Camillo di Christian RoccaTurchia in Europa?

l testo che segue è tratto da "L’Apocalisse", il lungo Post Scriptum che Oriana Fallaci ha aggiunto al terzo dei suoi libri post-11 settembre: "La Rabbia e l’Orgoglio", "La Forza della Ragione", "Oriana Fallaci intervista sé stessa", più "L’Apocalisse", oggi raccolti in un cofanetto edito da Rizzoli International. La sua Apocalisse si rifà all’Apocalisse dell’Evangelista Giovanni, e in essa il "Mostro che sale dal mare" è l’islam. Con l’espediente letterario dell’intervista a se stessa, la Fallaci interviene per scongiurare l’ingresso della Turchia nell’Unione europea. Una provocazione forte, come nello stile della scrittrice fiorentina, che colpisce sia la mente sia le viscere dei suoi lettori. Pagine da leggere, su cui riflettere, che riguardano il futuro dell’occidente, che hanno il merito di aprire un dibattito serio su un tema che non può essere liquidato con la semplice presa d’atto di una decisione politico-burocratica di Bruxelles. E a proposito della quale la Fallaci ora aggiunge: "Mancano due aggettivi a questo brano. Gli aggettivi ridicolo, buffo. Ancor prima d’essere inconcepibile, imperdonabile, tragica, l’idea della Turchia in Europa è ridicola. Anzi buffa"

 

Si può essere a favore o contro l’ingresso della Turchia nell’Unione europea, questo è ovvio. C’è chi, come Oriana Fallaci e come il nostro Franco Zerlenga, è convinto che aprire le porte di casa a 70 milioni di islamici sunniti sia una follia da evitare a tutti costi, pena la trasformazione dell’Europa, già privata delle radici giudaico-cristiane in omaggio al multiculturalismo politicamente corretto, in un continente musulmano. Altri, come il Paul Wolfowitz qui di fianco e come George W. Bush, Tony Blair e Silvio Berlusconi, sostengono al contrario che abbracciare Ankara sia una buona cosa, anzi un’ottima idea. Costoro, affiancati sul fronte italiano dai radicali, credono che far entrare la Turchia in Europa sia il modo migliore per esportare pacificamente i nostri valori di tolleranza e il nostro modello sociale liberale. Si può essere dunque, legittimamente e con buoni argomenti, sia a favore sia contro la Turchia europea. Non si può, però, restare sordi di fronte alle tesi dei due schieramenti e alle rispettive preoccupazioni. I primi sostengono che se abbiamo già tutti questi problemi con 20 milioni di musulmani, figuriamoci se ne arrivano altri 70. Chi non vuole i turchi crede che l’islam non abbia mai accantonato il sogno di conquistare l’Europa e certo avrà sentito un brivido a leggere quei cartelli che hanno salutato il ritorno in Turchia del premier Erdogan come "il conquistatore dell’Europa". I secondi, invece, pur riconoscendo i molti problemi connaturati alla società turca, invitano a premiare gli sforzi e le speranze di chi vede nell’aggrapparsi all’Europa la possibilità di raggiungere il benessere, una migliore condizione di vita, il progresso e, come dicevano gli stessi cartelli sul "conquistatore d’Europa", anche un maggior grado di "civiltà". I favorevoli pensano che sia un bene avere un’opinione pubblica islamica che guarda più a Londra e Roma che a Riad e Teheran. Infine non si può permettere che la decisione definitiva sull’ingresso della Turchia venga lasciata alla burocrazia europea. Serve un referendum che approvi, o disapprovi, non solo le nuove adesioni all’Unione ma anche la nuova Costituzione continentale. Il dibattito va aperto, e la provocazione della Fallaci è benedetta. Ma una cosa va segnalata: il fronte dei difensori dell’occidente che va da Bush a Blair e da Berlusconi a Israele oggi è il promotore dell’ingresso della Turchia in Europa. Questa è una garanzia.

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