Camillo di Christian RoccaBill Giacinto Clinton e il curioso nervosismo liberal sull'aborto

New York. L’aborto ha fatto incavolare di brutto Bill Clinton, neanche fosse Marco Pannella. E’ successo domenica a Steubenville, in Ohio, durante un comizio per Hillary disturbato da tre ragazzi che pregavano spalle al palco per l’anima dei non nati e interrotto da un insolente militante antiabortista, dotato di cartello “l’aborto uccide i bambini”, che gli ha chiesto due volte conto della “strage di innocenti”.
Clinton è stato il presidente che avrebbe voluto rendere l’aborto “safe, legal and rare”, sicuro, legale e raro (sebbene in inglese “rare” voglia dire anche “al sangue”, come fanno notare gli antiabortisti) ed è orgoglioso di aver visto ridurre del venti per cento il numero di aborti durante i suoi anni alla Casa Bianca. La formula “sicuro, legale e raro” era la classica terza via clintoniana, a metà strada tra la leggerezza pro choice della sinistra progressista e l’assolutismo in difesa della vita del fronte pro life. Sua moglie Hillary, candidata alla presidenza degli Stati Uniti, è andata oltre in un ormai famoso discorso del gennaio 2005: “L’aborto è una scelta triste e tragica per molte donne. Non c’è alcuna ragione per cui lo stato non possa fare di più per istruire e informare e fornire assistenza in modo che la scelta garantita dalla nostra costituzione o non sia mai fatta oppure venga esercitata soltanto in circostanze molto rare”. Hillary, insomma, è passata dal sostenere l’aborto “sicuro, legale e raro” ad auspicarlo safe, legal and never, cioè “mai”, anticipando la maggiore attenzione al mondo pro life che il partito democratico ha mostrato alle elezioni di metà mandato del 2006, quando ha conquistato la maggioranza al Congresso anche grazie ad alcuni candidati antiabortisti ai quali fino ad allora era stata negata visibilità.
Di questi tempi il tema dell’aborto inquieta non poco la sinistra americana, terrorizzata anche dal fatto che il prossimo presidente, se repubblicano, potrebbe avere la possibilità di nominare un paio di giudici supremi pronti a ribaltare la maggioranza abortista della Corte che resiste dal 1973, l’anno della sentenza Roe contro Wade. La settimana scorsa (vedi il Foglio del 15 febbraio), la rivista progressista The New Republic ha criticato duramente il New York Times, accusandolo di essere addirittura diventato uno strumento inconsapevole della reazione antiabortista per aver pubblicato una serie di articoli problematici sul tema, l’ultimo dei quali aveva questo titolo: “Non sono soltanto i militanti anti aborto a sostenere che il primo dolore si sente già nel grembo”. Nei mesi scorsi ci sono state le critiche militanti a film come “Knocked Up” (“Molto incinta”) e “Juno”, accusati di avere protagoniste femminili che non prendono in considerazione l’ipotesi di abortire oppure la scartano subito, a dimostrazione che la cultura dominante talvolta considera più eticamente corretto disfarsi della gravidanza piuttosto che portarla a termine.
La frustrazione contro i militanti pro life di Bill Clinton, già parecchio stressato dallo straordinario successo della campagna di Barack Obama, quindi non è un fatto isolato. Alla prima domanda del militante antiabortista dell’Ohio, Clinton ha risposto senza perdere la calma. Alla seconda, è diventato rosso in viso e ha alzato la voce: “Ti ho già risposto. Noi non siamo d’accordo con te. Tu vuoi criminalizzare le donne e i loro dottori e non siamo d’accordo… io ho ridotto gli aborti… di’ la verità, di’ la verità… Se tu fossi davvero davvero a favore della vita dovresti volere ogni medico e ogni madre in carcere come complici di omicidio, ma non lo dirai mai perché sai benissimo che su questo non avresti il minimo sostegno politico”. Sempre più agitato, Clinton ha urlato al militante pro life che “non c’è nessuno tra i politici odierni che ha fatto di più per introdurre politiche che hanno ridotto il numero degli aborti, invece che diffondere aria fritta per far piangere la gente e raccattare voti dividendo l’America”.

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