Camillo di Christian RoccaL'Onu e l'aborto selettivo

New York. La notizia non ha fatto breccia sui giornali liberal americani ed europei, malgrado siano soliti invocare l’Onu ogni cinque minuti, ma è circolata soltanto su pochi blog cattolici d’America. Eppure le decise parole che il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha pronunciato lunedì contro l’aborto selettivo che viola il primo e fondamentale diritto di molte ragazze, quello alla vita, hanno scatenato un gran dibattito all’interno dell’annuale Commissione Onu sullo status delle donne cominciata al Palazzo di Vetro e ancora in corso per tutta la prossima settimana. New York Times e Los Angeles Times non hanno fatto cenno alle parole di Ban Ki-moon, così come il Washington Post che, però, ha pubblicato sul suo sito Internet un lancio di agenzia della Associated Press.
L’anno scorso, a Pechino, l’argomento non è stato preso in considerazione, malgrado le pressanti richieste di organizzazioni non governative americane e sudcoreane. Quest’anno Ban Ki-moon è andato dritto al cuore del problema, spiegando che se si parla di violenza sulle donne, non si può dimenticare che “un numero imprecisato di donne non ha nemmeno diritto alla vita. Nessun paese, nessuna cultura, nessuna donna giovane o vecchia è immune da questo flagello. Per troppo tempo i crimini sono rimasti impuniti e i perpetratori hanno camminato liberamente”.
Samantha Singson, del Catholic Family and Human Rights Group, racconta che dopo queste parole del Segretario generale, i paesi europei hanno provato a reintrodurre nell’agenda dei lavori della Commissione il diritto all’aborto. La novità, secondo la ricercatrice cattolica, è che Polonia e Malta si sono sfilati, rompendo per la prima volta il coeso blocco continentale che su questi temi, e molto altro, è guidato da Gran Bretagna, Francia e Germania. Radoslaw Mleczko, il sottosegretario polacco al lavoro e alle politiche sociali, è intervenuto il martedì, il giorno dopo il discorso di Ban Ki-moon, per confermare che la Polonia resterà a lavorare nel gruppo europeo, ma a condizione che qualsiasi riferimento alla salute sessuale e riproduttiva non faccia menzione dell’aborto. L’ambasciatore di Malta  Saviour F. Borg ha detto la stessa cosa giovedì pomeriggio: “In nessun modo l’aborto può essere considerato una forma legittima di diritto riproduttivo”. I gruppi pro life americani, presenti in buon numero alla conferenza Onu, confidano sul Segretario generale Ban Ki-moon, il quale per la prima volta ha messo al centro del dibattito il problema della sempre più diffusa pratica di ricorrere all’aborto in base al sesso del feto.
Eric Cohen, studioso dell’Ethics and Public Policy Center di Washington ed ex membro neoconservatore del Consiglio presidenziale sulla bioetica nominato da George W. Bush, dice al Foglio che “qualsiasi sforzo serio che si oppone alla discriminazione contro i non nati è ampiamente benvenuto”. Secondo Cohen “il bambino deve essere benvenuto senza test preventivi o precondizioni su chi merita la vita e chi no. Che tipo di civiltà è quella che abortisce le giovani femmine per accogliere soltanto i maschi? Che tipo di civiltà è quella che abortisce i disabili perché il valore della loro vita è messo in discussione? In parecchie nazioni in giro per il mondo c’è già una grande disparità di numero tra uomini e donne, con una triste serie di spiacevoli conseguenze sociali. Speriamo di poter riuscire a creare una cultura della vita che rovesci questa pratica”.

 

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