New York. Le cose cambiano. Nel 1992 il Partito democratico americano non aveva permesso all’allora governatore della Pennsylvania Bob Casey di parlare alla convention di Filadelfia, quella del lancio della candidatura di Bill Clinton alla Casa Bianca, perché il governatore cattolico era contrario all’aborto. Alle elezioni di metà mandato del 2006, il Partito democratico ha conquistato la maggioranza al Senato grazie all’elezione del figlio di Casey, Robert, scelto appositamente dai leader democratici per la sua posizione antiabortista e la sua fede cattolica, considerate fondamentali per sconfiggere il senatore uscente repubblicano Rick Santorum.
Da allora, al Senato, il leader del partito è Harry Reid, anche lui antiabortista e mormone. Alla Camera sono stati eletti sei nuovi “pro life Democrats” (Heath Shuler della Carolina del nord, Joe Donnelly e Brad Ellsworth dell’Indiana, Charlie Wilson dell’Ohio e Chris Carney e Jason Altmire della Pennsylvania) che hanno portato il numero dei deputati di sinistra contrari all’aborto a 37, sei in più del margine di maggioranza, 31, che i democratici hanno sui repubblicani.
La lobby antiabortista del Partito democratico, “Democrats for Life of America”, è nata nel 1999 con l’obiettivo di far cambiare posizione alla sinistra sulla questione dell’aborto e di proteggere la vita “from the womb to the tomb”, “dal grembo alla tomba”. Negli anni Settanta una buona parte del partito era pro life, ma nei decenni successivi gli antiabortisti non hanno più avuto cittadinanza né voce. Ancora nel 2003, ai Democrats for Life è stato negato il permesso di avere un link sul sito del partito, mentre un sondaggio Zogby svelava che per il 43 per cento dei democratici “l’aborto distrugge una vita umana ed è un omicidio”.
Le cose sono cominciate a cambiare nel 2004, alla convention di Boston che ha presentato John Kerry come sfidante di George W. Bush. La piattaforma del partito è rimasta quella degli anni clintoniani, favorevole alla difesa della sentenza Roe contro Wade che nel 1973 ha protetto costituzionalmente la scelta della donna di abortire, ma anche a politiche che rendano l’aborto “safe, legal, and rare”, sicuro, legale e raro. In quell’occasione, i Democratici per la vita hanno avuto modo di presentarsi a un pubblico ampio, organizzando un evento a cui ha partecipato anche Eunice Kennedy Shriver, sorella di John e Bob Kennedy, e altre figuri importanti del partito. Da allora i Democrats for Life sono presenti a tutte le annuali “marce per la vita” che si tengono a Washington in occasione dell’anniversario della Roe contro Wade e hanno coinvolto anche Alveda King, la nipote di Marthin Luther King, ex abortista diventata militante per il diritto alla vita.
I Democrats for Life sono convinti che la sinistra americana non vince le elezioni proprio per il suo assolutismo a favore dell’aborto che le fa perdere consensi tra i credenti. Sebbene molti vorrebbero rendere l’aborto illegale sotto ogni circostanza, la chiave d’azione del gruppo di pressione antiabortista è quella di unire i democratici pro vita e pro scelta per promuovere politiche sociali che possano ridurre le interruzioni di gravidanza. La lobby ha contribuito a scrivere la “Pregnant Women Support Act”, una proposta di legge che contiene 17 modi concreti per ridurre il numero degli aborti, lodata dai due strateghi clintoniani Paul Begala e James Carville nel loro libro di un paio di anni fa, sostenuta dall’attore Martin Sheen, il presidente Josiah Bartlet della serie tv “The West Wing”, e ripresentata al Senato, lo scorso dicembre, da Robert Casey.
26 Gennaio 2008