Milano. I numeri sono pessimi per George W. Bush, dice Charlie Cook, analista del National Journal e autore del "Cook Report", un’attenta disamina delle tendenze elettorali americane. Il presidente, spiega Cook, non deve tanto preoccuparsi dei sondaggi sfavorevoli che oggi lo vedono in 9 casi su 11 dietro John Kerry, quanto da che cosa si legge tra le righe di quelle ricerche. La differenza tra i due candidati è minima, due o tre per cento. Di fatto è un pareggio che si ripercuote anche nelle assemblee locali. Se si considerano i 7.382 deputati e senatori nazionali si scopre che anche lì l’America è divisa, il 49,95 per cento degli eletti è repubblicano, il 49,13 democratico.
La novità sta nel fatto che nessuno dei due contendenti sembra abbia grandi possibilità di conquistare voti nel campo avversario. I democratici e i repubblicani sono già convinti di votare gli uni Kerry, gli altri Bush. Ecco perché la convention di Boston non ha fatto rimbalzare le chance dello sfidante, così come quella di New York rischia di non dare un grande slancio a Bush. Cook ha esaminato i sondaggi e si è accorto che la quota di indecisi è bassa, intorno al sei per cento. La chiave della Casa Bianca è nelle loro mani. Storicamente il presidente in carica non riesce a conquistare la maggioranza degli indecisi, i quali se sono incerti lo sono perché in parte hanno già bocciato l’operato di un presidente del quale sanno tutto, che cosa ha fatto, come si comporta, quali sono le sue politiche. Kerry, dice Cook, invece ha due problemi: è troppo distaccato rispetto all’americano medio e il suo record al Senato è troppo di sinistra.
Il punto è che tra gli indecisi solo il 19 per cento pensa che il paese stia andando nella giusta direzione, mentre il 74 crede che la guida di Bush abbia messo gli Stati Uniti sul binario sbagliato. Secondo Cook se negli 80 giorni che mancano al voto il presidente non darà una svolta all’inerzia della campagna elettorale, perderà. Non si tratta più di non commettere errori né di non perdere i dibattiti televisivi, se Bush vuole vincere dovrà cambiare il corso della campagna. Fin qui la sua strategia è stata quella di mobilitare la base e di convincere quei 4 milioni di evangelici che nel 2000 non si recarono alle urne. Il programma della convention di New York svela però come punti anche sui centristi del partito per convincere gli indecisi. Al Madison Square Garden parleranno in prima serata i repubblicani liberal Mike Bloomberg, Rudy Giuliani e Arnold Schwarzenegger. Con loro il senatore che Kerry avrebbe voluto come suo vice, cioè John McCain, e il senatore democratico della Georgia Zel Miller.
18 Agosto 2004