Camillo di Christian Rocca"Nel foyer, il candidato Maurizio Crippa si scola una pinta di birra"

Milano pochissimo da bere. Venerdì sera. Centro Rosetum, metropolitana Gambara. Ospite dei frati francescani, arriva in città la lista pazza contro l’aborto. Sala stracolma, posti solo in piedi. Sul palco ci sono una decina di candidati, due donne, due gemelli, un ex dirigente di Lotta continua, un pannelliano bergamasco, un cantante sanremese. Ore 21. Giuliano Ferrara entra dal retro, scortato, provato dai precedenti impegni di campagna elettorale, ma felice. Fuori c’è un grande schieramento di polizia, a tamponare una ventina di giovani e meno giovani dei centri sociali che lanciano prezzemolo su chi entra al Rosetum. Tra i tanti cori possibili, i contestatori scelgono “assassini, assassini”. Urlato da un gruppo pro-abortista e rivolto a chi non vorrebbe interrompere le gravidanze, non è niente male.
La gente che entra nella sala francescana – persone normali, facce sorridenti, molti ragazzi, il radicale storico Lorenzo Strik Lievers in bicicletta – non capisce: “Assassini? Ma perché urlano assassini?”, dice una signora al marito.
I fotografi sono a caccia di immagini forti, ma non succede niente. I giornalisti – poco interessati alle cose che si dicono sul palco – si lamentano di non avere niente da scrivere. In sala, dopo una canzone con testi anti aborto, si comincia. Paolo Sorbi è arzillo come ai tempi delle assemblee studentesche. Paola Bonzi racconta la sua esperienza alla Mangiagalli e commuove con le storie di tutte quelle ragazze che ha aiutato a non abortire. Lei non fa nascere bambini, fa nascere mamme.
Poi parla Ferrara. Spiega perché non è lui a essere strano, malgrado si diverta a definire la lista “pazza”. Quelli strani, dice, sono gli altri, indifferenti alla sorte degli ex nascituri burocraticamente chiamati “rifiuti ospedalieri”. Il direttore di questo giornale parla di “Juno”. Lo racconta nei dettagli e se la prende con i giornali acrobaticamente impegnati a negare che il film parli di una ragazzina che sceglie di non abortire. Dopo una decina di minuti, un giornalista alza gli occhi dal taccuino e chiede a un collega: “Ma di che film sta parlando?”. E l’altro: “Boh”.
Ferrara continua con Umberto Veronesi, Barack Obama e Lietta Tornabuoni, brave persone a cui capita di dire enormità. Veronesi, candidato Pd, è il guru in camice bianco che fa compiere alla nostra società il salto culturale dal “sesso senza figli” di trent’anni fa, ai “figli senza sesso” della moderna tecnoscienza. Obama dice che, in caso di “incidente”, non vorrebbe che le sue figlie “fossero punite con un bimbo”. Tornabuoni dà di “pervertiti” ai sostenitori pro life di Juno che godono a vedere il “corpo deformato dalla gran pancia della gravidanza”.
La gente applaude. Nel foyer, il candidato Maurizio Crippa si scola una pinta di birra. Ferrara dice che in Italia c’è un pregiudizio anti cattolico. A quel punto prima una, poi un’altra contestatrice si alza e, a voce alta, dice civilmente a Ferrara che “non siamo strani noi, sono strane le persone con le sue idee” e qualcosa di poco chiaro sull’Iraq. Ferrara replica con “Viva Verdi”, si compiace di averle convinte perlomeno fino a quel momento e sospetta che abbiano ceduto al solo citare il cattolicesimo. Il direttore del Foglio propone un piano nazionale per la vita, promette “privilegi” di legge alle donne in attesa di un bambino e ripete che non vuole abrogare la 194, per quanto sia una legge infame, ma applicarla in tutte le sue parti, non dimenticandosi che il titolo della legge è “Norme per la tutela sociale della maternità” prima ancora di “interruzione della gravidanza”. Ferrara chiude con la Ru486, la chiusura del cerchio della cultura abortista, un “veleno chimico” che indurrà le donne ad abortire da sole, clandestinamente, con una pillolina ingerita tra il tinello e il bagno di casa, lontane da medici e soprattutto da gente pericolosa come Paola Bonzi che potrebbe, non sia mai, convincerle a scegliere la vita. Applausi. Poi tutti sul palco, a salutare i candidati. Due ragazze si avvicinano a Ferrara e gli dicono: “Comunione e liberazione le vuole bene”. Fuori gridano ancora “assassini, assassini”.

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