Edwards è partito benissimo, accusando con efficacia l’Amministrazione. Bravo, sciolto, davvero bravo. Poi sono venute fuori le contraddizioni della posizione del suo ticket e con calma, quasi a voler dire "guarda con chi mi tocca discutere", Cheney ha spiegato perché l’Iraq è centrale nella guerra al terrorismo e perché Kerry, visto il suo record ventennale al Senato, non è credibile. Insomma a Cheney è riuscito quello che non era riuscito a Bush giovedì, ricacciare Kerry ed Edwards nel girone dei "non presidenziali".
Hanno detto parecchie inesattezze entrambi, ma Cheney ha steso Edwards quando gli ha spiegato che il principale alleato dell’America in Iraq è l’Iraq medesimo, il cui nuovo esercito ha avuto oltre 800 caduti nella lotta contro i terroristi e i nostalgici del duce di Baghdad. Insomma da una parte c’era il bad cop e dall’altra un ragazzino col ditino alzato; da una parte uno che si capisce abbia in mano le sorti del mondo, dall’altra un brillante rutelliano. Devastante, secondo me, l’effetto per chi chiede al team presidenziale maggiore sicurezza. Su Israele, Cheney non ha detto una parola, mentre Edwards s’è lanciato in una esposizione del diritto, anzi lui ha parlato di "obbligo", degli israeliani a difendersi dai terroristi ("perché sono terroristi") che alla Knesset sarebbe stato bollato come troppo estremista. Nemmeno una parola per i palestinesi, da parte del vice di centrosinistra. Il risultato? Lo stesso. C’è uno che non ha bisogno di dire che è un duro e l’altro che ha bisogno di dirlo ogni cinque secondi e che ogni cnque secondi deve dire il nome di John Kerry come se fosse il paparino al quale chiedere aiuto.
Edwards è partito bene anche sulle cose di politica interna, ma ha commesso un errore incredibile e ha capito di averlo commesso al punto che da quel momento in poi ha cominciato a soffrire ed è andato nel pallone. Un paio di volte è stato costretto a usare il tempo di una domanda successiva (ma non era irregolare?) per recuperare il terreno.
L’errore è stato questo: a proposito del matrimonio gay ha fatto un esplicito e sgradevole riferimento alla figlia lesbica di Cheney, dicendo retoricamente di essere certo che Cheney e sua moglie vogliono bene alla loro figlia gay: e allora perché impedirle di avere i diritti delle coppie sposate? (Nota: Kerry ed Edwards sono contrari al matrimonio gay).
Al suo turno Cheney ha replicato, gelido: "Ringrazio il senatore Edwards per le parole gentile su di me e la mia famiglia". E basta. Edwards ha cominciato a sudare e da lì ne ha azzeccate poche. Insomma non tiene i 90 minuti.
E’ toccato a lui, stavolta, confondere Saddam con Osama (l’altra volta capitò sia a Kerry sia a Bush). In un giochino stupido proposto dalla (scarsa conduttrice) è caduto due volte in errore (avrebbe dovuto parlare di Kerry senza nominarlo – chissà perché – ma l’ha nominato due volte). Cheney prima non ha risposto alle accuse di Edwards sulla Hulliburton, la società che ha diretto negli anni di Clinton ("nell’unico momento in cui abbiamo perso"), rifiutandosi di poter spiegare tutto quanto in 90 secondi. Successivamente ha detto sbrigativamente che si tratta di una cortina di fumo sollevata dai democratici a corto di argomenti. Fenomenale quando, a domanda, Cheney ha risposto che non parla mai di se stesso ma che se proprio deve farlo allora sappiate che la sua storia personale di ragazzo di famiglia povera è molto simile a quella che Edwards non manca mai di sottolineare. La dichiarazione finale di Edwards era di un fasullo incredibile. Una persona di sinistra con cui ho seguito il dibattito s’è messa le mani sulle orecchie per la vergogna. Cheney è uscito dal confronto vincitore. I commenti, specie su Nbc e Msnbc, sono stati straordinariamente favorevoli a Cheney. Molto più dei miei.
6 Ottobre 2004