New York. Smontata la storia delle armi irachene che Bush si sarebbe fatto soffiare dai terroristi (ieri il Pentagono ha spiegato che gran parte dell’esplosivo "scomparso" è in mano americana), è partita un’altra bordata mediatica contro la Casa Bianca. La rivista inglese The Lancet, anticipando l’uscita del numero di novembre, ha reso noto che in Iraq, a causa della guerra, sono morte 100 mila persone. Negli Stati Uniti la notizia è stata messa tra le brevi, anche dai giornali liberal, visto che il dato è dedotto da un sondaggio (sì, da un sondaggio) condotto su 800 iracheni. In Italia, invece: paginate. Lo stesso New York Times, impegnato in una campagna durissima contro Bush, ha avanzato dubbi sulla ricerca e parlato di "scetticismo" su un numero che, tradotto, vorrebbe dire 166 morti quotidiani dal giorno dell’invasione. Dati ufficiali non ce ne sono, per cui ciascuno può dire quello che vuole. Ma finanche il sito iper pacifista "Iraq Body Count", che conta i morti del conflitto, ancora ieri sosteneva che le vittime sarebbero tra le 14 e le 16 mila. Una cifra (contestata) che certo è alta ma, secondo il giornale australiano The Age, infinitamente più bassa rispetto ai morti che faceva Saddam: "Secondo le stime Saddam ha ucciso tra 500 mila e un milione di suoi concittadini nei 13 anni dalla Guerra del Golfo, non includendo gli effetti delle sanzioni. Dalla cifra più bassa viene fuori una media di 105 morti al giorno". Fosse rimasto al potere, Saddam avrebbe potuto uccidere tra 64 mila e 128 mila iracheni negli stessi 610 giorni dall’invasione.
30 Ottobre 2004