Camillo di Christian RoccaRitratto di first family in un interno

Guardate questa fotografia. E’ stata scattata alla Casa Bianca nel primo pomeriggio del 2 di novembre, alcune ore prima della chiusura dei seggi elettorali in America. George W. Bush appare tranquillo, sereno, per nulla turbato dai primi exit poll che danno in vantaggio il suo sfidante, il senatore di Boston John Kerry (gli stessi che hanno fatto fare brutta figura a quasi tutti i giornali italiani). Il ritratto della tranquillità familiare, quei sorrisi, il cane Barney che scondinzola, le riviste ben ordinate sopra i due tavolini, le tazze da caffè, non fotografano soltanto la first family d’America, ma anche il sogno borghese della maggioranza degli americani che, qualche ora dopo, ha rieletto Bush alla presidenza degli Stati Uniti.
Non date retta a chi, dopo aver sbagliato previsioni e analisi, ora vi spiega che hanno vinto i fondamentalisti religiosi, gli "evangelici", come se gli evangelici fossero una setta di crociati del nuovo secolo. Gli evangelici, in realtà, sono cristiani protestanti, persone normali, credenti. Sono cristiani che in linea con lo spirito religioso e individualista della Conquista del West si sono organizzati la propria chiesa, la propria comunità, la propria società. Gli evangelici costituiscono il 22 per cento dell’elettorato del 2 novembre. E se questa volta, così come ai tempi di Ronald Reagan, hanno votato in grande maggioranza per Bush, in altri casi hanno preferito i democratici, specie Jimmy Carter e Bill Clinton, due evangelici battisti tra l’altro.
Bush ha conquistato la maggioranza dei voti, cioè oltre tre milioni e mezzo di preferenze in più rispetto allo sfidante, perché è apparso più in sintonia con i valori fondamentali dell’America. Era Bush quello che parlava di libertà e di democrazia, non Kerry. Era Bush quello che insisteva sulla non ingerenza dello Stato nella vita privata dei cittadini, non Kerry. Era Bush quello che voleva abbassare le tasse, non Kerry. Era Bush quello che appariva più americano, più deciso, più convinto che la missione del suo paese fosse quella di conservare le immense libertà dei suoi concittadini e sconfiggere il nemico che quelle libertà vuole negare. Era Bush quello che difendeva i valori della famiglia, non Kerry. Ecco perché questa foto spiega la rielezione del presidente meglio di qualche dotta analisi sociologica. La famiglia è sacra oltreoceano. E non solo negli Stati dove ha perso Kerry. E non soltanto ora che ha vinto Bush. La legge in difesa del matrimonio eterosessuale, per esempio, fu approvata negli anni di Bill Clinton (nel 1996) e da Bill Clinton fu firmata. Solo quattordici senatori si opposero al divieto delle nozze gay, tredici più John Kerry. Il matrimonio gay è stato bocciato anche in un paio di Stati dove ha stravinto il candidato di sinistra. La famiglia, come la vediamo anche in questa foto, è il modello di organizzazione della società americana. Non dipende dallo Stato, si fa da sé, è individualista, è libera, è pervasa dello spirito dei pionieri, è la base per costruire le mille comunità di cui è composta l’America.
Nella foto pubblicata in queste pagine si vedono un fratello e una sorella di Bush, poi il genero, le figlie, un nipote, un’amica, appunto, "di famiglia" e poi la moglie Laura. Se guardate bene manca il fratello Jeb, il governatore-star della Florida, ma c’è chi giura che tra quattro anni vedremo la stessa foto familiare dei Bush con Jeb seduto sulla poltrona di George. Nella foto, invece, ci sono i genitori del presidente, papà George H. W. e mamma Barbara. Di Bush senior si disse che nel 1992 perse la rielezione perché, così come Kerry quest’anno, fece l’errore di sottovalutare i valori tradizionali degli americani. Errore che non commise Clinton, nonostante la sua presidenza naufragò proprio su questo. Quando i Democratici potranno mostrarsi in una foto come questa, senza timore di apparire ridicoli e senza dare l’impressione di essersi messi in posa solo per motivi elettorali, allora torneranno ad avere qualche speranza di entrare alla Casa Bianca.

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