Camillo di Christian RoccaGiuliani e Mccain

New York. Le due grandi star della prima giornata di convention repubblicana, iniziata ieri sera al Madison Square Garden, sono state Rudy Giuliani e John McCain. L’ex sindaco che esportò la rivoluzione repubblicana a New York e il senatore dell’Arizona che per cinque anni fu prigioniero dei vietcong non sono mai stati abbracci e baci con George W. Bush né, peraltro, hanno mai avuto un rapporto idilliaco con il proprio partito. Troppo liberal l’uno, troppo indipendente l’altro. Eppure alle quattro di questa mattina, ora italiana, hanno avuto l’onore di salire da protagonisti sul palco della convention che giovedì ufficialmente candiderà Bush alla Casa Bianca e, stando alle anticipazioni dei loro discorsi, si sono sperticati in lodi inaudite nei confronti del presidente. Giuliani ha paragonato Bush a Winston Churchill e a Ronald Reagan: "Sono molte le qualità che fanno di una persona un leader, ma avere idee forti e riuscire a mantenerle sempre, sia quando sono popolari sia quando non lo sono più, è la caratteristica più importante di un grande leader". Anche McCain ha insistito sulla risolutezza di Bush, paragonata alle sfumature di John Kerry: "Non si è sottratto alle grandi scelte. Non cederà, né cederemo noi".

Bush non può fare a meno di loro, non tanto perché sono molto amati dai militanti e dagli elettori repubblicani, ma soprattutto perché rappresentano la faccia moderata e, agli occhi dei media, presentabile del partito. La caccia ai voti degli indecisi, fondamentali il 2 novembre nella sfida con John Kerry, passa dunque attraverso la strana coppia Giuliani e McCain, e con loro anche per le altre stelle di questa convention, ovvero Arnold Schwarzenegger e il senatore democratico della Georgia ma sostenitore di Bush, Zell Miller.

I moderati Giuliani e McCain, però, non sono moderati affatto riguardo alla guerra al terrorismo, sono se possibile ancora più tosti di Bush. L’ex sindaco ancora oggi ricorda che quando il 14 settembre del 2001 il presidente gli chiese in che modo avrebbe potuto aiutarlo, lui rispose: "Quando prende il tizio che ha fatto tutto questo, bin Laden, me lo porti qui che vorrei essere io stesso a ucciderlo". Dice Giuliani: "Bush pensava che scherzassi, ma ero serissimo".
Indipendenti

Anche McCain è un sostenitore della prima ora del cambio di regime a Baghdad e dell’intervento in medio oriente, tanto che alle primarie repubblicane del 2000 era lui, e non Bush, il candidato dei neoconservatori riuniti intorno alla rivista Weekly Standard. Quella campagna elettorale del 2000 che scelse lo sfidante repubblicano di Al Gore sembrò aver diviso per sempre Bush da McCain. Bush era il favorito, ma a sorpresa McCain ottenne risultati insperati in New Hampshire. Il team Bush, guidato da Karl Rove, scatenò al sud una campagna contro il senatore dell’Arizona che ancora oggi si ricorda come una delle più diffamatorie degli ultimi anni: cominciarono a circolare voci su presunte malattie veneree di McCain e su una figlia illegittima avuta da una prostituta di colore.

Giuliani al tempo stava con McCain e solo all’ultimo momento ha sostenuto la corsa di Bush. L’ex sindaco di New York, infine, è tutto fuorché bushiano sui temi dell’aborto, del porto d’armi e dei diritti dei gay, al punto che nel 1994 sostenne il governatore Mario Cuomo invece che lo sfidante repubblicano George Pataki. McCain, invece, è stato a lungo tentato di passare con i democratici, di candidarsi da indipendente e, infine, di accettare l’offerta di fare il vice del suo grande amico Kerry.

La rivista liberal New Republic si è chiesta che cosa ci sia dietro questa ritrovata serenità tra McCain, Giuliani e Bush. La copertina del numero in edicola avanza una risposta: i due oratori di ieri sera si sarebbero svenduti a Bush oppure, se si preferisce, si sono fatti comprare dal presidente: Giuliani per un posto da ministro della Giustizia o della Sicurezza, McCain per la grande soddisfazione di sapere che quattro anni dopo le calunnie ora Bush ha maledettamente bisogno di lui. Ma è così?
Rudy Giuliani e John McCain non si sono venduti a Bush, intanto perché su molte cose hanno le stesse idee, ma soprattutto perché la mossa sembra dettata da un progetto ben preciso che va al di là della soddisfazione del proprio ego o di un posticino nella prossima Amministrazione.
Entrambi sono convinti di potersi candidare alle elezioni del 2008, e di poterle vincere. Ma sanno che da soli, senza l’appoggio del partito, la loro diversità e la loro indipendenza non li porterà da nessuna parte. L’obiettivo è realistico perché comunque vada a finire il 2 novembre, Bush nel 2008 non si ricandiderà, così come non ha nessuna possibilità il suo successore naturale, il vicepresidente Dick Cheney, a causa dei suoi notori problemi di salute. La convention di New York, dunque, è diventata anche una passerella in vista del 2008, dove McCain e Giuliani devono mostrarsi leali al presidente se al prossimo giro vogliono provare a ottenere la candidatura.
Non c’è solo convenienza politica, però. Bush, Giuliani e McCain condividono le stesse idee e le medesime strategie per proteggere l’America e sconfiggere il terrorismo islamico. Tra quattro anni McCain avrà 72 anni, Giuliani 64. Potrebbe essere un ticket formidabile questo formato dal liberal della costa est che ha dimostrato di poter conquistare una roccaforte democratica e di saper governare l’ingovernabile New York, affiancato dall’eroe di guerra che oggi è il politico più popolare d’America. Le idee di McCain sono quelle classiche dei repubblicani, contro l’aborto, l’utilizzo delle cellule staminali e l’espansione del sistema sanitario. Giuliani, invece, su questi temi è moderato, una definizione che nel partito equivale a un insulto. Fino a ieri era impensabile che chi, sia pure per scherzo, si fosse travestito da "drag queen" potesse aspirare alla presidenza. Ma nell’America dell’11 settembre i moderati sono quelli che mostrano di non avere "tolleranza zero" contro i fascisti islamici.

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