Camillo di Christian RoccaThe Clintons

Hillary vince ma la crisi della famiglia liberalmoderata c’è. Bill giù dal palco

Hillary Clinton, la “comeback gal”, la figliola prodiga della politica americana, ha vinto d’un soffio le primarie del New Hampshire, frenando quella che dopo la pesante sconfitta in Iowa di qualche giorno fa sembrava un’inarrestabile corsa di Barack Obama verso la conquista della nomination del partito democratico. Anche il successo parallelo di John McCain, il 72enne senatore del Partito repubblicano dallo spirito indipendente, dato più volte per spacciato nel fronte conservatore, ha avuto l’effetto di riaprire una partita che a destra, se possibile, è ancora più complicata. I sondaggi ci hanno in parte preso, in parte no. Alla vigilia, la vittoria di McCain era prevista, quella di Hillary era scontata fino a qualche giorno fa e impossibile a urne ancora aperte. Le interpretazioni sull’improvvisa fiammata di Hillary (le semi-lacrime, le donne single, l’accusa a Obama di non essere abbastanza pro aborto) si sprecano e sono allo stesso tempo tutte valide e tutte campate in aria. La verità è che nessuno sa niente e che, come sempre, bisogna aspettare che si contino i voti prima di parlare, specie in un’elezione aperta ed entusiasmante come questa che vede per la prima volta in ottanta anni entrambi i partiti privi di un candidato che sia un presidente o un vicepresidente uscente.
Hillary e la straordinaria macchina da guerra dei clintonistas hanno superato insieme la seconda prova e ne vinceranno ancora altre, ma la crisi di rigetto dell’ideologia clintoniana resta evidente nel paese. L’età d’oro è passata, le soluzioni centriste e riformiste non elettrizzano più, la magia è svanita, perché una cosa era turarsi il naso e ingoiare il rospo della triangolazione clintoniana di fronte alla certezza che altrimenti i repubblicani avrebbero continuato a vincere, un’altra è la prospettiva odierna di avere già in tasca le chiavi della Casa Bianca dopo otto durissimi anni di George W. Bush.
Il mondo liberal, oggi più che mai, è certo di vincere le presidenziali del 2008 e vuole entrare alla Casa Bianca a tutto gas, non col freno tirato del pragmatismo cinico e ballerino dei clintoniani. La carica idealista del cambiamento e della speranza è un fattore più ammaliante rispetto all’esperienza e alla nostalgia che può offrire Hillary, e finanche dell’idea della prima donna presidente. Il clintonismo non è domo, ma resta in difesa, non offre una nuova visione strategica e a ogni turno delle primarie rischia di diventare l’oggetto di un referendum abrogativo. Hillary e i suoi strateghi lo sanno e ieri hanno organizzato con cura la festa del trionfo in New Hampshire e con un dettaglio non indifferente rispetto all’Iowa: alle spalle di Hillary sono stati piazzati tanti giovani, al posto degli stagionati protagonisti dell’era clintoniana. E Bill è stato fatto scendere dal palco, in modo che non venisse mai inquadrato durante il discorso della vittoria. 

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