Camillo di Christian RoccaKristol in croce

“Picchiate e appendete a testa in giù il neocon”, rivolta dei lettori liberal del New York Times

Ieri mattina Bill Kristol, direttore del Weekly Standard, ideologo neoconservatore e sostenitore dell’intervento militare per destituire Saddam Hussein, ha pubblicato la sua seconda column sul New York Times, la bibbia del giornalismo liberal e di sinistra. Tema: la favoletta secondo cui i democratici avrebbero visto giusto sull’Iraq, quando invece sono gli unici a rifiutare di riconoscere la realtà sul campo che, malgrado la loro opposizione, ora è volta al successo grazie alla nuova strategia di David Petraeus e “alla leadership di… George W. Bush. Che orrore!”.
Il giorno precedente, sempre sulle pagine degli editoriali del quotidiano newyorchese, c’era però un articolo del public editor, del garante dei lettori, Clark Hoyt. Tema: proprio Bill Kristol. Titolo, non particolarmente carino: “Potrà anche non essere il benvenuto, ma sopravviveremo”. E’ successo che all’inizio dell’anno, alla notizia che il Times aveva deciso di affidare una rubrica settimanale a un noto giornalista neoconservatore come Kristol, migliaia di lettori del Times hanno invaso le caselle di posta del garante dei lettori e dei capi delle pagine degli editoriali. Kristol non lo vogliamo, era il succo delle e-mail. “Su quasi settecento messaggi che ho ricevuto – più della metà prima ancora che Kristol scrivesse una riga – soltanto uno era favorevole alla scelta”, ha scritto il garante. Il capo degli editoriali Andrew Rosenthal ne ha ricevuta una che diceva così: “Quel disgustoso, traditore, pezzo di merda dovrebbe essere appeso a un lampione a testa in giù e poi picchiato dalla folla, piuttosto che occupare il pulpito di qualsiasi organizzazione giornalistica che si rispetti. Dovreste vergognarvi. Lo fate soltanto per soldi, siete anche voi traditori e puttane che meritano lo stesso trattamento”. La decisione dell’editore Arthur Sulzberger jr. di dare uno spazio settimanale a Kristol in sostituzione dell’ex speech writer di Nixon, William Safire, in pensione dopo oltre trent’anni di editoriali conservatori in terra liberal, ha scatenato reazioni sui blog e ha fatto discutere parecchio nel nuovo palazzo del Times disegnato da Renzo Piano. Anche ai tempi della scelta di Safire i mugugni erano stati rumorosi, ha ricordato il public editor, tanto che a un certo punto spuntò un’ipotesi alternativa a Safire: Irving Kristol, il padrino dei neoconservatori e il padre di Bill.
Kristol, interpellato dal Foglio, preferisce non replicare: “Ho già detto al public editor che pensavo fosse inappropriato rilasciare un commento sul New York Times a un giornalista del New York Times, anche se è il garante dei lettori, visto che scrivo una column sul New York Times… Gli ho anche detto che lascio che siano la mia rubrica e il mio lavoro precedente a parlare per me, quindi credo che sia meglio mantenere questa posizione”. E, a proposito di chi avrebbe sempre sbagliato tutto, con il suo articolo di ieri ha indirettamente ricordato che ad aver toppato l’analisi sono i suoi critici e non lui che ha cominciato nel 2003 a suggerire il cambio di strategia attuato da Bush all’inizio dell’anno e il licenziamento di Donald Rumsfeld.
“Kristol non sarebbe stata la mia scelta da affiancare a David Brooks come seconda voce conservatrice nel miscuglio di editorialisti del Times – ha scritto il garante dei lettori – ma la reazione supera ogni ragionevolezza. Assumere Kristol è la peggiore idea di sempre? Me ne vengono in mente molte altre: impiccare qualcuno a un lampione e farlo picchiare dalla folla a causa delle sue idee?”. Al garante, però, non è piaciuto il suo primo articolo, ma “non è la fine del mondo” anche perché “Kristol ha un contratto di un solo anno, durante il quale avrà il tempo di dimostrare di essere un altro Safire. Viceversa lui e il giornale andranno avanti lo stesso”.

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