Nel 1992, sempre a New York, sempre al Madison Square Garden, Bill Clinton affidò al senatore della Georgia, Zell Miller, il compito di spiegare agli elettori la sua visione dell’America e il senso della sua sfida a George Bush padre. Miller fu il "keynote speaker" di quell’edizione della convention democratica, ruolo che quattro settimane fa, a Boston, John Kerry ha affidato alla nuova star del partito democratico, Barack Obama. Dodici anni dopo, per l’esattezza il primo settembre prossimo, Zell Miller, detto Zig Zag e presto capirete perché, salirà sullo stesso palco e avrà il compito di propagandare le politiche di George Bush in favore della crescita economica, dei lavoratori e degli imprenditori. Miller, infatti, da democratico, ora sostiene il presidente repubblicano e lo considera "l’uomo giusto" per guidare l’America. L’anno scorso ha scritto un bestseller per spiegare che i democratici non sono più un partito nazionale, ma un gruppo di liberal, radical chic e intellettuali perlopiù radicati nelle metropoli sulle due coste. Miller ha anche fondato il gruppo "Democratici per Bush", ma oltre a lui, a Rodney Alexander, congressman della Louisiana che ha cambiato partito pochi giorni fa, e all’ex sindaco di New York, Ed Koch, non si conoscono altri affiliati.
La convention repubblicana ha uno slogan lungo e verboso che ricorda quello dei Meeting riminesi di Comunione e Liberazione: "Adempiere la promessa americana di costruire un mondo più sicuro e un’America piena di speranza". Ciascuno dei quattro giorni congressuali si concentrerà sui temi-chiave per raggiungere l’obiettivo. Il primo giorno, lunedì 30 agosto, l’ex sindaco Rudy Giuliani parlerà del "coraggio di una nazione", ovviamente ricordando l’11 settembre e le sfide che il popolo americano ha dovuto affrontare in questi tre anni. Il giorno successivo la convention affronterà la "compassione del popolo americano", con interventi di Laura Bush e di Arnold Schwarzenegger, il quale racconterà la realizzazione del suo personale sogno americano e il messaggio di ottimismo e di speranza che proviene dalla campagna Bush. Mercoledì è il giorno di Miller e del vicepresidente Dick Cheney, il quale spiegherà perché l’America è ancora la terra delle grandi opportunità. Giovedì Bush chiude la convention presentando "nuove e innovative idee per diffondere opportunità e prosperità in ogni angolo del paese", oltre a un "piano per costruire un mondo più sicuro attraverso la diffusione della libertà".
Peggy Noonan, la speech writer di Ronald Reagan che (come ha scritto Panorama) riuscì a "trasformare l’ideologia in poesia", ha chiesto l’aspettativa dal suo giornale, il Wall Street Journal, per aiutare la campagna di rielezione di Bush. Era lontana dai palazzi della politica dal 1988. Noonan non riceverà alcun compenso e non porterà scompiglio nell’ottima e ben oleata squadra di autori di Bush. Che cosa farà, dunque? Lei giura che non lavorerà direttamente col capo, ma c’è il sospetto che stia ritoccando il discorso di Bush alla convention. Qualche settimana fa, sul Wall Street Journal, Noonan aveva consigliato a Bush di parlare sommessamente, di trasmettere una visione ottimista, senza ovviamente cedere di un millimetro sul fronte dell’Iraq e della guerra al terrore. Secondo Noonan, gli attuali toni forti di Bush potrebbero convincere gli americani che "la storia sia diventata troppo drammatica in questi anni, e che una via d’uscita da questo dramma possa essere il cambio di presidente e l’assunzione di Kerry, proprio per far diventare le cose più noiose e costringere la storia a darsi una calmata". Noonan crede che Bush debba parlare di pace anziché di guerra, debba far capire agli americani che odia la guerra, che la odia davvero, e che invece ama la pace, aspira alla pace, spera nella pace, si batte per la pace. Più Bush ripeterà la parolina "pace", più sapremo se Peggy Noonan avrà contribuito al discorso.
Mentre Bruce Springsteen, i Rem e gli altri big del rock americano suonano per convincere gli elettori degli Stati in bilico a votare John Kerry, i repubblicani hanno reso nota la lista con i primi 8 cantanti che si esibiranno sul palco della convention. Non c’è nessun big, piuttosto due star della musica country, il poliziotto che dopo l’11 settembre è diventato famoso per la sua interpretazione dell’inno nazionale, un ex cantante liberal, un’ex partecipante di Survivor, un veterano di Broadway, un’ex campionessa mondiale di surf e un’ex modella diventate cantanti di colonne sonore per Hollywood.
A New York i repubblicani registrati sono 1 ogni 8 democratici. Soltanto 3 dei 51 consiglieri comunali, 2 dei 65 parlamentari nazionali, 1 dei 14 deputati di Washington e nessuno dei 2 senatori sono del partito di Bush. I sindaci Giuliani e Bloomberg erano dems prima di correre con il Gop, e sono rimasti indipendenti. Nessuno dei presidenti repubblicani eletti nel dopoguerra ha mai vinto in città. L’Economist racconta di un condominio che addirittura negò a Richard Nixon l’autorizzazione a prendere casa.