Washington. Alle sette e quindici del mattino, all’Omni Shoreham Hotel della capitale americana, è partita l’operazione “terzo mandato di Bush”. Il prescelto è John McCain, ormai a un passo dalla nomination repubblicana. L’ala destra e reaganiana del movimento conservatore, riunita all’annuale Conservative Political Action Conference (Cpac), avrebbe preferito chiunque altro al senatore dell’Arizona e, stando all’accoglienza, il candidato ideale sarebbe stato l’attuale vicepresidente Dick Cheney (“siete così calorosi che quasi mi viene voglia di candidarmi”, ha detto scherzando). Il candidato invece sarà John McCain, il repubblicano che otto anni fa aveva provato a fermare George W. e da sempre il più indipendente dei senatori del Grand Old Party.
Ieri mattina alle sette e quindici, però, Bush è andato al Cpac e, sia pure implicitamente, ha invitato i militanti conservatori a mobilitarsi intorno a McCain: “Abbiamo avuto un buon dibattito e presto avremo un nominato che porterà alta la bandiera conservatrice in queste elezioni e oltre”. McCain è un vero conservatore, ha voluto dire Bush alla sua scettica base. E non è la prima volta che lo fa. A fine gennaio, durante il discorso sullo stato dell’Unione, Bush aveva annunciato quali saranno le sfide di questo ultimo anno presidenziale e, dall’Iraq all’immigrazione, dalle tasse al freno alla spesa clientelare, sembrava elencasse il programma elettorale di McCain. Il senatore, giovedì sera, ha provato a ricordarlo ai militanti conservatori del Cpac: vincere la guerra in Iraq, sconfiggere il jihadismo, tagliare le tasse, bloccare le spese inutili della casta congressuale, nominare giudici come quelli scelti da Bush, attenti cioè ad applicare la legge e non a crearla, battersi per i diritti “del nato e del non ancora nato” e perseguire una filosofia di governo che si basi sulla convinzione che “la libertà è un diritto conferito dal nostro Creatore, non dallo stato”.
La novità ora è la decisa discesa in campo del clan Bush a favore di McCain. Il segnale che il casato dei Bush e il vertice del partito si siano schierati con il senatore è stato subito chiaro quando a presentare McCain sul palco del Cpac è salito l’ex senatore George Allen, fino all’anno scorso il favorito del partito per la successione a Bush. In poche ore si è saputo che Karl Rove ha versato alla campagna di McCain 2.300 dollari, il massimo consentito dalla legge, che Ken Mehlman, l’uomo macchina dei Bush e del Partito repubblicano, si è messo a disposizione e che i bushiani hanno già una lista di possibili vicepresidenti da sottoporre a McCain guidata dal 52enne Rob Portman, ex deputato dell’Ohio ed ex capo dell’Ufficio del budget e del management della Casa Bianca di Bush.
Lo sceriffo apostata
Il capo del Partito democratico, Howard Dean, ha già cominciato a raccogliere fondi avvertendo gli elettori liberal che “dall’Iraq alla sanità, dalle pensioni ai tagli delle tasse, McCain non fa altro che promettere un terzo mandato di Bush”. Il Washington Post, ieri, ha pubblicato due editoriali, l’uno di Michael Gerson, ex speechwriter di Bush, e l’altro del neoconservatore Charles Krauthammer, per sottolineare ed esaltare la stessa cosa temuta da Dean. Gerson ha ricordato che mentre i conservatori tradizionali gli chiedevano di abbandonare l’approccio pro immigrazione e di attenuare l’enfasi sulla politica estera idealista, entrambi capisaldi della politica di Bush, McCain non li ha ascoltati e, anzi, “di tutti i candidati repubblicani è quello che ha mostrato la maggiore continuità ideologica con l’internazionalismo morale di Bush”, non soltanto sull’Iraq e la guerra al terrorismo, ma anche sul Darfur e sulla lotta all’Aids in Africa. Krauthammer, invece, ha scritto che McCain è “lo sceriffo apostata” del Partito repubblicano, sulla scia di Bush, “lo sceriffo apostata originale”. L’attuale presidente, infatti, è il politico che ha cambiato la natura del movimento conservatore, distaccandosi dal vetusto modello reaganiano. E’ stato il conservatorismo compassionevole e solidale di Bush – con i programmi federali su istruzione e sanità, con le politiche pro immigrazione e l’internazionalismo democratico – ad avviare il superamento della tradizione reaganiana che certi conservatori oggi imputano a McCain. In breve: “E’ stato Bush a procreare McCain”.