Camillo di Christian RoccaI consiglieri di Kerry grati con l'Italia per la presenza di truppe in Iraq

St. Louis (Missouri). Gli strateghi di John Kerry e i suoi principali consiglieri di politica estera hanno spiegato al Foglio che atteggiamento avrà il loro candidato, qualora fosse eletto presidente, riguardo alle truppe italiane impegnate in Iraq. Hanno risposto Rand Beers, l,uomo che potrebbe prendere il posto di Condoleezza Rice se Kerry vincesse le elezioni del 2 novembre, James Rubin, consigliere di politica estera con un ruolo assicurato al Dipartimento di Stato, Mary Beth Cahill, manager della campagna elettorale, e Madeleine Albright, ex segretario di Stato di Bill Clinton. Kerry, in questi mesi, ha più volte spiegato che con lui alla Casa Bianca gli "alleati europei", cioè Francia e Germania, si convincerebbero sia a inviare truppe in Iraq sia a condividere il peso della missione in medio oriente. Impresa difficile, ma comunque vada il neo presidente Kerry certamente non potrà permettersi di perdere gli alleati che fanno già parte della coalizione internazionale creata da George W. Bush. In campagna elettorale, però, Kerry ha liquidato più volte come "tappezzeria" gli eserciti non anglosassoni impegnati in Iraq. Bush gli ha fatto più volte notare come gli insulti ai polacchi e agli "eroi italiani di Nassiriyah" non siano un modo efficace per mantenere buoni rapporti e per convincerli a rimanere in medio oriente. Madeleine Albright nega che Kerry abbia inteso sottovalutare l’impegno e gli sforzi degli italiani o dei polacchi in Iraq: "Kerry sa che gli italiani hanno dato un importante contributo alla stabilità del paese, ed è grato all’Italia. Se sarà eletto chiederà ad altri paesi di inviare truppe, perché è necessario un maggiore coinvolgimento della comunità internazionale". James Rubin al Foglio assicura che "con Kerry alla Casa Bianca cambierà finalmente il clima: i rapporti con gli europei miglioreranno e sarà più facile convincerli a impegnarsi". E con i governi già convinti, come quello italiano? "Ora arrivo al punto risponde Rubin diciamo che questo nuovo atteggiamento americano aiuterà il governo italiano a mantenere il proprio contingente laggiù. Noi della campagna Kerry siamo grati alle truppe italiane presenti in Iraq. Questa non è la guerra di Bush, perché, comunque la si pensi sulla decisione di invadere il paese, ora l,Iraq fa parte della guerra al terrorismo e tutto il mondo civilizzato ha un interesse primario a vincere questa battaglia". Mary Beth Cahill, ex capo dello staff del senatore Ted Kennedy e oggi stratega numero uno della campagna Kerry, spiega che un,eventuale presidenza democratica non avrà affatto un impatto negativo sulla presenza italiana a Nassiriyah: "La prima cosa che Kerry farà sarà di trovare un,intesa con la leadership italiana per poter lavorare insieme in Iraq. So che voi siete già lì, così come posso dirvi quanto Kerry sia stato colpito dal rapimento delle due volontarie italiane. Sono certa che Kerry e la leadership italiana lavoreranno insieme in Iraq". Ritorno all,Onu, un forum con gli europei Rand Beers è il consigliere principe di Kerry sulle questioni della sicurezza nazionale e della politica estera. Veterano del Vietnam, ha lavorato al National Security Council con Ronald Reagan, Bush padre, Bill Clinton e finanche con George W. Bush. Grande amico dell,ex capo dell,antiterrorismo Richard Clarke, Beers ha lasciato l,Amministrazione Bush tre giorni prima dell,invasione dell,Iraq ed è entrato nella campagna Kerry. Al Foglio ha spiegato la strategia internazionale del possibile prossimo presidente democratico: "Per prima cosa Kerry ritornerà all,Onu, poi aprirà un forum con gli amici europei. L,atteggiamento sarà profondamente diverso da quello avuto fin qui da Bush dice Beers Con Kerry alla guida, gli Stati Uniti finalmente ascolteranno gli alleati, non li faranno sentire come soci di minoranza, andranno incontro alle loro esigenze. Kerry spiegherà che gli obiettivi sono comuni e che il risultato della battaglia in Iraq interessa tutti". Ma c,è chi, come l,Italia, questo lo ha già capito: "Siamo molto grati all,Italia per il suo impegno in Iraq, ma sento parlare di una possibile diminuzione del vostro contingente ha detto Beers Con la presidenza Kerry sarà più facile evitarlo, perché tutti si renderanno conto che a Washington finalmente c,è qualcuno con un piano efficace per vincere". Il piano di Kerry, però, è molto simile a quello di Bush addestramento delle truppe irachene, finanziamento della ricostruzione ed elezioni con l,aggravante che Kerry deve spiegare perché ha votato contro i 20 miliardi di dollari per la ricostruzione del paese. "Non era un voto contro la ricostruzione, ma contro il modo in cui Bush voleva spendere quei soldi", replica Beers. Quanto alle elezioni, il consigliere di Kerry non crede al quadro idilliaco offerto da Bush: "Basta vedere che in Afghanistan il voto è stato posticipato tre volte". Ma, infine, s,è votato, no? "Sì, finalmente s,è votato ed è un risultato meraviglioso, ma ora c,è da lavorare per proteggere le elezioni irachene". Kerry è favorevole a una presenza di truppe Nato in Iraq? "Siamo favorevoli a un ampio coinvolgimento della Nato, sappiamo che non potrà avvenire da un giorno all,altro ma questo è l’obiettivo. Bush, invece, al vertice di Istanbul, ha ottenuto soltanto un intervento minore dell,Alleanza Atlantica". Colpa di Bush o di Jacques Chirac? "Di chiunque sia la colpa, Bush non è riuscito a convincere la Nato a inviare truppe", dice Beers.

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