Dario Franceschini, numero due del Partito Democratico, in tv e sui giornali dice spesso che se nel 2000 in America avesse vinto Al Gore, invece di George W. Bush, “il corso della storia sarebbe cambiato: gli Usa non avrebbero fatto la guerra in Iraq e avrebbero firmato il protocollo di Kyoto”. Il suo modello, dunque, è Al Gore, l’ex vice di Bill Clinton, sconfitto nel 2000 per soli 537 voti da Bush e poi diventato paladino dell’ambiente e premio Nobel per la pace. La ricostruzione “storica” di Franceschini, però, non sta in piedi, da nessun punto di vista. Prendiamo Kyoto, il protocollo internazionale del 1997 che imponeva ai paesi industrializzati di ridurre le emissioni di gas inquinanti. Al di là dei contenuti del trattato, l’Amministrazione Clinton-Gore non ha mai inviato il trattato al Congresso per la ratifica. Il Senato, peraltro, all’unanimità, con un voto 95 a 0, aveva preventivamente detto che non avrebbe ratificato nessun trattato di questo tipo. E Al Gore, esattamente come Bush, aveva ufficialmente detto che il Protocollo non sarebbe mai stato inviato al Senato fino a quando non sarebbero state coinvolte anche le nazioni in via di sviluppo.
Questione Iraq: Al Gore è stato, notoriamente, uno dei principali sostenitori del cambiamento di regime in Iraq, non nel 2003, ma già nel 1991. Allora era al Senato e gli americani ricordano ancora le sue virulente critiche al presidente Bush senior per aver lasciato Saddam al potere, dopo la liberazione del Kuwait. Qualche anno dopo, l’Amministrazione Clinton-Gore ha bombardato un paio di volte Baghdad, ha accusato il dittatore iracheno di possedere armi di distruzione di massa e di avere legami con Al Qaida. Clinton, col sostegno di Gore, ha firmato l’Iraqi Liberation Act, la legge che ha fatto diventare il “regime change” a Baghdad la “politica ufficiale degli Stati Uniti”. La guerra in Iraq è stata sostenuta da entrambi i Clinton, votata da Ted Kennedy, da John Kerry, da John Edwards e dai vertici del Partito Democratico. Anche Gore era favorevole, sebbene contrario al concetto di guerra preventiva. Infine, il suo vice Joe Lieberman – l’uomo che senza quei 537 voti di scarto del 2000 oggi sarebbe al posto di Dick Cheney – è insieme con John McCain il politico che più di ogni altro sostiene la strategia di Bush in Iraq.
I “corsi della storia” bisogna conoscerli bene, a meno di non voler fare come quel manager Telecom convinto che a Waterloo Napoleone abbia vinto.
Christian Rocca
3 Maggio 2008