Il senatore Kerry ha concesso un’incredibile intervista al magazine del New York Times, un giornale che lo appoggia incondizionatamente e che certo non voleva preparargli un tranello. Il candidato democratico, in sintesi, crede che la minaccia di Osama possa essere contenuta e che il terrorismo vada combattuto come un crimine comune. Bush ovviamente ha già fatto partire una nuova ondata di spot tv. Ma è stato lo stesso giornalista liberal del Times, Matt Bai, a essere rimasto sorpreso, addirittura perplesso, dalle risposte di Kerry sull’11 settembre: "Non mi ha cambiato per niente ha detto Kerry ha solo accelerato e mi ha confermato l’urgenza di fare le cose che pensavo fosse necessario fare prima". Secondo Kerry, il fondamentalismo nichilista e stragista non è un tema centrale della nostra esistenza: "Dobbiamo tornare al punto in cui eravamo, quando i terroristi non erano l’obiettivo delle nostre vite, ma una seccatura. Da ex procuratore so che non riusciremo mai a far scomparire la prostituzione e so che non riusciremo mai a far scomparire il gioco d’azzardo illegale. Ma possiamo ridurre il crimine organizzato a un livello di non crescita, che non minacci la vita della gente, a qualcosa che si continua a combattere, ma che non minacci il fondamento della nostra vita". Per Kerry l’attacco all’America non è stato l’evento epocale di cui si discute da tre anni né l’inizio della quarta guerra mondiale, ma solo un atto criminale, da perseguire come tale. E’ questo il motivo, ha scritto il giornalista del Times, per cui alcuni elettori non si fidano della sua leadership e, nonostante gli errori, sembrano ancora preferire Bush. Il paradosso, spiega Bai, è che il candidato "visionario" è il tanto insultato Bush, il quale con la sua strategia di esportare la libertà e la democrazia in medio oriente ha in mente un progetto di lungo termine per rimettere a posto il disordine del mondo. Kerry, invece, nell’intervista rigetta questa idea e a bin Laden risponde da ingegnere, contrapponendogli una serie di soluzioni tecniche. "La sua visione meno idealista ha concluso il Times sarebbe sembrata più apprezzabile, e più facile da spiegare, in un mondo con le Torri gemelle ancora in piedi".
13 Ottobre 2004