New York. La spiegazione più diffusa della sconfitta di Barack Obama alle primarie in Pennsylvania è quella razziale, almeno sui giornali liberal e all’interno dei talk show più vicini al senatore dell’Illinois. Obama avrebbe perso perché è nero, spiega il New York Times, perché l’America bianca non è pronta a eleggere un presidente afroamericano, si sente dire qua e là in televisione.
Un exit poll ha svelato non solo che il 27 per cento degli elettori di Hillary non voterà Obama se sarà lui il candidato democratico, ma anche che il 7 per cento degli elettori della senatrice voterà John McCain, anche se sarà lei la sfidante. Gli strateghi di Obama, David Axelrod e David Plouffe, sono i meno preoccupati ai fini della conquista della nomination, perché – spiegano – quell’America bianca e rurale che rifiuta di sostenere Obama voterà in ogni caso repubblicano. In realtà, così dicendo, alimentano anche loro la divisione razziale, in controtendenza con il messaggio unitario di Obama. L’appeal obamiano, almeno prima della cura clintoniana, era esattamente quello del superamento della questione razziale, quella di un politico nero che non si presentava in quanto afroamericano, che non voleva rappresentare l’America nera né quella bianca, non quella liberal né quella conservatrice, ma gli Stati Uniti d’America.
I dubbi iniziali, semmai, erano che non fosse “abbastanza nero” per piacere ai neri dei ghetti, di essere il figlio di una donna bianca del Kansas e di un africano del Kenya e di non condividere il retaggio culturale dei discendenti degli schiavi. Obama stava alla larga dalle questioni razziali, sapendo che l’argomento l’avrebbe danneggiato. I Clinton – in particolare Bill, “il primo presidente nero”, secondo la definizione di Toni Morrison – comunque vadano a finire le primarie hanno rovinato il giocattolo Obama, in un modo che McCain non avrebbe mai potuto fare, se non a rischio di essere accusato di razzismo.
(segue dalla prima pagina) La questione razziale è tornata sulle prime pagine. I leader neri accusano Bill Clinton di fare il gioco delle tre carte, dopo che l’ex presidente ha accusato Obama di usare la carta razziale contro di lui, quando tutti sanno che è vero il contrario. A Queens, familiari e amici di Sean Bell – un giovane afroamericano ucciso nel 2006 dalla polizia di New York – ieri hanno scatenato la loro rabbia alla notizia dell’assoluzione dei tre poliziotti. McCain ha cominciato un tour nelle zone dimenticate d’America, partendo dal luogo dove è stato ucciso Martin Luther King, celebrando la marcia antisegregazione di Selma, criticando l’Amministrazione Bush per l’insufficiente risposta dopo l’uragano Katrina che ha colpito i quartieri neri di New Orleans.
Il reverendo Jeremiah Wright è stato ospite, ieri sera, di una delle trasmissioni più di sinistra della tv americana, “Bill Moyers Journal” sulla Pbs, per mettere una pezza all’imbarazzo creato al suo amico Obama. Wright è il suo pastore, confessore e consigliere spirituale, ma anche un grande amico di Louis Farrakhan, lo screditato leader antisemita della Nation of Islam, nonché organizzatore della famigerata marcia di un milione di persone a Washington (una delle quali era Obama). Wright considera Condi Rice “una prostituta”, si augura che “Dio maledica gli Stati Uniti”, un paese “razzista” che “diffonde l’Aids per sterminare i neri africani”. Un messaggio opposto a quello di speranza, unità e cambiamento di Obama. Con l’aiuto di un inginocchiato Moyers, Wright si è mostrato in abiti civili, parlando in modo moderato, senza alcuna retorica africano-centrica, e giustificando la presa di distanza di Obama con il fatto che è “un politico”. Ma essere descritto come un “politico” tradizionale non aiuta l’immagine del senatore. I repubblicani della Carolina del nord trasmettono spot tv con Wright affiancato a Obama che, in vista delle primarie del 5 maggio, aiutano Hillary. Clintoniani e conservatori usano Wright per sollevare dubbi sulla vera identità obamiana, contestando la sua biografia di politico post razziale. Hanno provato a trasformare Obama nel candidato dei neri, nell’ennesimo politico afroamericano che suscita scetticismi tra i bianchi. Ci sono riusciti e Obama c’è cascato.
Il New York Sun non crede che la questione razziale c’entri alcunché: “Le informazioni che gli elettori hanno sulla razza di Obama sono le stesse che avevano all’inizio della campagna”, ora però sanno che si circonda di personaggi impresentabili come Wright e come il terrorista William Ayers, che sfotte gli americani che “si aggrappano a Dio e alle armi” e che vuole alzare le tasse e incontrare i nemici dell’America.
Christian Rocca
26 Aprile 2008