New York. “Petrie Court Café and Wine Bar” dentro il Metropolitan Museum of Art sulla Fifth Avenue all’altezza dell’ottantaduesima strada. Il pensatore newyorchese Franco Zerlenga, ex professore di Storia dell’islam alla New York University e simpatico guru di riferimento di questo giornale, è tornato in città. E’ stato un paio di settimane in Italia ed è rimasto colpito dalla nostra politica. Il tavolo del Petrie Court ha una bella vista su Central Park, Zerlenga ordina un’insalata di frutta e un cappuccino decaffeinato, loda come sempre Barack Obama, di cui apprezza anche la scelta, ai tempi in cui era studente della Columbia, di non aver voluto seguire i corsi del professor Giovanni Sartori: “Ecco perché è bravo, Obama”.
Zerlenga in realtà vuole parlare della politica italiana vista in tivvù. La sua convinzione di uomo di sinistra americana è che in Italia il vero seguace di Obama non sia Walter Veltroni, ma Silvio Berlusconi. “Ho visto Berlusconi e Veltroni da Bruno Vespa – dice – E ho pensato: Berlusconi vuole fare infrastrutture, strade, ponti che, certo, poi magari non farà, ma il suo programma ricorda quello di Franklin Roosevelt e oggi quello di Obama. Veltroni invece ha detto una serie di platitudes”. In inglese “platitudes” vuol dire sciocchezze, osservazioni banali, luoghi comuni. Veltroni, insomma, diceva cose ovvie e vaghe, che è un po’ la stessa accusa che viene rivolta a Obama. Zerlenga però spiega che non è così: “Veltroni è vago, Obama no. Veltroni ha dietro i cattocomunisti, non il pensiero positivo dei giovani evangelici che professano l’idea dello ‘yes, we can’. Questo è un filone presente nella tradizione americana, non è come avere la Iervolino e Bassolino”. Zerlenga dice che guardava in tivvù Veltroni fare l’americano, senza esserlo, e pensava che gli ricordava qualcuno. A un certo punto l’illuminazione: “Ho capito che in realtà Veltroni è Nando, l’americano de Roma di Alberto Sordi, quello che mangiava la pasta col ketchup per darsi un’aria yankee”.
Il prof. ce l’ha anche con Massimo D’Alema e Giulio Tremonti, ospiti di un’altra puntata di Porta a Porta. “Due politici di questo tipo in America non li prenderebbero nemmeno a fare gli uscieri del Congresso. D’Alema mostrava soltanto disprezzo per chi lo ascoltava e diceva enormità del tipo che se l’America sta cambiando il merito è suo. A un certo punto ha anche detto che John McCain è sempre stato contro la guerra in Iraq, non sapendo che è stato il teorico dell’invio di più truppe. E quando un giornalista gli ha timidamente fatto notare che non era vero per niente, l’ha gelato col solito disprezzo”.
Zerlenga non si capacita del fatto che un ministro degli Esteri vada in televisione a parlare di politica interna: “Hai mai visto Condi Rice andare a Meet the Press per discutere di pensioni, sanità e tasse?”. La colpa è anche dei giornalisti, aggiunge Zerlenga, “timorosi come non credevo fosse possibile e incapaci di fare a Veltroni le domande su come vuole risolvere il problema della monnezza a Napoli e a D’Alema sulla sua simpatia per Hamas e Hezbollah e le sue continue critiche a Israele”. A questo punto, Zerlenga si infervora: “Ma che partito democratico è, questo? Di democratico questo partito ha pochino. Intanto il suo presidente è Romano Prodi, il quale da capo dell’Unione Europea fece un rapporto che non considerava l’islamismo tra le fonti del nuovo antisemitismo europeo. Poi c’è D’Alema che critica ogni giorno Israele, senza mai sottolineare che le reazioni israeliane sono sempre risposte ad atti terroristici di Hamas. Il Partito democratico americano è pro Israel al cento per cento, altro che Hamas ed Hezbollah. Vai a rileggerti il discorso di Obama all’American Jewish Committee o gli articoli di elogio pubblicati dal giornale neoconservatore e filoisraeliano New York Sun. La verità è che non puoi fare il Partito democratico se poi hai D’Alema. Sì, c’è Furio Colombo, ma quando va in giro per l’Italia gli dicono ‘ah Fu’, parlace male de Berlusconi’. E Tremonti? “Ha detto che l’Italia sta diventando un paese sudamericano, ma questi sono criteri razzisti e vecchi. Tremonti non sa che il Brasile probabilmente ha risolto il problema dell’energia, che il Cile è un paese civilissimo e che anche il Venezuela, con tutti i suoi guai, riesce ad andare avanti”.
A Veltroni, Zerlenga riconosce che ha rotto con i comunisti, ma non gli perdona Di Pietro che definisce “il Kenneth Starr italiano”, cioè il procuratore anti Clinton ai tempi del sexgate. “In America i procuratori che hanno indagato sulla politica non vanno al Congresso. Nessuno dei magistrati del Watergate è diventato senatore. Starr non l’ha voluto nessuno e ora insegna in un piccolo college californiano, alla Pepperdine Universty. That’s it”. (chr.ro)
23 Febbraio 2008