New York. Le primarie americane lasciano il Michigan, dove Mitt Romney ha battuto John McCain, e si trasferiscono in South Carolina (soltanto per i repubblicani) e in Nevada, dove sabato continuerà la sfida senza leader tra i conservatori e il confronto tra Hillary Clinton e Barack Obama tra i democratici. Ma dal Michigan al Nevada, a fronte delle preoccupazioni sullo stato dell’economia, emerge in modo sottile anche un’urgenza etica e religiosa che è da sempre la grande caratteristica della vita politica americana.
Un candidato che si autodefinisce “leader cristiano” come Mike Huckabee e un columnist liberal del New York Times come Bob Herbert hanno detto e scritto – il primo a chiusura della sua campagna elettorale in Michigan, l’altro sul Times di martedì a proposito dei caucus in Nevada – due cose apparentemente diverse, ma entrambe formidabili per comprendere la cornice entro la quale si svolge il dibattito pubblico americano. Huckabee si è rivolto agli elettori del Michigan, che poi gli hanno consegnato il terzo posto tra i repubblicani e il 16 per cento dei voti, promettendo di costruire nei primi 18 mesi di una sua presidenza una barriera lungo il confine meridionale degli Stati Uniti e spiegando come la sua fede gli suggerisca di emendare la Costituzione a favore della vita, cioè contro l’aborto, e del matrimonio eterosessuale, cioè contro le nozze gay.
“Alcuni dei miei avversari – ha detto Huckabee – non vogliono cambiare la Costituzione, ma io credo che sia molto più facile cambiare la Costituzione di quanto possa essere cambiare la parola del Dio vivente, e quello che abbiamo bisogno di fare è emendare la Costituzione secondo i principi di Dio piuttosto che provare a cambiarli”. Le parole di Huckabee hanno suscitato scalpore anche a destra, tra i conservatori sociali della National Review, ma è stato il saggista Rod Dreher, autore di “Crunchy Con”, a spiegare che, in fondo, Huckabee ha detto semplicemente di credere nell’insegnamento cristiano sull’aborto e sul matrimonio: “Crede che le leggi statali debbano riflettere quella visione morale”, esattamente come laici e credenti di sinistra credono siano perfettamente morale l’aborto e il matrimonio gay. Soltanto che il loro punto di vista viene considerato moralmente neutro, sicché quando Huckabee dice che le sue convinzioni morali lo portano a una conclusione differente sembra sia arrivata l’ora di Torquemada.
(segue dalla prima pagina) Immaginate – ha scritto Ron Dreher sulla proposta di Huckabee di uniformare la Costituzione ai valori cristiani – il cristiano liberal Barack Obama elogiare il reverendo Martin Luther King e sostenere che la nuova frontiera sul fronte dei diritti civili sia quella di battersi per gli omosessuali: “Obama potrebbe dire: ‘Dio ci ha creato tutti uguali, quindi mi batterò per un emendamento costituzionale che garantisca i pieni diritti degli americani gay e lesbiche’. Sarebbe teocratico? No, l’essenza della politica americana”. Non è sbagliato appellarsi alla fede per rafforzare le posizioni politiche, dice Dreher. Se i laici o i cristiani liberal o gli uomini di fede “pensano di essere nel giusto sulle questioni fondamentali, perché non dovrebbero agire sulla base della loro fede, tanto più che poi a decidere sarà il popolo americano con il processo democratico?”.
L’editorialista liberal del Times, Bob Herbert, invece, ha scritto una riflessione sulla misoginia della società di cui la politica sembra non accorgersi, malgrado uno dei candidati sia donna e nonostante la prossima tappa elettorale sia il Nevada, “il posto perfetto per denunciare il modo in cui le donne sono viste e trattate in questa città”. Non succederà, assicura Herbert, perché gli aspiranti presidenti non usano insultare la popolazione locale. Eppure, si legge sulla bibbia liberal di New York, il Nevada è il posto dove il dibattito pubblico avrebbe bisogno di riappropriarsi del suo lato etico, perché non si può fare a meno di sottolineare che “il punto fondamentale di tutto ciò è la disumanizzazione delle donne, quella che poi apre le porte a ogni tipo di maltrattamento”. “Una volta che si disumanizza qualcuno – conclude Herbert, citando una leader femminista – diventa possibile qualsiasi cosa”. (chr. ro)
17 Gennaio 2008