Camillo di Christian RoccaCaos all'Onu

Roma. "Kofi Annan se ne deve andare", ha scritto ieri, nero su bianco, Norm Coleman, il presidente della Commissione del Senato americano che indaga sulla gestione Onu degli oltre 20 miliardi di dollari che avrebbero dovuto sfamare i bimbi iracheni e che invece sono serviti a Saddam per arricchirsi, rinsaldare il regime, finanziare i kamikaze, riavviare i programmi di armamento, comprarsi politici di potenze straniere e corrompere funzionari delle Nazioni Unite. Non sono giorni facili per il Segretario generale Kofi Annan, con il figlio Kojo inguiato nello scandalo Oil for Food (era a libro paga della società che avrebbe dovuto vigilare sulla corruzione del programma), con gli inquisitori e i giornali americani alle calcagna, con le accuse di stupro e pedofilia da cui si devono difendere i Caschi blu in Africa e, infine, con una rivolta del sindacato dei dipendenti delle Nazioni Unite.
In attesa della conclusione dell’inchiesta interna sull’Oil for Food, affidata all’ex presidente della Federal Reserve americana Paul Volcker, e dopo aver perso la scommessa sulla vittoria di Kerry, Annan ha cercato di arginare le polemiche anticipando di un giorno le proposte di riforma delle Nazioni Unite. Una Commissione guidata da un ex primo ministro thailandese ha presentato ieri un documento di quasi cento pagine che contiene i diversi progetti istituzionali. Aumenterebbe di tre o sei unità il numero dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (oggi sono 5), ai quali si affiancherebbero 13 o 11 seggi biennali non rinnovabili. In entrambi i casi è la Germania il paese europeo che gode di una buona maggioranza nell’Assemblea Generale, mentre l’ipotesi che piace al premier italiano Silvio Berlusconi, cioè assegnare uno dei seggi permanenti all’Unione europea, pare poter contare sull’appoggio dell’Amministrazione Bush. Secondo un’indiscrezione del Sole 24 Ore, il prossimo Segretario di Stato, Condoleezza Rice, si muoverà sulla stessa scia di Colin Powell, anzi pare che sosterrà le preoccupazioni italiane "con maggiore convinzione".
Il dibattito sulla riforma dell’Onu, però, non riesce a spazzare via le polemiche. Annan, il cui mandato scade nel 2006, è accerchiato. Sui giornali americani si leggono inchieste sul valore commerciale dell’area di New York dove ha sede il Palazzo di Vetro e che fu regalata negli anni Quaranta dalla famiglia Rockfeller, mentre non si sono mai sopite le polemiche della città con i funzionari Onu che non pagano le multe per parcheggio abusivo. Un gruppo di senatori repubblicani, intanto, è pronto a scatenare alla ripresa delle attività parlamentari una campagna invernale contro l’Onu. C’è già un progetto di legge, "UN Oil for Food Accountability Act", che prevede di ridurre del 10 per cento il primo anno e del 20 per cento il secondo anno il contributo finanziario degli Stati Uniti alle Nazioni Unite se Kofi Annan non metterà a disposizione del Congresso i documenti interni sul programma petrolio-in-cambio-di-cibo.
Il presidente della Commissione Esteri del Senato, Richard Lugar, ha detto che prima di discutere la proposta bisognerà aspettare il risultato dell’inchiesta della Commissione Onu. Secondo quanto risulta al Foglio, la Commissione guidata da Volcker non sta indagando su tutti i nomi dei presunti beneficiati da Saddam contenuti nella lista trovata a Baghdad e che ora è nelle mani del team di investigatori dell’Onu. In particolare pare che Volcker non si concentrerà su nessuno degli italiani presenti nella lista (Roberto Formigoni, Padre Benjamin e un paio di imprenditori). L’obiettivo primario, invece, è Benon Sevan, il braccio destro di Annan che aveva la gestione diretta del programma. Poi affronterà il ruolo del figlio di Annan e, naturalmente, quello dei politici e degli imprenditori (specie francesi e russi, ma anche americani) che avrebbero più di tutti profittato dei dollari di Saddam. Gli investigatori del Congresso temono che il Segretario generale possa essere risparmiato dalla Commissione Volcker, e sono interessati a capire se c’era un legame tra le tangenti e l’atteggiamento della Francia al Consiglio di Sicurezza in difesa del regime iracheno.

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