McGovern, nel 1972, non riuscì a passare in vantaggio e restò appaiato a Richard Nixon. Chi ha guadagnato di più da una convention è stato Bill Clinton, il quale nel 1992 uscì da quei quattro giorni di grande esposizione mediatica con sedici punti di vantaggio su Bush padre, il quale poi recuperò, passò a più cinque al termine del suo congresso ma perse le elezioni. Jimmy Carter, da presidente in carica, chiuse la convention superando Reagan di dieci punti, ma le elezioni le perse malamente. Facendo una media tra il più 16 per cento di Clinton e lo zero di McGovern si può dire che le assise dei partiti storicamente fanno fare un balzo di circa sei punti percentuali al candidato. Ma nove o dieci punti di vantaggio a luglio o ad agosto non danno la certezza della vittoria finale a novembre.
La festa più gettonata è quella che tutte le sere il governatore del New Mexico, Bill Richardson, tiene al Grand Canal. Si beve champagne, si fumano sigari, nonostante Boston sia la città dove nel 1632 è stata approvata la prima legge antifumo.
Un sondaggio a campione sui delegati è stato compiuto dalla Cbs e dal New York Times: 50 per cento sono donne, 50 per cento maschi, 67 per cento bianchi, 18 neri, dodici ispanici, tre asiatici. Il 41 per cento si definisce liberal, il 52 per cento moderato, il tre per cento conservatore. Gli iscritti ai sindacati sono il tredici per cento, mentre i membri della lobby favorevole al possesso delle armi, la National Rifle Association, sono il due per cento (ma il 20 per cento possiede armi). Solo il sette per cento dei delegati crede che nel 2000 George W. Bush abbia vinto legittimamente le elezioni, mentre solo il tre per cento pensa che sia valsa la pena fare la guerra in Iraq.
Gli uomini dei servizi segreti inviati da Washington per garantire la sicurezza dei leader del partito democratico hanno instaurato ottimi rapporti con i cittadini di Boston, al contrario di quanto si prevedeva. Il comitato di quartiere di Beacon Hill, zona chic dove abita John Kerry, ha regalato agli agenti una serie di cravatte con la mappa della città, cosicché i servizi possano avere il piano del territorio sempre sotto controllo. I servizi ricambiano aiutando le signore di Boston con i sacchetti della spesa e ogni tanto danno pure un occhio ai bambini. Una giovane donna ha detto al giornale di quartiere, The Beacon Hill, di essere rimasta favorevolmente colpita da quanto gli uomini dei servizi odorino di profumo di colonia.
Oggi sul palco è il giorno degli Edwards. Il candidato vicepresidente John chiuderà il terzo giorno dei lavori, preceduto dalla moglie Elizabeth e dalla figlia Cate. Prima di loro tre dei candidati alla presidenza sconfitti da Kerry alle primarie: Bob Graham, Dennis Kucinich e Al Sharpton.
(pubblicato su IL FOGLIO, 28, 29, 30 luglio 2004)