Sulla questione dell’aborto, Barack Obama è il candidato liberal per eccellenza. Eppure sta raccogliendo ampi consensi nel mondo pro life di destra e di sinistra, malgrado una battuta scappatagli sabato scorso durante un comizio in Pennsylvania potrebbe creargli qualche guaio.
Il senatore nero è favorevole al diritto di scelta della donna e, al Senato, ha votato contro il divieto di “partial birth abortion”, la tecnica chirurgica, vietata dalla legge 194 italiana e in quasi tutto il mondo, che interrompe la gravidanza anche nelle ultimissime settimane di gestazione. Obama però ha incassato il sostegno di due intellettuali repubblicani e pro life, come Douglas Kmiec e Andrew J. Bacevich. Il primo, Kmiec, cattolico, professore di legge e consigliere legale dei presidenti Reagan e Bush senior, sa di non essere d’accordo con Obama sulle questioni della vita, ma è convinto che il senatore non sia ideologicamente chiuso alle ragioni degli altri ed è certo che da presidente le rispetterà, anzi che proverà a trovare una soluzione condivisa. La tesi di Kmiec è che Obama sia più in linea con la dottrina cattolica di quanto possa esserlo John McCain e che il movimento antiabortista dovrebbe concentrarsi su una battaglia che promuova la cultura della vita, piuttosto che sul ribaltamento della sentenza Roe contro Wade con cui la Corte suprema nel 1973 ha reso legale l’aborto.
Bacevich, professore di relazioni internazionali e conservatore di vecchio stampo, voterà Obama più per la posizione sull’Iraq che per altro, ma crede che il Partito repubblicano, malgrado i conservatori sociali facciano della lotta all’aborto la loro principale campagna, non abbia alcun reale interesse nel ribaltare la sentenza della Corte suprema. Il giovane opinionista conservatore e cattolico, Ross Douthat, ha scritto su The Atlantic di non essere d’accordo: “E’ vero che cambiare la Roe contro Wade non restaurerà il paese delle meraviglie, ma far tornare il controllo sulle leggi sull’aborto nelle mani del pubblico votante resta un obiettivo necessario per ogni conservatore sociale e pro life che si creda seriamente un agente di cambiamento della vita americana”. Secondo Douthat, “il voto per Obama significa rinunciare a cambiare la sentenza Roe almeno per un decennio, forse per due e probabilmente per sempre. Magari questo non basta a convincere i pro-life a votare John McCain, ma certo merita una considerazione più seria di quella che gli riserva Bacevich”.
Un altro cattolico, il senatore democratico Bob Casey della Pennsylvania, un paio di giorni fa ha deciso di sostenere Obama, invece che Hillary Clinton. La scelta di Casey è importante non soltanto in vista delle primarie in Pennsylvania del 22 aprile, ma soprattutto perché il senatore è il rappresentante principale dell’esigua ala antiabortista del Partito democratico. Casey è il figlio del popolare ex governatore dello stato, Bob Casey senior, noto per le sue posizioni antiabortiste e perché nel 1992 Bill Clinton gli impedì di parlare alla convention di partito di Fildadelfia proprio perché avrebbe sottolineato l’urgenza di una politica a favore della vita. Suo figlio è altrettanto contrario all’aborto, ma scegliendo Obama ha deciso di non farne un fattore discriminante: “Se si parla soltanto di una questione, si finisce con l’impossibilità di risolvere molti problemi”. L’aura antiabortista di Casey, che nel 2006 è riuscito a togliere il seggio senatoriale all’ultrà cattolico Rick Santorum, è di grande utilità per Obama, tanto che ora si parla con insistenza di una coppia Obama-Casey alle presidenziali di novembre, sempre che il senatore nero riesca, come è probabile, a sconfiggere Hillary nella battaglia all’ultimo superdelegato necessario per la nomination del partito democratico.
Obama è bravissimo a stare sul confine, a ribadire la sua posizione pro aborto e a mostrarsi attento alle questioni poste dagli antiabortisti. Sabato, però, mentre una donna della Pennsylvania gli chiedeva di “porre fine agli aborti”, Obama non si è limitato a barcamenarsi tra il diritto di scelta della donna e la necessità di ridurre le gravidanze minorili con l’informazione e l’educazione: “Io ho due figlie di nove e sei anni – ha aggiunto – insegnerò loro prima di tutto i valori e la morale, ma se facessero un errore, non vorrei che fossero punite con un bambino”. Con ogni probabilità, ha scritto The Politico, il fronte anti Obama non si lascerà sfuggire l’infelice frase “non vorrei che fossero punite con un bambino”.
Christian Rocca
1 Aprile 2008